C’è chi dice che a Venezia ci siano 390 ponti, chi ne ha contati 417, altri addirittura 436. Una cosa è certa: ogni anno, il 21 novembre, se ne conta uno in più. È un ponte di legno provvisorio e attraversa il Canal Grande, collegando la punta della Dogana a Santa Maria del Giglio, nel sestiere di San Marco.
Lo chiamano ponte votivo perché ricorda l’impegno che nel ‘600 la città prese con la Vergine Maria affinché la liberasse dalla peste. Da allora i veneziani festeggiano ogni anno, il 21 novembre, la Madonna della Salute, recandosi alla Basilica e portando in tavola un piatto saporito e piuttosto insolito che in laguna si mangia solo in questa occasione: la castradina, ovvero una zuppa a base di carne di montone essiccato.
Origine ed evoluzione della festa più amata dai veneziani
In una città che continua a svuotarsi di abitanti ma non dimentica le sue tradizioni, la Madonna della Salute è probabilmente la celebrazione più sentita, tanto che molte scuole e uffici pubblici rimangono chiusi.
L’origine della festa risale a quasi quattro secoli fa. Nel 1630 la Serenissima fu travolta da una terribile epidemia di peste, portata in città, si narra, da un ambasciatore del duca di Mantova Carlo I Gonzaga Nevers. La malattia aveva seminato povertà, terrore e quasi 50mila vittime nella sola laguna. I lazzaretti della città erano pieni, tra calli e campielli echeggiavano i lamenti dei moribondi, chi poteva era scappato lontano.
Incapace di trovare soluzioni per combattere il flagello, il doge Nicolò Contarini, insieme al patriarca Giovanni Tiepolo e al Senato della Serenissima, si appellò alla fede e ordinò di erigere una chiesa in onore della Madonna, sperando di replicare il buon esito del voto fatto al Cristo Redentore durante la peste del 1576 con la realizzazione di un tempio alla Giudecca.
In poche settimane dalla posa della prima pietra della nuova basilica, in un’area attigua alla Dogana, i contagi iniziarono a diminuire. Da allora ogni anno, il 21 novembre, tutti i veneziani, anche i meno devoti o non praticanti, festeggiano recandosi in quella che poi divenne una delle chiese più imponenti e straordinarie della città per accendere un cero e chiedere il dono della salute per sé e i propri cari.
Il Comune installa tradizionalmente un ponte votivo lungo oltre 80 metri e largo quasi 4, che collega il sestiere di San Marco alla Basilica, in ricordo del pellegrinaggio dei fedeli nei secoli scorsi.
Quest’anno l’inaugurazione della lunga passerella, alla presenza del Patriarca Francesco Moraglia, è fissata per venerdì 18 alle ore 12, mentre lunedì 21 la Basilica sarà aperta tutto il giorno, dalle 5.45 alle 22.30, per consentire al maggior numero di persone possibile di partecipare alle celebrazioni.
Tra il campo della Salute, Campo San Gregorio e Rio Terà dei Catecumeni vengono inoltre allestite bancarelle che smerciano candele, frittelle, frutta candita, dolciumi, caldarroste e palloncini colorati. Una festa per tutti, dove grandi e bambini si riuniscono in un rito secolare.
Il poeta Domenico Varagnolo sintetizza bene l’atmosfera della giornata con questi versi:
Obligo no ghe n’è, ma stamatina,
sia pur piova, caligo o bavesela,
ogni zente cristiana e cristianina,
in ciesa vol andar e proprio in quela!
I passa el ponte, i crompa la candela,
el santo, el zaletin, la coroncina,
e verso mezodì l’usanza bela
vol che i vada a magnar la castradina.
(Non c’è alcun obbligo, ma questa mattina, anche se piove, c’è la nebbia o tira il vento, cristiani e meno cristiani vogliono andare proprio in quella chiesa. Attraversano il ponte, comprano la candela, il santino, il dolcetto, il rosario, e verso mezzogiorno, come vuole la bella tradizione, vanno a mangiare la castradina).
Tutti a tavola, c’è la castradina!
Non è vera tradizione se non esiste un piatto tipico abbinato. In una città di mare la cui buona parte dell’economia locale ruota attorno alla pesca, sembrerà strano che la ricetta per festeggiare la Madonna salvifica sia a base di carne, e per di più di montone.
Anche questa volta l’origine è riconducibile alla peste: il piatto fu creato in onore del popolo dalmata, che durante l’epidemia aiutò i veneziani rifornendoli di cibo, in particolare di carne di castrato proveniente dall’Albania e dalla Dalmazia. Da qui l’idea di rielaborare una ricetta tramandata fino ai giorni nostri con il nome “Castrarina coe verze sofegae (soffocate)”.
La preparazione è semplice e nella sua versione originale richiede fino a tre giorni, a memoria dei sopravvissuti alla peste che per tre giorni pregarono per far cessare l’epidemia. Oggi nelle case dei veneziani si prepara la ricetta più rapida.
Ingredienti
– 800 gr. di carne di montone castrato (lo si trova facilmente in questi giorni nei macellai della città)
– 1 kg verza
– 1 cipolla
– 4 cucchiai di olio
– timo
– sale
– pepe
La castradina viene tagliata a pezzi di media grandezza e fatta bollire per tre volte, cambiando l’acqua per eliminare il grasso in eccesso e tenendo da parte quella dell’ultima cottura. Nel frattempo, in un soffritto di cipolla e olio, si versa la verza tagliuzzata insieme a un po’ di timo. A trequarti della cottura si aggiungono la carne e la sua acqua, regolando a proprio gusto con sale e pepe. La castradina si mangia a mo’ di zuppa, con dei bei crostoni di pane.
Dove mangiare la castradina (e non solo) a Venezia
Esiste un modo alternativo per assaporare la castradina senza preparla, andare a mangiarla nei locali cittadini dove viene inserita nel menu, come la Cantina Do Spade (Calle Do Spade, 859), uno dei “bacari” per eccellenza di Venezia, specializzata nei famosi “cicchetti” al banco. Qui la zuppa viene servita con un pizzico di cannella e tra i piatti imperdibili vi segnaliamo anche le polpette di carne, il pesce e le sarde in saor, da accompagnare all’”ombretta” di vino.
Duplice proposta quella del Gran Caffè Quadri (Piazza San Marco), gestito con passione e professionalità dalla famiglia Alajmo: nel raffinato ristorante nato nel ‘600, dalle 11 alle 23 veneziani e turisti possono gustare la classica zuppa oppure panini con la castradina e vino, incantanti dalla bellezza ineguagliabile della piazza della Basilica.
Infine, per coniugare tradizione con sperimentazione, dal 19 al 22 novembre la storica Osteria Al Cantinon (Sottoportego De le Colonete, a due passi dal Casinò) grazie alla sapiente guida dello chef Serghei Hachi propone quattro giorni di festeggiamenti in cui sia a pranzo che a cena (solo su prenotazione) sarà servito un menu speciale di quattro portate, tutto a base di castradina.