Spazio democratico condivisoChe cos’è la nuova Comunità Politica Europea

Un forum internazionale riunisce 44 Paesi del continente: tutti tranne Russia e Bielorussia. A Praga c’è stato il primo incontro, ma obiettivi e funzionamento non sono ancora chiari

Foto del primo summit della Comunità politica europea a Praga
European Union

«Una nuova organizzazione, che consenta alle nazioni europee democratiche e aderenti al nostro insieme di valori di istituire un nuovo spazio di cooperazione politica e sicurezza». Con queste parole del presidente francese Emmanuel Macron, pronunciate al Parlamento di Strasburgo lo scorso nove maggio, è stata concepita la Comunità Politica Europea.

Dopo una gestazione di cinque mesi, il battesimo del nuovo organismo intergovernativo avviene a Praga il 6 ottobre. A incontrarsi sono i capi di Stato e di governo di 44 Paesi del continente, per un obiettivo ambizioso delineato dallo stesso Macron: «Organizzare l’Europa, dal punto di vista politico, oltre il perimetro dell’Unione europea».

Chi c’è e perché
Al summit della capitale ceca la discussione ha riguardato vari temi: pace e sicurezza, energia e clima, situazione economica e anche questioni migratorie.

Ma prima dei contenuti trattati, è significativa la lista degli invitati: sono rappresentati praticamente tutti gli Stati dell’Europa geografica (e pure qualcuno a cavallo con l’Asia), tranne Russia e Bielorussia.

C’erano i 27 leader dell’Unione Europea, con al seguito i presidenti di Consiglio e Commissione e quelli dei Paesi storicamente vicini all’Unione europea, Svizzera, Norvegia, Islanda e Liechtenstein, che fanno parte dell’area Schengen.

Ma anche i rappresentanti dei Paesi attualmente in fasi differenti del processo di adesione: Albania, Moldova, Repubblica di Macedonia del Nord, Montenegro, Serbia, Turchia e Ucraina, o che aspirano ad entrare nell’Unione, come Georgia o Bosnia ed Erzegovina.

Per i leader balcanici e orientali, la Comunità Politica Europea è sicuramente un modo per rafforzare i legami con i 27, con il chiaro proposito di non «accontentarsi» di questo consesso politico come surrogato all’ingresso nell’Unione. Proprio nel discorso di Macron, si specificava che la partecipazione alla Cpe non avrebbe pregiudicato l’adesione all’Ue. L’interesse, comunque, è reciproco: l’Unione europea vuole discutere con Paesi come la Serbia, possibili alleati da contendere all’influenza russa.

Porte aperte a chi vuole entrare e anche a chi è già uscito: la partecipazione del Regno Unito, non scontata fino a poche settimane fa, è di certo un segnale di avvicinamento dopo le frizioni e gli strascichi post-Brexit fra le due sponde della Manica. In un editoriale pubblicato sul Times alla vigilia del summit, la prima ministra britannica Liz Truss ha parlato di «interessi cruciali» condivisi con gli «amici europei» e nel suo intervento al summit ha rimarcato l’importanza di una discussione collettiva.

Al primo tavolo della Cpe, però, si sono seduti pure il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan e quello azero Ilham Aliyev, che guidano Paesi dal non impeccabile curriculum democratico. Tutti, quindi, tranne Russia e Bielorussia, le responsabili dell’invasione dell’Ucraina, che come ha fatto abilmente notare al suo arrivo il primo ministro belga Alexander De Croo sono totalmente isolate. C’era invece l’Ucraina, con il primo ministro Denys Shymal in presenza e il presidente Volodymyr Zelensky collegato da Kiev. «Dobbiamo vincere la guerra per evitare che i carri armati arrivino a Praga», le sue parole.

Come spiegano a Linkiesta fonti comunitarie, gli inviti di questo summit sono stati firmati dal presidente del Consiglio Europeo Charles Michel e dal primo ministro ceco Petr Fiala, che detiene la presidenza di turno dell’Unione: almeno per la prima mano, è dunque l’Ue a dare le carte. Concessione diplomatica agli Stati extra-comunitari è che gli incontri della Cpe si svolgano in sedi «alternate», cioè una volta nell’Unione e una volta fuori. Non c’è ancora un calendario ufficiale, ma i prossimi vertici dovrebbero tenersi in Moldova, Spagna e Regno Unito.

Un formato incerto
Tutta l’impalcatura, comunque, rimane piuttosto incerta, dato che non sono state stabilite regole definitive e l’assenza di una comunicazione congiunta alla fine del vertice di Praga contribuisce a rendere indecifrabile l’incontro.

La nuova piattaforma «mira a promuovere il dialogo politico e la cooperazione per affrontare questioni di interesse comune in modo da rafforzare la sicurezza, la stabilità e la prosperità del continente europeo». Un proposito piuttosto vago, che non offre indicazioni su forma e funzionamento che la Comunità Politica Europea adotterà in futuro.

Molto probabilmente si riunirà una o due volte l’anno e di certo, sarà un’organizzazione intergovernativa: i Paesi membri si confronteranno senza attori istituzionali, al contrario di quanto accade nell’Ue. In questo caso il ruolo della Commissione e del Consiglio europeo sono volutamente marginali.

Non che manchino, in realtà, consessi internazionali del genere: tutti questi Stati già formano parte del Consiglio d’Europa, che si occupa di diritti umani e dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce), impegnata a garantire la pace, la democrazia e la stabilità.

Entrambe, però, si sono rivelate sostanzialmente inefficaci al momento della verità. La Russia, anch’essa aderente a entrambe le organizzazioni, ha attaccato un altro Stato membro, abbandonando poi il Consiglio d’Europa poche ore prima del voto per la sua espulsione.

La dimensione cruciale che sembra emergere dalla Cpe secondo gli esperti è allora quella della discussione strategica: un forum in cui ogni Paese persegue il proprio interesse nazionale (e l’Ue, si spera, quello comune dei suoi membri), senza ulteriori vincoli e senza dover ricorrere a continui incontri bilaterali per pianificare le proprie mosse.

La prospettiva è sicuramente ambiziosa e l’idea di abbracciare l’intero continente in un unico progetto potrebbe rivelarsi vincente. Ma i tasselli mancanti per ora sono molti, a cominciare da una struttura amministrativa adeguata per organizzare le prossime riunioni e da un regolamento degno di questo nome, sottoscritto dai partecipanti. Solo il tempo dirà se i volti sorridenti della prima foto di gruppo a Praga saranno, o meno, i protagonisti di uno scatto storico.

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