Simbolo d’integrazioneIl nuovo ministro dell’educazione francese cerca l’appoggio degli insegnanti delusi

Pap Ndiaye è considerato un paladino delle pari opportunità in ambito scolastico, ma oggi si ritrova a dover gestire un rientro a scuola molto teso in un settore in crisi in tutto il Paese: negli ultimi dieci anni il numero delle dimissioni degli insegnanti è triplicato a causa di salari bassi e condizioni di lavoro spesso difficili

AP/Lapresse

Il 20 maggio, a poco meno di un mese dalla rielezione di Emmanuel Macron, un volto particolarmente inaspettato spiccava tra i membri del governo “Macron 2”: Pap Ndiaye, nominato a capo del Ministero dell’Educazione nazionale e della Gioventù, primo uomo nero a ricoprire questa carica. Simbolo della “meritocrazia” e paladino delle pari opportunità in ambito scolastico, il nuovo ministro si ritrova oggi a dover gestire un rientro a scuola molto teso in un settore in crisi, e a dover dimostrare agli insegnanti di non essere solo un’icona da sfoggiare agli elettori.

Un «puro prodotto della meritocrazia repubblicana» e «simbolo della diversità», così si presentava Pap Ndiaye in occasione della sua nomina a ministro. Storico, specialista delle discriminazioni razziali, delle minoranze e della storia degli Stati Uniti, nonché direttore generale del Museo nazionale della storia dell’immigrazione, Pap Ndiaye – tra l’altro figlio di una professoressa – è una delle rare figure provenienti dalla società civile a fare il suo ingresso nel nuovo governo francese.

Il suo profilo contrasta inevitabilmente con quello del suo predecessore, Jean-Michel Blanquer, conservatore, conosciuto per la sua battaglia contro «l’ideologia woke» e il divieto imposto, a maggio 2021, contro l’utilizzo della scrittura inclusiva nelle scuole. Un ministro profondamente impopolare da cui Pap Ndiaye oggi prova a prendere le distanze.

«La scuola è ingiusta con i poveri», ha detto durante un’intervista al media online francese Brut, a pochi giorni dal rientro a scuola a inizio mese. Un rientro piuttosto teso quest’anno a causa di almeno 4mila cattedre rimaste vacanti al termine dei concorsi.

Il fatto che il nuovo ministro voglia fare della diversità nelle scuole una delle priorità del suo mandato fa ben sperare in un cambiamento di direzione per l’istruzione francese – ad oggi molto diseguale – ma alcuni temono che la portata simbolica di Pap Ndiaye si traduca più difficilmente in misure strutturali per la scuola e per i docenti.

Pari opportunità
«Sappiamo che la scuola in Francia riproduce molto, o addirittura accresce le disuguaglianze sociali e di origine. Molte scuole presentano forme di segregazione», segnala senza peli sulla lingua Frédéric Marchand, segretario generale dell’Unsa Éducation, federazione di sindacati scolastici.

I risultati dell’Indagine PISA 2018 condotta dall’Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) lo conferma: dall’analisi emerge che la Francia è uno dei Paesi in cui «le risorse materiali e culturali contano di più nel rendimento degli alunni», e che fa parte «dei Paesi più diseguali», dove gli studenti più svantaggiati sono anche cinque volte più propensi ad avere difficoltà nella comprensione scritta rispetto agli altri.

Ecco perché la nomina di un ministro come Pap Ndiaye ha fatto da subito ben sperare chi le disuguaglianze scolastiche le vede tutti i giorni. «Pap Ndiaye è innanzitutto uno storico, e uno storico delle minoranze, quindi ovviamente in quanto professoressa di Storia la sua nomina è stata un piccolo barlume di speranza», commenta Iman, professoressa di Storia e Geografia in una scuola media della banlieue parigina.

Nella sua vecchia scuola a nord di Parigi, dove è rimasta tre anni, «c’erano 800 studenti e nessuna diversità sociale», racconta. Una scuola che fa parte della REP, la “Rete di Educazione Prioritaria”, ossia una rete creata nel 1981 con l’obiettivo di ridurre le disuguaglianze e le cui scuole vengono definite, tra l’altro, in base alle categorie socio-professionali più svantaggiate e ai rendimenti più bassi. Ad oggi, il numero di alunni nelle classi di una scuola REP è più basso e questi istituti ricevono maggiori finanziamenti, ma, per incentivare l’uguaglianza, molti chiedono nuove riforme.

«Noi chiediamo che nuovi istituti integrino l’educazione prioritaria, e poi di rivedere il sistema di assegnazione degli alunni agli istituti, in modo da riunire diverse popolazioni all’interno di una stessa scuola», indica Sophie Vénétitay, professoressa in un liceo e segretaria generale del Sindacato Nazionale degli Insegnanti del Secondo Grado (SNES-FSU). Lo stesso ministro Pap Ndiaye si è espresso sulla questione, dicendo che questo dispositivo dovrà essere «ben calibrato».

«Durante un nostro incontro ci ha detto che sta lavorando con ricercatori e universitari sulla questione della diversità nelle scuole e già il fatto di parlarne è un passo importante», confida Marchand. Per Vénétitay «per il momento il ministro fa grandi discorsi, noi vorremmo che nei prossimi mesi delle decisioni siano prese per una migliore politica di educazione prioritaria».

Ritrovare fiducia
“Uguaglianza”, “meritocrazia” e “pari opportunità” ritornano spesso nei discorsi di Pap Ndiaye e sembrano soffiare un vento di novità, ma il ministro deve affrontare problemi più urgenti per l’istruzione francese. Innanzitutto la penuria di docenti, problema che riguarda anche l’Italia e altri Paesi europei: il governo ha risposto con il ricorso ai “contractuels”, all’incirca gli equivalenti dei supplenti italiani, causando così preoccupazioni sulla poca esperienza di questi ultimi.

Ma soprattutto, la grande mancanza di fiducia da parte del personale scolastico nei confronti della politica e del ministero, causata anche dal mandato del suo predecessore. Secondo un monitoraggio pubblicato a maggio da UNSA Éducation infatti, nel 2022 l’86% del personale educativo si trova in disaccordo con le scelte politiche e solamente il 22% consiglierebbe il proprio mestiere a un giovane.

Negli ultimi dieci anni, il numero delle dimissioni degli insegnanti è triplicato. Tra le cause, salari troppo bassi e condizioni lavorative spesso difficili, con anche più di trenta studenti in una classe di liceo. «Nella mia nuova scuola c’è un professore che resterà un mese e poi cambierà carriera. Quando ho cominciato a lavorare, cinque anni fa, non incontravo insegnanti che volevano andarsene. Oggi ho l’impressione che se ne vanno tutti», si rammarica Iman. Un insegnante al primo anno di carriera guadagna oggi in Francia 1.640 euro netti, mentre lo stipendio medio è di poco superiore a quello italiano.

A giugno, Pap Ndiaye prometteva almeno 2mila euro netti al mese per tutti i giovani insegnanti e uno «shock d’attrattività» per rivalorizzare il mestiere. Annunci promettenti ma «insufficienti», dice Vénétitay, per la quale tutti gli stipendi dovrebbero essere aumentati.

Pap Ndiaye riuscirà quindi a riconquistare la fiducia degli insegnanti francesi e a risollevare un mestiere sempre più disertato? «Per il momento – conclude Vénétitay – ha segnato una rottura con Blanquer, nel tono e nell’ascolto, ma non potrà continuare a essere il ministro dei simboli e dei grandi discorsi, dovrà anche essere il ministro dei fatti».

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