L’arte è phygital Una mostra ci svela cosa potrebbe accadere al rapporto tra l’uomo e l’ecosistema

Dal 13 al 17 settembre, al BASE di Milano, cinque artisti si cimenteranno con le distopie inafferrabili del nostro futuro, proponendo un’esposizione che sarà visitabile sia dal vivo, sia su app

disturbing the balance

Partiamo da un termine: phygital. Consiste in una crasi tra physical e digital, ossia tra fisico e digitale. Il suo significato è perturbante, perché in effetti svela quella che potrebbe essere l‘attuale condizione umana, la fase delicata di passaggio e di transizione che ci apprestiamo ad attraversare. Potremmo ritrovarci al punto di partenza e piombare di nuovo e bruscamente all‘interno della nostra limitata, imperfetta e finita “fisicità”. Oppure compiere il salto e diventare quello di cui molti filosofi e studiosi parlano da decenni: l‘homo novus, l‘uomo nuovo, digitalizzato e aereo, fluido e dalle possibilità potenzialmente infinite.

“Disturbing the balance”, la nuova mostra che verrà inaugurata il 13 settembre al BASE di Milano, è un progetto phygital : a metà strada tra l‘avanguardia tecnologica e l‘esperienza umana. Più semplicisticamente si potrebbe definire “interattiva”, ma stavolta l‘ambizione non si limita a mostrare sentieri artistici alternativi. Lo stesso obiettivo dell‘esposizione è indagare il rapporto tra l‘individuo e l‘ambiente che abita, tra il presente e il futuro, tra le minacce dell‘ecosistema in crisi e il ruolo dei progressi tecnologici in questo senso.

Non a caso è stata prodotta da Particle, che oltre a essere un team multidisciplinare che opera in ambito creativo con proposte digitali ad aziende, collezionisti e a istituzioni, ha da poco sviluppato un‘app rivolta al mondo dell‘arte influenzata dalla scienza, dalla comunicazione, dal design.

Grazie a soli cinque artisti si scivola all‘interno delle contraddizioni, delle paure e degli abissi sorti dall‘aver “disturbato” l‘ambiente che abitiamo, alterandone per sempre l‘equilibrio.

Courtesy of BASE Milano

IOCOSEJoana MollSultana ZanaMark Ramos e Ziyang Wu presentano opere ibride, impregnate di richiami distopici e futuristi, dove l‘intervento dell‘uomo è al tempo stesso imprescindibile e provocatorio: l’attività umana corrode la casa, lo spazio in cui abita e però al tempo stesso è la sola a sancire ogni narrazione artistica, creativa e possibile, anzi, apre sbocchi, lancia prospettive, scorci per ciò che verrà.

Il loro è un racconto, più che una banale esposizione: si parte dal dato secondo cui servirebbe piantare 23 alberi al secondo per compensare alle emissioni di CO2, o dall‘evidenza desolante dettata dal suono del traffico e dai vari rumori “bianchi”, diventati a tal punto un perpetuo sottofondo alla nostra esistenza da seppellirne qualsiasi altro, compresi il ronzio e il frinire degli insetti. E poi si giunge all‘inclusione vera e propria del visitatore: essendo pensata anche per l‘app Particle, la mostra è un autentico sentiero digitale, con la possibilità di intromettersi all‘interno delle installazioni, per cambiarne o mutarne il significato.

Inoltre, diverse iniziative come workshop, discussioni con artisti e partner, talk e laboratori, animeranno le giornate di permanenza dell‘esposizione, dal 13 al 17 settembre. Il libro diventato kindle, la musica che da decenni ormai è fruibile dai canali di condivisione digitale. Adesso anche le mostre si trasferiscono online.

“Disturbing The Balance” chiude il capitolo della produzione di Particle dedicato alla costruzione di una consapevolezza intorno ai temi ambientali, di cui hanno fatto parte Social Furniture, contest per studenti di design, e Veleni, collezione di oggetti in vetro realizzati da Francesca Lanzavecchia e Hunn Wai, nata dall‘assunto che il vetro è una barriera che ci separa dagli agenti inquinanti – microplastiche, microfibre, pillole, detersivi, pneumatici e piombo – isolandoli eppure mantenendoli ben visibili, grazie alla trasparenza.

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