Nel lungo percorso verso la decarbonizzazione del settore dei trasporti il Parlamento europeo fissa un nuovo traguardo, relativo ai «carburanti alternativi», cioè per le auto idrogeno ed elettricità. Ma la risoluzione approvata a larga maggioranza dall’Eurocamera lascia per strada un tassello fondamentale: le sanzioni a quei Paesi che non installano sul proprio territorio la quantità stabilita di colonnine di ricarica.
È un altro episodio di una lunga battaglia, che divide i gruppi politici dell’emiciclo comunitario, ma anche molti Stati membri e che entrerà nel vivo nei prossimi anni: quella sul divieto di vendita delle auto a combustione, in teoria effettivo dal 2035, in pratica irto di ostacoli, deroghe ed eccezioni.
Più stazioni di ricarica
«Ricaricare l’auto elettrica dovrà essere facile tanto quanto metterci la benzina», aveva detto l’eurodeputato socialista tedesco Ismail Ertug, titolare della relazione sul tema.
Il Parlamento era chiamato ad esprimersi su una proposta della Commissione, che intende trasformare in regolamento (atto legislativo da applicare integralmente in tutta l’Ue) una direttiva (atto legislativo che fissa degli obiettivi e lascia agli Stati membri le misure da applicare per raggiungerli), entrata in vigore nel 2014 e finora poco efficace.
Se i Paesi europei avessero applicato i dettami della 2014/94, ha spiegato Ertug, ora ci sarebbero in tutta l’Unione 677mila punti di ricarica per veicoli elettrici. Invece se ne contano allo stato attuale circa la metà: 377mila, per di più distribuiti male.
Secondo una ricerca di Acea, l’associazione dei costruttori di automobili europei, il 49% delle colonnine sono localizzate tra Germania e Paesi Bassi: gli olandesi, leader nel settore, ne hanno tante quante altri 23 Stati.
La «mancanza di una rete interoperabile», come si legge nella relazione votata all’Eurocamera, è la dimostrazione del fallimento: l’Ue non ha conseguito «uno sviluppo coerente del mercato delle infrastrutture per i combustibili alternativi».
Per questo la Commissione vuole cambiare metodo e il Parlamento si accoda, modificando anzi in termini ancora più ambiziosi il testo. Entro il 2026 le strade principali dell’Unione, definite in un’apposita mappa, dovranno prevedere almeno una colonnina di ricarica ogni 60 chilometri. Stesso requisito per camion e autobus elettrici, ma sulle vie di comunicazione che compongono TEN-T, una rete di trasporti integrati sulle principali direttrici del continente.
Anche le stazioni di rifornimento per i veicoli a idrogeno devono aumentare in fretta: ne servirebbe una ogni 100 km almeno lungo le strade principali entro il 2027, anziché una ogni 150 km entro il 2031 come proposto dalla Commissione.
In tutte le stazioni dovrà essere garantito l’accesso alle persone a mobilità ridotta, così come il pagamento tramite carta di credito e la corretta indicazione del prezzo per kWh acquistato.
Sono previste eccezioni per alcune regioni «ultraperiferiche» e per le isole non collegate alle reti energetiche, ma in generale l’obiettivo è chiaro: rendere l’Europa un continente completamente percorribile in auto elettrica.
La battaglia e la guerra
L’elettrificazione della mobilità è considerata infatti cruciale per raggiungere gli obiettivi fissati nel Fit for 55, il maxi-pacchetto di proposte legislative pensato per ridurre entro il 2030 le emissioni di gas serra nell’Ue del 55%, e nel Green Deal europeo, che entro il 2050 vuole azzerarle.
Secondo i dati in possesso dell’Eurocamera, il settore dei trasporti è responsabile del 27% di tutte le emissioni di gas a effetto serra prodotte nell’Unione ed è l’unico grande comparto ad aver registrato un aumento tra il 1990 e il 2019, mentre tutte le altre emissioni diminuivano. Per fare la loro parte, i mezzi di trasporto utilizzati nell’Ue dovrebbero produrre, entro il 2050, il 90% in meno dei gas serra che causano ora.
Per raggiungere l’obiettivo, le istituzioni comunitarie puntano ad aumentare la quota di carburanti sostenibili per navi e aerei, ma anche e soprattutto a vietare la vendita di veicoli a motore endotermico a partire dal 2035. Una misura drastica, proposta dalla Commissione europea a luglio 2021 e approvata sia dal Parlamento comunitario che dal Consiglio dell’Ue.
Ma non tutto è definito e faranno la differenza i dettagli della transizione verso la mobilità elettrica: quante e quali esenzioni, deroghe e revisioni risulteranno cioè nel testo finale negoziato tra le istituzioni.
Perciò nel voto sulla direttiva dei «carburanti alternativi» non sfugge la bocciatura di un emendamento importante, quello che prevedeva le sanzioni ai Paesi non in pari con le regole: nello specifico mille euro di multa per ogni colonnina non installata.
Secondo Ismail Ertug sarebbe stata un’ottima arma negoziale nelle trattative con il Consiglio, per chiarire ai rappresentanti degli Stati membri che «il Parlamento fa sul serio». Ma come dimostrato in altre cruciali votazioni su temi simili, l’Eurocamera non è un blocco unico e le diverse sensibilità dei gruppi politici incidono parecchio sulla sua agenda ambientale.