Il futuro della pizzaDietro le quinte di un buon impasto

Cos’è la pizza oggi e quale sarà quella del futuro? Come è cambiata in questi anni in cui è entrata a pieno titolo nel panorama della cucina d’autore? Quale sarà la sua evoluzione? Ne abbiamo parlato durante una tavola rotonda del GkFestival

Foto Roman Odintsov - Pexels

“Nuovi spicchi di piacere. Il cambio di passo della pizza” è stato il tema del Tavolo 5 del Festival di Gastronomika che si è tenuto lo scorso 5 ottobre e ha riunito diversi professionisti del settore che hanno accolto l’occasione per confrontarsi e rispondere alle domande della moderatrice della tavola rotonda, la giornalista Mariarosaria Bruno. Due ore di fitta discussione in cui i vari interventi han finito per somigliare a tranci di pizze da condividere.

Il primo morso è stato dato da Nanni Arbellini, co-founder di Pizzium a Milano che alla domanda «Come si fa a garantire una qualità alta in una catena di pizzerie?» ha risposto molto sinceramente che non sempre è stato possibile: quando ci si affida alle mani e alla testa di altri, il risultato, molto spesso, non è quello voluto. Arbellini ha parlato subito dell’attenzione che un imprenditore dovrebbe porre verso i suoi dipendenti che non si limita alle sole competenze professionali ma va ben oltre: un bravo imprenditore è prima di tutto uno psicologo, un docente, una spalla.

«Oggi si parla molto di professionalità, di prodotto, di qualità ma non sappiamo nulla di chi ci lavora dietro. L’ingrediente fondamentale della pizza è la persona che la prepara», ha spiegato Arbellini associando la sua affermazione alla rivisitazione di un noto detto: «I locali non sono di chi li fa, ma di chi li cresce». Il futuro della pizza, quindi, è l’investimento sulle persone e sulla loro formazione.

Un “crunch” ci ha fatti letteralmente sobbalzare e spostare l’attenzione dall’altro lato del tavolo dove Alessandro Lo Stocco, pizzaiolo, consulente e autore del libro “La nuova pizza croccante” ha condiviso la sua esperienza in giro per il mondo e ha constatato che circa l’80% delle persone (all’estero) preferiscono la pizza sottile e croccante.

Il “crunch” ci attrae, ci soddisfa e ci piace sentirlo! Nonostante qui in Italia, fino a qualche anno fa, spopolasse la “pizza napoletana” con cornicioni alti e l’impasto morbido, Lo Stocco ha deciso di proseguire per la sua strada facendo conoscere un nuovo format di pizza, sottile e croccante. «La pizza del futuro» la definisce: facile da gestire, più sostenibile, assicura un ottimo risultato in fase di cottura e la rende molto digeribile. «La croccantezza è già molto richiesta e lo sarà sempre di più» ha concluso Lo Stocco.

E a proposito di multisensorialità, una perfetta miscelazione la dà Lorenzo Sirabella, pizzaiolo di Dry Milano Cocktail Bar & Pizzeria che ha raccontato come, circa dieci anni fa, parlare di biga, di fermenti e di diverse farciture sulla pizza era considerato dai suoi colleghi napoletani più esperti un pensiero folle mentre oggi c’è stata un’evoluzione che non deve denigrare il passato bensì lavorare su quello che siamo stati, ponendo un’attenzione maggiore in fase di cottura, ad esempio. Se prima si cuocevano cinque pizze alla volta, oggi Sirabella preferisce cuocerne massimo tre contemporaneamente e concentrarsi su una cottura perfetta. Questo incide sul costo finale e quindi diventa fondamentale, per il futuro, educare il cliente alla cultura del costo, bisogna spiegargli come anche dietro il prezzo di una pizza ci siano ricerca, bollette da pagare e un buono stipendio  per i dipendenti.

La quarta fetta è stata addentata da Valerio Torre – pizzaiolo e consulente per Molino Bongiovanni – che ci ha aperto gli occhi sul fatto che i pizzaioli sono chiamati a fare avanguardia perché oggi i clienti sono esigenti e iper informati, conoscono le farine e la fermentazione.

