Anche se parla a Cosenza, nel suo turbinio comiziesco un «a me sta cosa me manna ai matti», Giorgia Meloni non se la risparmia. Tutto il mondo è Garbatella. Tutto è diventato facile, tutto è permesso. Un po’ di delirio d’onnipotenza si vede anche dalla forma. È nei comizi che si esalta, come da tradizione almirantiana, è lì che il suo vernacolo post-gaddiano – un romanesco strascicato, contemporaneo – si accende, col rischio di esagerare.
E infatti nel comizio di Perugia non si è tenuta ed è tornata la Yo soy Giorgia del palco di Vox (anche in spagnolo si sente la Garbatella): «Nella morra cinese della sinistra, clandestino batte donna violentata». Ma che frase è? Una stupidaggine che mette insieme in una botta sola l’odio per la sinistra, il disprezzo per i clandestini, la strumentalizzazione di uno stupro (la frase si riferiva alle polemiche sulla pubblicazione del video della violenza sessuale di qualche giorno fa a Piacenza).
Ora, lei sente il vento soffiare nelle vele e va bene ma se intende accreditarsi come una statista deve fare attenzione a non sbracare come un Salvini qualsiasi, e se è vero che per un applauso in più ci si può anche lasciare andare un attimo, la differenza tra un comiziante e un leader sta appunto nel tenersi, d’altronde lei sa che l’Europa la guarda e prende nota di tutto.
Ma non è vero poi che tutto è permesso. Chi la combatte dovrebbe registrare i suoi comizi. Il problema dei suoi oppositori finora è stato proprio quello di non riuscire a stanarla dal guscio delle sue certezze e dalla bolla mediatica che la vuole sicura vincitrice. Enrico Letta la insegue ma non la becca, forse starà a Carlo Calenda starle col fiato sul collo, provare a farla venir fuori, a chiamarla a rete, come si dice nel tennis, a sottoporla a esami di merito a partire dai temi economici – perché ancora non si è capito cosa lei abbia in mente di fronte ai pericoli dell’inflazione – per andare a quelli internazionali, l’Europa soprattutto, e poi ai diritti, tema per lei, con quella formazione culturale, piuttosto complicato.
In una vecchia campagna elettorale Roberti Giachetti inseguiva fisicamente Silvio Berlusconi addirittura travestito da coniglio, non serve arrivare a tanto ma Calenda potrebbe sfidarla a un dibattito a due (sempre in attesa del match finale a 4 come ci sembra di capire abbia indicato l’Agcom).
La pessima uscita di Perugia è dunque un segno di nervosismo o forse della tipica arroganza di chi pensa di aver già vinto, e dunque c’è da chiedersi se a tre settimane dal voto Giorgia Meloni si senta fin da adesso a Palazzo Chigi e in diritto di dire qualsiasi cosa: e se la risposta fosse affermativa sarebbe un problema, si ricordi che Dorando Petri barcollò sul filo di lana e venne squalificato.