Partiamo da un termine: phygital. Consiste in una crasi tra physical e digital, ossia tra fisico e digitale. Il suo significato è perturbante, perché in effetti svela quella che potrebbe essere l‘attuale condizione umana, la fase delicata di passaggio e di transizione che ci apprestiamo ad attraversare. Potremmo ritrovarci al punto di partenza e piombare di nuovo e bruscamente all‘interno della nostra limitata, imperfetta e finita “fisicità”. Oppure compiere il salto e diventare quello di cui molti filosofi e studiosi parlano da decenni: l‘homo novus, l‘uomo nuovo, digitalizzato e aereo, fluido e dalle possibilità potenzialmente infinite.
“Disturbing the balance”, la nuova mostra che verrà inaugurata il 13 settembre al BASE di Milano, è un progetto phygital : a metà strada tra l‘avanguardia tecnologica e l‘esperienza umana. Più semplicisticamente si potrebbe definire “interattiva”, ma stavolta l‘ambizione non si limita a mostrare sentieri artistici alternativi. Lo stesso obiettivo dell‘esposizione è indagare il rapporto tra l‘individuo e l‘ambiente che abita, tra il presente e il futuro, tra le minacce dell‘ecosistema in crisi e il ruolo dei progressi tecnologici in questo senso.
Non a caso è stata prodotta da Particle, che oltre a essere un team multidisciplinare che opera in ambito creativo con proposte digitali ad aziende, collezionisti e a istituzioni, ha da poco sviluppato un‘app rivolta al mondo dell‘arte influenzata dalla scienza, dalla comunicazione, dal design.
Grazie a soli cinque artisti si scivola all‘interno delle contraddizioni, delle paure e degli abissi sorti dall‘aver “disturbato” l‘ambiente che abitiamo, alterandone per sempre l‘equilibrio.
IOCOSE, Joana Moll, Sultana Zana, Mark Ramos e Ziyang Wu presentano opere ibride, impregnate di richiami distopici e futuristi, dove l‘intervento dell‘uomo è al tempo stesso imprescindibile e provocatorio: l’attività umana corrode la casa, lo spazio in cui abita e però al tempo stesso è la sola a sancire ogni narrazione artistica, creativa e possibile, anzi, apre sbocchi, lancia prospettive, scorci per ciò che verrà.
Il loro è un racconto, più che una banale esposizione: si parte dal dato secondo cui servirebbe piantare 23 alberi al secondo per compensare alle emissioni di CO2, o dall‘evidenza desolante dettata dal suono del traffico e dai vari rumori “bianchi”, diventati a tal punto un perpetuo sottofondo alla nostra esistenza da seppellirne qualsiasi altro, compresi il ronzio e il frinire degli insetti. E poi si giunge all‘inclusione vera e propria del visitatore: essendo pensata anche per l‘app Particle, la mostra è un autentico sentiero digitale, con la possibilità di intromettersi all‘interno delle installazioni, per cambiarne o mutarne il significato.
Inoltre, diverse iniziative come workshop, discussioni con artisti e partner, talk e laboratori, animeranno le giornate di permanenza dell‘esposizione, dal 13 al 17 settembre. Il libro diventato kindle, la musica che da decenni ormai è fruibile dai canali di condivisione digitale. Adesso anche le mostre si trasferiscono online.