Oggi Lorenzo Guerini sarà a Bruxelles per partecipare al suo ultimo vertice Nato da ministro della Difesa. Dopo il passaggio delle consegne al suo successore, spiega Francesco Verderami sul Corriere, Guerini avrà il tempo per parlare da dirigente del Pd e ribadire che la postura da tenere sull’aggressione russa in Ucraina è «dirimente», considerato che «si sono manifestate invece gravi ambiguità». Il messaggio è stato recapitato a quanti nel suo partito già immaginano la ricostruzione di un campo largo insieme a Giuseppe Conte, nella sua nuova veste di capofila dei pacifisti.
Il leader del Movimento Cinque Stelle ha già detto che domani non parteciperà al sit-in davanti all’ambasciata russa a Roma, a cui prenderanno parte Partito democratico e Più Europa. Conte invece ha aderito, dal 21 al 23 ottobre, alla tre giorni organizzata in diverse città dalla Rete per la pace e il disarmo. Mentre il 25 ottobre invece Papa Francesco parteciperà al Colosseo a un incontro di preghiera per la pace con i rappresentanti delle grandi religioni mondiali organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio dal titolo “Il grido della pace”.
Guerini ha apprezzato la scelta del suo segretario Enrico Letta di andare a manifestare davanti all’ambasciata russa, «tenendo ferma una posizione che è sempre stata lineare». E che peraltro è la posizione assunta dal gabinetto Draghi fin dal 24 febbraio: «La pace la aneliamo tutti. Ma questa aspirazione non può non confrontarsi con una guerra di aggressione che non fa nemmeno distinzione tra target militari e siti civili».
E in mezzo al proliferare di piazze per la pace, Guerini ha ribadito – in sintonia con il capo dello Stato Sergio Mattarella – che «l’Italia continuerà a restare al fianco dell’Ucraina e del suo popolo», vittima di «atti criminali» che hanno «cambiato la natura del conflitto».
Guerini, spiega il Corriere, non accetta certi ragionamenti capziosi di pacifisti à la carte che criticano l’assenza di iniziative per fermare il conflitto. L’hanno avvertito gli esponenti del Pd che sono andati a trovarlo mentre rileggeva il dossier in vista dell’appuntamento odierno con i partner del Patto Atlantico. «Putin finora non ha mai manifestato una reale volontà di trovare un’intesa», ha spiegato Guerini ai compagni di partito. «Non si vedono al momento le condizioni per accordi sul destino dei territori occupati». E non c’è alcuna certezza sul faccia a faccia tra il presidente americano Biden e il dittatore russo al G20.
«Sento invocare iniziative di Stati Uniti e Cina. Il punto è che loro si potrebbero muovere fino a un certo punto, perché Putin non accetterebbe un downgrade del suo status. E certo che la guerra si ferma con un negoziato. Ma se non avessimo sostenuto Kiev e non continuassimo a farlo, neanche si parlerebbe di tavoli negoziali. Questa è la verità», è il ragionamento del ministro uscente. Per questo ha firmato il quinto decreto per l’invio di armi agli ucraini, non prima di aver contattato la premier in pectore Giorgia Meloni e averla avvertita dell’atto di governo.
Tra pochi giorni Guerini passerà all’opposizione, fiducioso che il futuro esecutivo terrà fede a quella linea di confine «dirimente», in difesa «dell’ordine internazionale e della credibilità dell’Italia». Meloni ha dato garanzie. «Non ci sono dubbi che sarà così», commenta il Giorgio Mulè, Forza Italia, che nel gabinetto Draghi ha lavorato da sottosegretario alla Difesa al fianco del ministro: «La tesi dell’equidistanza tra Kiev e Mosca, abilmente celata dietro certi ragionamenti, va respinta. Equidistanza fa rima con ignoranza. Significa voler ignorare la realtà e la posizione atlantista ed europeista dell’Italia».