L’inflazione dell’Eurozona ad agosto ha toccato la quota record del 9,1%, secondo i dati Eurostat, con cause da ricercare soprattutto nei rincari dei prezzi dell’energia. Più del valore in sé, a preoccupare è il trend: è il nono record mensile consecutivo di aumento dei prezzi al consumo nell’area Euro.
La coincidenza di prezzi elevati e bassa crescita, spiega l’agenzia Reuters, lega le mani alla Banca centrale europea, che ha di fronte a sé un ventaglio di sole scelte dolorose: «È probabile che il tasso di inflazione aumenti ancora a settembre», ha detto l’economista di Commerzbank Christoph Weil. «Di conseguenza, è probabile che la pressione sulla Bce per continuare ad aumentare significativamente i tassi di interesse rimanga elevata».
La guerra della Russia all’Ucraina e la grave crisi energetica si mescolano quindi a un’inflazione elevata, una bassa crescita e un’enorme incertezza sul futuro economico dell’Europa. «I governi si stanno affrettando a cercare di aiutare le fasce di popolazione più deboli, ma in questa fase di confusione c’è solo una certezza: in Europa sta arrivando una nuova recessione», scrive l’Economist.
L’allarme lanciato dal magazine britannico non intende generare panico tra i cittadini europei. Intanto perché ancora non si può stabilire quanto sarà grave la recessione: dipende dai prossimi sviluppi della crisi energetica, soprattutto, e dall’esito delle decisioni politiche che verranno prese come risposta. Ma di certo i segnali non sono incoraggianti.
Questa settimana i prezzi dell’energia hanno raggiunto nuovi picchi. Alla borsa olandese TTF di Amsterdam il gas ha superato quota 290 euro al megawatt/ora, rispetto ai 26 euro del 2021 (+1000% circa). L’economia europea ha avuto almeno la fortuna di essere entrata nella crisi da una posizione tutto sommato forte, considerando la ripresa degli ultimi mesi del 2021.
«Il mercato del lavoro è ancora relativamente sano, con una disoccupazione al 6,6%, il che significa che, per gli standard mediocri dell’Europa, è vicino alla piena occupazione. La crescita dei salari probabilmente riprenderà nei prossimi mesi grazie alle rinegoziazioni dei contratti a lungo termine. La fiducia dei consumatori è scesa all’inizio della guerra, ma i consumi non sono crollati. Le aspettative di inflazione sono leggermente diminuite», si legge sul magazine britannico. (Ovviamente i dati aggregati di tutti i Paesi dell’area Euro non forniscono un quadro sufficientemente sfumato per capire le condizioni di ogni singolo Stato).
Eppure le prospettive per i prossimi mesi sembrano decisamente cupe per almeno tre motivi, dice l’Economist. In primo luogo, l’industria energetica è sotto pressione. In primavera, le maggiori aziende produttrici di gas avevano spiegato che tagliare troppo rapidamente le forniture di gas russe avrebbe portato una profonda crisi economica nel continente.
La produzione fin quei è rimasta in piedi, nonostante i prezzi elevati, soprattutto grazie agli ordinativi precedenti all’invasione dell’Ucraina iniziata il 24 febbraio. Ma questi arretrati non dureranno per sempre e i nuovi ordini sono già precipitati.
In secondo luogo va considerata la spesa dei consumatori per i servizi, che farà fatica a tenere in piedi l’economia reale del continente. «Sostenuto da una stagione forte in Francia e nel sud dell’Europa, il turismo ha aumentato la crescita durante l’estate. Ma la sensazione è che ci saranno nuovi cali dal momento che i consumatori stringono la cinghia in attesa di un inverno lungo e freddo. È probabile che i servizi ristagnino nei prossimi mesi, con immobili e trasporti in grosse difficoltà», scrive ancora l’Economist.
C’è infine un’ultima ragione: in tutto il continente lo shock energetico coinciderà quasi certamente con l’aumento dei tassi di interesse. «Dopo aver sottovalutato gli aumenti dei prezzi insieme a molte altre banche centrali mondiali – si legge ancora sull’Economist – la Bce è determinata a riportare l’inflazione annuale al target del 2%, dal 9,1% attuale». Per capire come farà, bisogna riprendere una dichiarazione di qualche giorno fa di Isabel Schnabel, membro del consiglio di amministrazione della Banca centrale.
Da Jackson Hole, nel Wyoming, dove la Federal Reserve americana ha riunito banchieri centrali ed economisti, Schnabel ha spiegato che «le banche centrali devono agire con forza contro la corsa dei prezzi. Anche se entriamo in recessione, abbiamo ben poche scelte se non continuare sulla strada della normalizzazione». Insomma, l’Europa deve accettare di infliggere un colpo all’economia pur di portare a termine il lavoro in fatto di contenimento dell’inflazione.
È per questo che molti economisti si aspettano che la Banca centrale europea scelga di contrastare ancora l’inflazione con un sostanziale aumento dei tassi di interesse nel suo prossimo vertice dell’8 settembre (probabilmente alzando i tassi di tre quarti di punto percentuale). E questo in uno scenario finanziario che non sta migliorando, mentre l’euro ha continuato a crollare fino alla parità con il dollaro per la prima volta in vent’anni: una moneta più debole, a sua volta, alimenta l’inflazione attraverso importazioni più care, colpendo i redditi reali e quindi i consumi.
«Tutto ciò suggerisce – conclude l’Economist – che l’economia europea entrerà sicuramente in recessione. Finora i politici europei hanno passato molto tempo a pensare a come rispondere all’aumento dei prezzi dell’energia. Presto avranno una crisi più ampia tra le mani».