Tokyo lenta e silenziosaUna megalopoli che ti entra dentro come una città a misura d’uomo

Nel suo libro “Tōkyō dentro”, Arturo Di Casola racconta - anche sotto forma di diario - il suo rapporto speciale con la capitale giapponese, in grado di distinguersi grazie alla sua capacità di essere “normale”. Quando di normale, in realtà, ha ben poco

Unsplash

Tōkyō dentro è nato durante tutte quelle notti insonni trascorse a Tokyo, sopraffatto non so se più dal jet lag o dall’adrenalina per trovarmi di nuovo nella “mia” città. Accarezzando i disegni che la luce, che entrava dalla finestra, disegnava nella mia camera. Mentre camminavo, stanco ma felice, appena sceso dall’ultimo treno della sera e osservavo, prima di ritirarmi, il mondo apparentemente perfetto dei konbini. Ed è nato tutte le volte che sono salito, tante, sul bus per andare da Tokyo verso il centro-nord del Giappone dove risiedevo. Guardando dal finestrino le strade e gli incroci a me familiari di Nerima, pensavo che stavo lasciando la mia città.

In tutti quei momenti, allora apparentemente normali, ho incamerato così tante emozioni e sensazioni, che dopo quasi vent’anni che vado e torno a Tokyo, ho sentito l’esigenza di fissarle, almeno in parte, in un libro. Che si chiama così, Tokyo dentro, perché nelle sue 132 pagine con 155 fotografie, tutte scattate da me, muovendomi su direttrici urbane originali, entro dentro la città. Mi soffermo sugli incontri fatti, le scoperte, i luoghi speciali che mi porto dentro e gli stili attraverso i quali questa grande città si eleva ai miei occhi. E Tokyo dentro anche perché, ormai, Tokyo è entrata dentro di me. Pur essendo una megalopoli, vi è entrata come una città normale, a misura d’uomo, perfino lenta e silenziosa. Questo libro non è una guida, sebbene in molti passaggi possa tornare utile come tale, perché affronta la città con un taglio molto personale. E racconta, anche sotto forma di diario, come io senta la città. 

Prefazione al capitolo “L’acqua, i ponti e le isole della città anfibia”
Una sera, una coppia conosciuta in una izakaya a Kiyosumi-shirakawa mi disse di abitare a Koto ku, nei pressi del Sumida. Proprio una di quelle zone, vicino a uno dei fiumi che attraversano Tokyo e alla baia, e per questo tra le più esposte in caso di maremoti, in cui amo andare a passeggiare. Il rapporto di Tokyo con l’acqua mi affascina: un rapporto che malgrado la città sia visivamente affacciata su una baia, per non parlare del fatto che della superficie di Tokyo fanno parte anche isole molto lontane, resta in secondo piano. I canali di Kiyosumi-shirakawa, i ponti di Harumi, i panorami fluviali, gli spazi aperti e i waterfront, sono uno dei miei angoli preferiti di osservazione di Tokyo. 

Una dimensione, quella anfibia, che mi fa entrare in contatto con la città in modo intimo e solitario. Anche nell’arte, i fiumi di Tokyo hanno giocato un ruolo importante: si pensi a tutte le volte in cui i ponti sul Sumida e lo stesso fiume sono stati ritratti dagli artisti ukiyo-e, spesso anche insieme all’icona Fuji. E i mangaka, in tempi più moderni, hanno attinto ai paesaggi urbani dei fiumi – come il Kanda – che scorrono incassati tra edifici alti e spesso anonimi, per disegnare i loro fumetti.

Tōkyō dentro – Immersioni nella megalopoli, 132 pagine e 155 foto, 20 euro 

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter