La protesta contro l’aumento di elettricità e gas sta dilagando. C’è chi brucia le bollette in piazza, i ristoratori le espongono in vetrina per giustificare i prezzi lievitati, gli alberghi e le aziende minacciano la chiusura. Il movimento «Non Paghiamo» ha già organizzato manifestazioni in varie città e continua a raccogliere consensi online. E oggi, in occasione della Giornata internazionale di lotta alla crisi e al carovita, scende in piazza l’Unione sindacale di base.
La prima mossa del nuovo probabile governo a guida Giorgia Meloni sarà mettere al riparo famiglie e imprese dall’impennata delle bollette. «La priorità è fermare la speculazione sul gas. Continuare all’infinito a compensare il costo delle bollette regalando soldi a chi si sta arricchendo sulle spalle di cittadini e imprese sarebbe un errore», ha ripetuto la leader di Fratelli d’Italia nel suo discorso di sabato al meeting di Coldiretti a Milano. Una crisi che Meloni potrebbe affrontare in prima persona già tra pochi giorni, se è vero che non si esclude che possa essere lei a rappresentare l’Italia da premier al prossimo vertice europeo sul gas del 20 ottobre.
Il ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha confermato i contatti continui nella trasmissione di Lucia Annunziata: «Ho ovviamente informato di qualunque sviluppo internazionale mi stessi occupando. È mio dovere concordare con il premier ma, in accordo con lui, avvisare chi viene dopo della direzione in cui stiamo andando e per quali motivi». E «siccome la direzione è tecnicamente obbligata, facciamo un buon servizio a chi viene dopo, ma chi viene dopo ci dice anche “sì, riconosciamo che è la strada da intraprendere”. Ho un’interlocuzione molto serrata e collaborativa. C’è poca ideologia su questo».
Venerdì si terrà a Praga, in Repubblica Ceca, il vertice informale del Consiglio europeo, dove, tra le altre cose, i leader degli Stati membri parleranno della sicurezza delle infrastrutture energetiche. Cingolani è fiducioso sul tetto al prezzo del gas: «Sono stati fatti passi avanti, nelle prossime 48 ore manderemo la nostra proposta, da condividere con altri Paesi. L’ipotesi è quella di indicizzare il prezzo del gas agganciandolo a Borse un po’ più stabili del Ttf olandese».
Meloni condivide la linea di Cingolani e aspetta l’esito della proposta sul tetto al prezzo per mettere poi a punto le sue ricette, senza escludere un ulteriore decreto aiuti. Ma no alle richieste leghiste di fare «come la Germania», spiega il Corriere, perché destinare miliardi per pagare le bollette gonfiate dalla speculazione sarebbe dannoso. Sì invece a fare di tutto per aumentare la produzione di energia, sia con i rigassificatori sia con l’estrazione del gas, sia togliendo i vincoli burocratici che impediscono l’utilizzo pieno delle fonti rinnovabili.
Tuttavia, per Cingolani la situazione in Italia è buona: «Non c’è un problema di quantità di gas, l’inverno è coperto». Nell’immediato però, specie se a livello Ue non si troverà la quadra sul tetto al prezzo del gas, il nuovo governo dovrà battere un colpo.
Per il nuovo Parlamento, il primo provvedimento da convertire in legge sarà proprio il decreto Aiuti ter da 14 miliardi lasciato da Draghi. Sarà difficile però caricarlo di altre misure: scade il 23 novembre e non ci sarebbe tempo, tra elezione dei presidenti di Camera e Senato, incarico al premier designato, lista di ministri, giuramento al Quirinale.
Ecco dunque l’idea di un nuovo decreto legge, scrive Repubblica, il primo provvedimento del possibile governo Meloni. Un decreto, va detto, in assoluta continuità con gli ultimi tre dell’esecutivo Draghi. Molte misure saranno sovrapponibili. E non potrebbe essere altrimenti, visto anche il clima di assoluta cooperazione in questo momento di transizione tra governo uscente ed entrante.
Meloni potrà contare su un budget che va da 10 a 25 miliardi: dieci lasciati in eredità da Draghi, grazie al minor deficit ufficializzato dal ministro dell’economia Daniele Franco nella Nadef, altri dieci miliardi almeno dalle extra entrate tributarie degli ultimi quattro mesi dell’anno che stanno ancora tirando e cinque miliardi dagli incassi dalla tassa sugli extraprofitti. Circa 4,7 miliardi serviranno a rinnovare il credito d’imposta fino a dicembre per le imprese energivore. Altri tre miliardi andranno a finanziare il bonus di 150 euro per circa 20 milioni di lavoratori e pensionati, compresi autonomi, con un reddito di non oltre 20mila euro. Due miliardi serviranno per prorogare lo sconto sulle accise del carburante. Emerge anche l’ipotesi di una moratoria per le bollette non pagate sia per le famiglie che per le imprese, con la garanzia di sventare i distacchi di luce e gas in caso di almeno sei mesi di bollette non pagate. In più dovrebbe intervenire il fondo Sace allargato anche alle piccole imprese di fornitori di energia, a rischio crac per l’insostenibilità dei costi a fronte dell’aumento di clienti insolventi.