Se altrove, la salsiccia è stata da sempre un prodotto povero, preparato con le parti meno nobili del maiale, qui a Bra, nel cuore del Roero, non è così: quasi duecento anni fa, Carlo Alberto in un suo Regio Decreto proibiva la produzione di salsiccia con carne bovina ovunque, tranne che a Bra, dove i macellai per preparare la loro sautissa avrebbero dovuto usare solo ed esclusivamente nobili tagli di vitello.
La ragione? Di una salsiccia dal sapore così delicato erano ghiotti reali e dignitari di corte, e inoltre, a Cherasco, ad una manciata di chilometri da Bra, viveva una ricca comunità ebraica che si approvvigionava al mercato braidese e che, per stretta osservanza della religione, non poteva mangiare maiale.
Oggi, per la verità, nella salsiccia il maiale c’è, ma in quantità moderate «mai più del 20%, perché la carne suina serve a legare tutti gli ingredienti e a trattenere i liquidi» spiega Tommaso Testa, titolare della Macelleria Da Masino, una delle macellerie cittadine riunite in un severo Consorzio. (Istituito una ventina d’anni il Consorzio per la Tutela e la Valorizzazione della Salsiccia di Bra ha registrato un marchio di qualità e un disciplinare per evitare grossolane imitazioni).
Si fa presto a dire salsiccia
Quindi, riassumendo, carne magra di bovino e pancetta di maiale macinate finemente (i puristi usano ancora un tritacarne a manovella), una spruzzata di vino Arneis e poi… Già, e poi? Sul resto dei componenti della sautissa cala il mistero: ogni macellaio di Bra ha un suo, segretissimo, mix di spezie utilizzate per insaporire l’impasto. Segretissimo ma non troppo: all’assaggio, un palato allenato, infatti, può riconoscere la presenza di garofano, pimento, noce moscata e macis. Pura, si diceva, ma eretica, insieme perché arrivato il momento dell’assaggio la si degusta cruda (altrove le salsicce si consumano cotte) perché questo è il modo migliore per assaporare il mix unico ed armonico dei suoi ingredienti.
Provare per credere da Senduis, panineria gourmet dove lei, nuda e cruda,si sposa con gusti e profumi a chilometri illimitati. O anche da Zero Enoteca Conviviale dove oltre 300 etichette accompagnano tapas golose con salsiccia cruda. Lei però non è solo un sofisticato finger food perché i ristoratori locali la utilizzano anche nature. «La salsiccia di Bra – spiega Alessia Battaglino, quarta generazione dello storico ristorante Battaglino – si conserva al massimo due o tre giorni e da qui è nata l’esigenza di cucinarla. Noi abbiamo iniziato ad usarla per preparare un sugo (molto più saporito di un normale ragù perché la salsiccia ha le sue spezie) che accompagna i nostri tajarin».
Non solo sautissa
A Bra, però, oltre alla salsiccia c’è di più. Siamo nel Roero, si diceva, terra di buon cibo e di ottimi vini. Ed ecco che appena fuori dal centro storico si incontrano gli orti braidesi, una delle eccellenze cittadine, pronti a rifornire le botteghe locali e le tavole di Bra di ortaggi e verdure, dal sapore unico.
A fare da fondale alla città, poi, ci sono le colline, quelle di Langhe e Roero. E, qui, tra i rettangoli sghembi, le losanghe e i triangoli di vigna che rivestono le dorsali come una colorata coperta patchwork, maturano le uve che daranno vita ai Nebbiolo, ai Barolo, ai Dolcetto, vale a dire il Gotha enologico del nostro Paese. Da degustare, per esempio, alle Cantine Ascheri, ospitate in una vecchia cascina del ‘700 dove la famiglia di vigneron fa vino da due secoli (uno di loro, Matteo, aveva escogitato e brevettato un “metodo Ascheri” per il sostegno delle viti in vigna).
Altra gloria delle tavole braidesi è il formaggio, il Bra Dop: formaggio d’alpeggio, certo, ma tradizionalmente stagionato nei crutin e nelle grotte della Bra underground. Come quelle di Giolito piccola (ma fornitissima) cheese boutique dove ci si ferma per degustare Bra Tenero (da tavola), Bra Duro, dal sapore deciso, e Braciuk, affinato nelle vinacce di Nebbiolo e Barbera.
Al Bra e a centinaia di altri formaggi provenienti da tutto il mondo, Bra dedica, all’inizio dell’autunno, la biennale Cheese-Le forme del Latte, grande kermesse durante la quale pastori, casari, formaggiai e affinatori ribadiscono l’importanza di metodi produttivi buoni, puliti e giusti (il mantra di Slow Food) ponendo attenzione alla qualità delle materie prime, al benessere degli animali, alla tutela del paesaggio.
E per concludere il tour gastronomico intorno ad una tavola braidese non può mancare il riso: unico nella provincia di Cuneo, il Riso di Bra è prodotto nelle due varietà Carnaroli e Loto. Da comprare, insieme a gallette, farina e birra all’ Az. Agr. Risicola Allocco Giovanni.
Tra Unesco e Barocco
Intorno alla città, un paesaggio magicamente idilliaco (è quello, segnalato dal bollino Unesco, del Roero) si srotola intorno alle Rocche, i canyon che la superstizione popolare vuole abitate da streghe e folletti. E poi distese di colline e bricchi, dove si arroccano castelli e manieri, sfilate di poderi ricamati da filari di vite e da noccioleti. Bra sta in mezzo a tutti questi tesori e ne svela altri.
L’antica Brayda ha radici che affondano nell’Età della Pietra, che toccano imperi e signorie per arrivare fino alla dynasty dei Savoia, le cui tracce sono ancora ben visibili in città e nei dintorni. Dire Bra e pensare agli sfarzi, alla regalità e alle stravaganze del Barocco Piemontese è tutt’uno.
Tra Seicento e Settecento, infatti, grazie ad un decreto sabaudo, Bra assunse al rango di città e rifiorì sotto il profilo artistico con i capolavori realizzati dagli archistar di corte. Il centro si arricchì così, di palazzi sontuosi e di chiese scenografiche: da Santa Chiara (con la sua doppia cupola traforata uscita dalla matita geniale di Bernardo Antonio Vittone) a quella della SS. Trinità, sede della Confraternita dei Battuti Bianchi, dalla Parrocchiale di Sant’Andrea, disegnata da Bernini e realizzata da Guarino Guarini (il progettista della Cappella della Sacra Sindone a Torino) al Palazzo Comunale che il Vittone volle simile a Palazzo Carignano, vale a dire una delle più eleganti residenze reali torinesi.
Poi vicoli tortuosi e ripide viuzze portano verso la sommità di Monteguglielmo: dove si trova la Zizzola, già villa di delizia di una ricca famiglia locale e oggi Casa dei Braidesi, uno scenografico museo multimediale che ricostruisce la vita della Bra d’antan.
Il tour artistico, però, non si conclude in città: ad una manciata di chilometri dal centro storico, si visita Pollenzo: il complesso architettonico formato da un castello, dalla chiesa di San Vittore, dalla Cascina Albertina e dall’Agenzia (un tempo sede della direzione delle Tenute Sabaude) è testimone delle villeggiature reali di Casa Savoia, tra ‘800 e ‘900. Oggi, gli antichi locali ospitano l’Università di Scienze Gastronomiche dove si formano le nuove menti della cultura agroalimentare globale.