Lorenzo ha poi posto uno spunto di riflessione: «La tutela della pizza italiana come patrimonio dell’Unesco, a pari merito della pizza napoletana, già riconosciuta nel 2017. Sarebbe bello tutelare un prodotto dove si mangia in mille modi diversi in base alla zona d’Italia. Così come sarebbe importante riconoscere la figura del pizzaiolo che, ad oggi, non è giuridicamente riconosciuta come specifica professione». Opinione condivisa dalla maggior parte dei partecipanti al tavolo.

Carlo Sammarco, pizzaiolo della Pizzeria 2.0 ad Aversa, chiamato anche “il papà della pizza canotto” è il simbolo di una nuova idea di pizza contemporanea fatta di tanto studio. Il suo sguardo sul futuro si focalizza sugli ingredienti: «L’impasto, ormai, è superato», ha detto, «Troviamo una buona pizza da sud a nord. Quello che ci potrà contraddistinguere, sarà la farcitura».

Una fetta di pizza con fichi d’india, viene morsa da Emeline Dany, autodidatta e grande appassionata del mondo della pizza. Le sue origini francesi, l’hanno sempre portata a pensare che la pizza fosse quella napoletana. Ma dopo aver scoperto una leggera intolleranza al glutine ha iniziato ad indagare su cosa fare per continuare a mangiare pizza. Ha conosciuto Longoni, il lievito madre, le farine non raffinate e così, dopo anni di lavoro e sperimentazioni in cucina, è nato il suo progetto che presto sarà inaugurato in Toscana, una “Pizza farm” a filiera corta con un orto coltivato in permacoltura in modo da educare i visitatori alla coltivazione del grano e degli ingredienti della pizza che poi mangeranno. «Non mi spaventano gli abbinamenti un po strambi ma devono essere bilanciati. La bravura di un pizzaiolo sta nell’essere anche cuoco. Il risultato finale non deve essere nauseante». La sua idea di futuro per la pizza si basa sull’educazione della filiera del prodotto e sul coinvolgimento della clientela.

Antonio Pappalardo ha preso il suo spicchio di pizza e parlato dell’esperienza fatta, un paio di anni fa, con gli chef stellati. Pizze speciali a quattro mani, accolte benissimo dai clienti: hanno avuto così tanto successo che molti curiosi le chiedono ancora oggi. Lo sguardo sul futuro per Pappalardo è quello di spingersi sempre oltre senza strafare, mantenere equilibrio tra impasto e ingredienti: la vera differenza la fa l’apertura mentale e la curiosità con cui ogni professionista si approccia a questo lavoro.

«Le idee, spesso, nascono per esigenza ma molte volte anche per caso» ha affermato Ilaria Puddu, imprenditrice e co-founder di quattro brand pizza a Milano: Marghe, Giolina, Crocca e Pizzium.

Tra uno spicchio e l’altro, non c’è nulla di più rinfrescante di un bicchiere di acqua S.Pellegrino che con le sue delicate bollicine, ci svela come l’azienda sia stata una delle prime a scommettere sulla pizza nel fine dining. Camilla Cancellieri, Brand manager S.Pellegrino e Acqua Panna, ha raccontato come l’azienda abbia, da subito, capito che questo sarebbe stato terreno fertile creando diverse contaminazioni tra cucina e pizza. «Vediamo un grande futuro della pizza in Italia ma anche all’estero», ha detto Cancellieri, «Il nostro compito per il futuro è quello di raccontare lo sforzo, gli ingredienti di qualità e il lavoro che c’è dietro».

Si termina sempre con il dolce. Chiara Abate che, a breve, inaugurerà Tema-pizzeria elementare a Milano con la sua compagna Francesca Marcantognini, ci parla della loro visione che unisce pizze e pasticceria in un modo unico e divertente. Non vediamo l’ora di provarlo!

Sono sicura che dopo questo articolo, molti di noi guarderanno la pizza con occhi diversi, sapranno che dietro un impasto ci sono alta professionalità, persone, molta ricerca e, per il futuro, tante idee e un’unica certezza: la pizza rende felici.

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