Fiocchetto lillaAlimentarsi di vita tra ambiente, natura e cibo

Organizzato dalla Fondazione Cotarella, Orvieto ha ospitato un workshop per contrastare anoressia, bulimia e le altre malattie del comportamento alimentare

Jasmine Carter - Pexels

Una domenica intensa e ricca di racconti, letture, numeri, dati e grandi emozioni, un incontro dedicato alle famiglie che vivono intorno a chi soffre di malattie del comportamento alimentare e a chi ha avuto voglia di ascoltare qualcosa di più su una patologia dalla quale guarire è possibile: questo è stato il workshop “Alimentarsi di vita: il rapporto con l’ambiente, con la natura e con il cibo” organizzato dalla Fondazione Cotarella.

La giornata è stata «un viaggio a più voci, condivisioni e sfumature di vita che hanno regalato al pubblico presente molti spunti su cui riflettere» ha commentato Paolo Vizzari, narratore gastronomico che ha moderato i tanti relatori intervenuti sul palco, dalla dottoressa Laura Dalla Ragione – psichiatra e psicoterapeuta che ha fondato e dirige la rete per i disturbi del comportamento alimentare della Usl 1 dell’Umbria – alla professoressa Anna Ogliari (associato di psicologia clinica, responsabile del servizio di psicopatologia dello sviluppo presso il centro disturbi del comportamento alimentare di ospedale San Raffaele Turro), da Margherita Viccardi, membro del Direttivo dell’Associazione Mi Nutro di Vita, a Aurora Caporossi (fondatrice e presidente dell’Associazione Animenta) e altri ancora.

«I disturbi alimentari sono una malattia dell’anima e un attacco al corpo perché si ha paura di vivere nel mondo. In questo momento ci sono 3.000.000 di persone malate di disturbi alimentari e la pandemia ha aggravato la situazione con un 30% in più di nuovi casi, abbassato l’età alla fascia pre adolescenziale (10-14 anni)» ha esordito la dottoressa Dalla Ragione alla quale ha fatto seguito la professoressa Ogliari che ha sottolineato la necessità di «… trovare delle strutture che siano il più possibile inclusive e rispettose della patologia stessa e rivedere un concetto di cura che includa l’empatia, l’alleanza e l’alchimia tra l’equipe medica e il paziente». Perché, ha proseguito, «Guarire dalle malattie del comportamento alimentare si può, è una cura molto lunga che in media si sviluppa in 3 a 6 anni dalla presa in carico del paziente ma è ricompensate e li porta a una nuova fase di vita».

Particolarmente importante la testimonianza di Margherita Viccardi, mamma di Benedetta: «Vivere accanto, che è il titolo del mio intervento, a una ragazza con disturbi alimentari è difficile. Non c’è un manuale, non ci sono risposte, alcune Asl non sono preparate e non sai dove trovare risposte e quale strada prendere. Bisogna, in questo caso, avere il coraggio di chiedere aiuto a chi può dartelo, per lei ma anche per noi genitori e per quella famiglia che vive la quotidianità della malattia».

Molto seguiti anche i collegamenti video di Valentina Dallari – Dj e autrice di “Non mi sono mai piaciuta” e “Uroboro” – e Martina Domenicali, content creator e attivista per la salute mentale. Dallari ha voluto parlare del Kintsugi – L’oro delle cicatrici: «In Giappone, quando un oggetto in ceramica si rompe, lo si ripara con l’oro», ha detto, «Poiché si è convinti che un vaso rotto possa divenire ancora più bello di quanto già non lo fosse in origine. Questa filosofia, molto distante da noi, vuole dare la possibilità a chi, come me, si è ammalato di disturbi alimentari, di comprendere più a fondo sé stesso e di reinventarsi ridisegnando la propria esistenza» mentre Domenicali ha voluto sottolineare come «I media sono un megafono per diffondere informazioni e i social possono essere usati per lanciare un messaggio importante di speranza. Ho deciso di usarli, visto che ho 100.000 follower, per aiutare i ragazzi e le ragazze a non sentirsi soli, per dimostrare che è possibile chiedere aiuto e ricominciare a vivere una vita meravigliosa malgrado le cicatrici».

«Attraverso le storie scopri tantissime cose, per esempio che il cibo è un sintomo della malattia ed è un meccanismo per far uscire il dolore e il disagio che si non si riesce a esprimere, ma anche il disturbo è identificativo con la persona che ne soffre» ha spiegato Aurora Caporossi prima delle conclusioni affidate a Ruggero Parrotto e Dominga Cotarella, rispettivamente direttore e presidente di Fondazione Cotarella.

«Con la Fondazione vogliamo realizzare progetti reali di prevenzione e formazione con bambini, ragazzi e genitori, aiutando le persone a sentirsi normali, creando connessioni e sinergie, centri di accoglienza che parlino di natura, lavoro, argomenti altri dalla malattia», ha detto Parrotto. «L’obiettivo è fare rete con serietà e costruire percorsi che possano supportare nel momento pre e post cura le famiglie e i malati di disturbi alimentari».

«La Fondazione ha lo scopo concreto di aiutare i giovani e le famiglie a uscire dal tunnel. Per noi, che facciamo e vendiamo vino, questa è una sfida pazzesca, ma le sfide servono per motivare e ti fanno scoprire cose su te stesso che nemmeno immaginavi. Vincere la sfida è l’unico modo per rendere la nostra vita illuminante e l’obiettivo di Fondazione Cotarella è illuminare la vita dei giovani. Sono certa che ci riusciremo al 100%» sono state, infine, le parole con le quali Dominga Cotarella ha congedato il pubblico.

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