Tour olfattivoEsplorare Amsterdam ad occhi chiusi, “ficcandoci il naso”

In un momento storico in cui, a causa dell’odierna ossessione per l’igiene e l’obsolescenza di certi elementi, gli odori stanno scomparendo, City Sniffer ci ricorda l’importanza della dimensione olfattiva. Tra tigli, spezie “anti-peste” e altri aromi - non sempre piacevoli - della capitale olandese del passato

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Chi volesse esplorare Amsterdam, oggi può farlo senza neppure vederla. Da alcune settimane, infatti, la città può essere scoperta attraverso il naso. City Sniffer è un tour olfattivo nella storia della città olandese, articolato in sei tappe, ognuna rappresentativa di un odore del passato, come il fetore dei canali in estate, il profumo dei tigli, l’aroma del rosmarino, il profumo dello zibetto (la ghiandola di un animale, ndr) usato nelle fragranze di un tempo, e una ricostruzione del cosiddetto “pomo d’ambra”, una sfera profumata di spezie usata per proteggere dalle malattie durante la peste. L’iniziativa fa parte di un progetto triennale finanziato con 2,8 milioni di euro e denominato Odeuropa, che mira a  far rivivere l’odore dell’Europa tra il secolo XVI al XX.

«L’odore è una parte fondamentale della nostra vita quotidiana, qualcosa di  profondamente connesso ai nostri ricordi e ai luoghi dove abitiamo. Lo studio del patrimonio olfattivo può aiutarci a trovare narrazioni europee condivise, che travalicano i confini nazionali e attraversano il tempo», ha dichiarato Inger Leemans, ricercatrice della Royal Netherlands academy of arts and sciences di Amsterdam, che è stata a capo del progetto Odeuropa. L’obiettivo è  quello di offrire agli europei moderni un’esperienza viscerale di ciò che i loro antenati hanno inalato durante svolte storiche come l’era dell’industrializzazione. 

«Si può conoscere il carbone e sapere tutto delle miniere, delle industrie tessili e della proletarizzazione degli abitanti delle città», sottolinea Leemans, «ma è molto più incisivo “odorare” il cambiamento olfattivo tra un ambiente rurale e un ambiente industriale». Nel caso della citata Amsterdam, per esempio, più di tante narrazioni astratte, le prime due tappe del tour olfattivo evidenziano, con una vividezza “pungente”, perché la città fosse soprannominata “la fanciulla con l’alito cattivo”: in estate i suoi canali, pieni di spazzatura ed escrementi, emanavano un tanfo così intenso “che all’epoca l’amministrazione comunale piantò tigli e olmi per migliorare l’aria”.

Ma come hanno fatto i ricercatori di Odeuropa a capire quali fossero gli odori del passato? Vari teams, posizionati in diversi Paesi, hanno usato l’intelligenza artificiale per rintracciare riferimenti al profumo e all’odore in opere d’arte, documenti e immagini depositati presso biblioteche, archivi e musei europei. Il comparto italiano ha applicato l’intelligenza artificiale a testi scritti in sette lingue tra il Seicento e i primi decenni del Novecento, quali romanzi, documenti ufficiali o documentazione di tipo medico, per estrarre le informazioni olfattive e le emozioni a esse correlate. Un altro algoritmo, nel Regno Unito, ha setacciato invece le rappresentazioni visive, identificando in un quadro o un affresco un fiore, un frutto, un cibo. 

Alla fine, tutte le risultanze sono state inserite in archivi connessi a un database chimico, che restituisce gli odori veri e propri. Dalle rilevazioni statistiche relative alle menzioni di un aroma in un dato periodo è emerso, per esempio, come nei secoli passati le Nazioni si differenziassero per un loro odore specifico. E se nei  primi due decenni del Novecento in Italia erano molto numerose le menzioni di alimenti e di cibi, in Inghilterra prevalevano invece gli odori legati al corpo o alla medicina e in Olanda quelli legati al pesce e al commercio. 

Vero è, tuttavia, che la differenza potrebbe dipendere dal tipo di documenti a disposizione degli studiosi nei vari Paesi: nel Regno Unito la maggioranza di quelli su Google Books sono di tipo medico ed è difficile stabilire quanto davvero quegli odori fossero presenti o quanto semplicemente dipenda dalle fonti che li hanno tramandati. Più certe, invece, sono alcune caratteristiche rintracciate in diversi Paesi in epoche specifiche: per esempio, poiché una volta si pensava che le malattie si potessero trasmettere attraverso i miasmi, cioè esalazioni malsane, durante le epidemie di peste del Seicento le città del sud della Francia emanavano un caratteristico odore di aceto e rosmarino, che era una sorta di antisettico appannaggio dei ceti poveri, mentre i ricchi, per lo stesso scopo, ricorrevano all’incenso. 

Ma cosa possiamo imparare dagli odori che non sapessimo in altro modo? «Si tratta di una conoscenza supplementare, non sostitutiva», chiarisce l’artista Kate McLean, che realizza mappe olfattive. «Gli odori rendono più intensa un’esperienza, la incarnano rendendola più concreta. Il problema è che troppo spesso le nostre storie, i musei e i siti che raccolgono il nostro patrimonio sono stati incentrati unicamente sull’aspetto visivo. Gli oggetti sono visti attraverso teche di vetro, i dipinti sono solo da guardare, i reperti storici non si possono toccare. Invece l’integrazione data dall’odore permette alle persone di rapportarsi con il passato in modo più intimo e immediato». 

Per di più, oggi, gli odori rischiano di scomparire per eccesso di pulizia. Il sociologo Alex Rhys-Taylor della Goldsmiths University constata l’arrivo di un «paesaggio aromatico transnazionale», che è più o meno lo stesso in ogni città del mondo, ed è «fatto di odore di carne alla griglia, caffè tostato, microbirrifici. Esiste una costellazione globale di aromi e sapori transnazionali associati a una classe globale di persone che si spostano di città in città o che consumano e vivono nello stesso modo», conclude. 

Oltre alla globalizzazione del consumo, a far sparire gli odori sono l’odierna ossessione per l’igiene e l’obsolescenza di certi elementi, dalla naftalina al letame, che ormai sono scomparsi dalla nostra quotidianità. Eppure, soprattutto dopo le fasi acute della pandemia, l’incapacità di percepire gli odori ha reso evidente quanto perdiamo di un’esperienza se da essa manca l’aspetto olfattivo. Siamo esseri senzienti e, a dispetto dei ragionamenti e delle teorie, forse per capire davvero la realtà bisogna proprio “ficcarci” il naso.

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