Rinascimento e dissoluzione Come facevano prima del Grande Reality Italiano sul governo Meloni?

Il Twitter dei buoni si indigna per la sovranità alimentare e per il merito, ci manca solo che adesso si schieri contro l’esproprio proletario. Non resisto cinque anni così. E ho anche ottocentottantatré messaggi in una chat di Sgarbi che non leggerò mai

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Come facevamo prima, mi chiedevo alle tre di notte mentre cercavo vecchi giuramenti di vecchi governi, e su YouTube non c’era quasi niente, perché per l’internet esiste solo ciò che è successo da quando esiste l’internet, anzi da quando esistono i telefoni con la fotocamera frontale e la tv si è adeguata alla diretta perpetua e di tutto esistono filmati e Zapruder oggi sarebbe uno su mille che certo non passa alla storia.

Come facevamo prima, mi chiedevo mentre tentavo di scoprire se tutti quei bambini fossero normali, se tutti i ministri si fossero sempre portati i figli al Quirinale anche prima che i ragazzini fossero il centro del mondo, all’altezza del Berlusconi 2005 il figlio della Prestigiacomo aveva quattro anni, possibile che non sia inquadrato in un angolo mentre gioca con le macchinine dimostrandoci che la mamma è innanzitutto mamma e solo dopo donna di potere?

Come facevano prima, mi chiedevo osservando ipnotizzata «Rinascimento e dissoluzione», chat di WhatsApp alla quale non so perché mi abbiano aggiunta, e della quale nel momento in cui scrivo ho ottocentottantatré (sì, 883, come quelli che avevano ucciso l’Uomo Ragno) messaggi non letti, giacché Vittorio Sgarbi che l’ha creata continua ad aggiungere gente, e centinaia di rappresentanti della classe dirigente che questo tempo si può permettere continuano a scrivere in una chat dalla quale Morgan (coamministratore) lamenta la fuga di Clemente Mimun, Giancarlo Dotto e Tony Renis, e se avessi dovuto indovinare gli unici tre italiani che non perdono giornate in chat confesso che non avrei azzeccato neanche un nome.

Come facevano prima, mi chiedevo guardando le come sempre sublimi storie Instagram di Annamaria Bernini che, esibizionista e mitomane come tutte le bolognesi, musicava il proprio ingresso al Quirinale con «capire tu non puoi, tu chiamale, se vuoi, emozioni», e poi Twitter si accorgeva che sulle immagini del giuramento aveva messo Ambra, «e adesso giura che non hai paura che sia una fregatura», e iniziava a irriderla e rompeva il giocattolo e d’ora in poi ci toccherà una instaBernini seria che si sfoga solo nelle chat, speriamo venga in Rinascimento e dissoluzione.

Come facevano prima, mi chiedevo mentre tutti ma proprio tutti facevano battute sulla sovranità alimentare, magari gli stessi che fino a sette minuti prima la menavano col chilometro zero e il bio e tutte quelle cose che fanno partire un embolo ad Antonio Pascale e in generale a chi capisca qualcosa di questi temi, come facevano prima che non potevano tutti fare battute sullo scandalo di quel minuto, come avrebbero fatto senza una piattaforma che permettesse di passare la prima settimana dopo le elezioni a fare battute sui treni puntuali (mai visti tanti treni in ritardo come in quei giorni: la realtà è più spiritosa di Twitter).

Come facevamo prima, mi chiedevo mentre mi si popolavano i social di gente altrimenti razionale, altrimenti non sentimentale, altrimenti dotata di senso del ridicolo, che postava i video di Draghi che se ne va da palazzo Chigi con uno struggimento che non vedevo da quando Robbie Williams abbandonò i Take That (faccio presente: 1, che se il riferimento è l’aria piccata con cui la campanella la passava Enrico Letta è facile sembrare un gigante dello stile, diciamo; e 2, che Robbie Williams dopo i Take That ha infilato una serie di capolavori).

Come facevano prima, mi chiedevo mentre l’intera sinistra su Twitter ci spiegava che la meritocrazia non è meritocratica e che quindi il ministero del Merito è persino peggio di quello della Filiera Corta, dopo decenni in cui ci hanno sfrangiato la minchia che se loro non vincevano lo Strega o almeno la fascia di Miss In Gambissima era perché gli altri erano tutti raccomandati tutti conventicole tutti un complotto contro i loro indiscutibili talenti, adesso non gli va più bene il merito che è elitario e premia solo i ricchi di famiglia che – ma che roba – si pagano studi migliori: sospetto che aspettarsi da un governo di destra un ministero dell’Esproprio Proletario sia un po’ come aspettarsene un ministro della Famiglia che non dia la priorità alle coppie eterosessuali che si riproducono a mezzo natura e non a mezzo progresso scientifico – ma sicuramente mi sbaglio io.

Come faceva Sgarbi prima di tutte queste chat in cui passano le giornate a dirgli che dovevano fare ministro lui, che non hanno senso ministeri culturali che non lo vedano signore e padrone, che lui è il nostro ministro ombra, no, lui è il ministro della luce (giuro, hanno scritto così, ed è solo la mia determinazione a vincere il Nobel per la Continenza che mi frena dal dirvi chi l’abbia scritto, in questa chat presa di striscio, di svolgimento corretto ai temi).

Come fanno a fare la televisione se nessuno ha pensato a piazzare una troupe a casa di Sgarbi, ma anche di quell’altro paio d’intellettuali di cui dispone la destra, e a realizzare infine il Grande Reality Italiano filmando le loro reazioni alla notizia che il nuovo ministro della Cultura era Gennaro Sangiuliano: come facevamo prima che Giorgia Meloni ci costringesse a rivalutare la biblioteca dell’inedito, come.

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