È qui la festaFuochi e sarde in Laguna

Il 16 luglio i campielli di Venezia si animano di lunghe tavolate in occasione della festa del Redentore. Tre giorni di eventi per celebrare la sconfitta della peste del 1577

È solo questione di giorni e il contatore dei residenti in città posizionato nella vetrina della farmacia di campo San Bartolomeo, ai piedi del ponte di Rialto, scenderà sotto la desolante soglia dei 50mila. Negli anni Cinquanta i veneziani del centro storico erano 175mila, più del triplo di oggi.

Il lento ma inesorabile spopolamento della Laguna va ricercato nei numerosi motivi, intrinsecamente connessi tra loro, legati al massiccio sfruttamento della città in nome di un turismo di massa sempre meno qualitativo e sostenibile, che alza i prezzi delle case – molto più remunerativo affittare ai turisti per brevi periodi che agli autoctoni – e trasforma gran parte delle attività commerciali a servizio dei residenti in botteghe di gondole di plastica.

Eppure Venezia resiste, e lo fa onorando con orgoglio le sue tradizioni, a partire dalla celebrazione del Redentore, che ogni terzo weekend di luglio unisce tutte le generazioni in una grande festa di luci, regate e ricette popolari.

Una magia imperdibile per i veneziani, che ogni anno si organizzano con amici e familiari per partecipare allo spettacolo della laguna illuminata dai fuochi d’artificio e, per una volta, tornare protagonisti della vita in città.

Le origini
Come la festa della Madonna della Salute, che si celebra il 21 novembre, anche il Redentore ha origine nella tradizione cristiana e culturale della Serenissima.

A luglio si ricorda infatti la liberazione dalla terribile ondata di peste che la mise in ginocchio tra il 1575 e il 1577, mietendo ben 50mila vittime (una cifra impressionante, paragonandola all’attuale popolazione di Venezia). In quegli anni, appellandosi alla grazia divina, il Senato della Repubblica ordinò al Palladio la costruzione di una maestosa basilica alla Giudecca dedicata al Cristo Redentore.

Quando nel ‘77 l’ondata epidemica si concluse, fu realizzato un passaggio galleggiante fatto di barche posizionate una accanto all’altra per collegare la basilica alle Zattere, agevolando il pellegrinaggio di tutti i veneziani devoti verso l’isola. Da allora ogni anno, la terza domenica di luglio, viene allestito un ponte che attraversa la laguna, il Patriarca dice messa nella basilica e i devoti partecipano alla processione.

In barca e nei campi: la città in festa
L’aspetto religioso della tradizione, soprattutto per le nuove generazioni, passa in secondo piano rispetto a quello conviviale della festa che precede le celebrazioni.

Dopo il posizionamento del ponte votivo del venerdì, oggi realizzato di acciaio e legno, il sabato viene infatti deviato il consueto traffico lagunare del canale della Giudecca per consentire ai natanti di ormeggiare e godersi lo spettacolo pirotecnico che a partire dalle 23.30 tradizionalmente illumina la città.

I festeggiamenti di quella che per i veneziani è la notte famosissima partono già nel pomeriggio, quando le imbarcazioni, sapientemente addobbate con festoni e lanterne colorate (i cosiddetti «baloni del Redentor»), prendono posto in laguna e ingannano l’attesa tra musica, chiacchiere, l’immancabile spritz e cibo fatto in casa.

Chi non ha a disposizione una barchetta o preferisce evitare la lunga attesa sotto il caldo si riunisce allestendo conviviali tavolate in campi e campielli della città in prossimità del Bacino di San Marco, delle Zattere e della Giudecca.

Anche quest’anno, per contingentare gli ingressi alla laguna e lungo le rive, occorre registrare la propria presenza sul sito del Comune di Venezia. I festeggiamenti si concludono domenica, con la tradizionale Regata del Redentore e la messa votiva.

Bigoli in salsa e anguria sotto la luna, aspettando i fuochi
Non c’è festa a Venezia senza una tradizione gastronomica. È consuetudine che i gruppi di amici riuniti per vedere i «foghi» in barca o nei campi della città si spartiscano le pietanze da preparare in casa e condividere poi con l’intera tavolata.

Ricette di semplice esecuzione, che ogni veneziano doc può preparare facilmente nella propria cucina. La sera del Redentore non possono mancare i «Bigoli in salsa», il piatto povero ma gustosissimo per eccellenza: si tratta di spaghettoni conditi con un sugo di cipolle bianche fatte appassire a lungo insieme alle sardelle salate e all’olio di oliva.

I bigoli, nati circa 600 anni fa da una commistione tra la cucina veneziana e quella ebraica del Ghetto, vengono spesso serviti anche alla vigilia delle feste religiose come piatto di magro. Il bis di primi si completa con la «pasta e fasioi», altra ricetta della tradizione contadina veneta preparata con i fagioli di Lamon e rigorosamente servita fredda con un filo d’olio.

A seguire le regine della tavola veneziana, ovvero le sarde in saor, sardine fritte preparate con almeno un paio di giorni di anticipo per farle macerare e insaporire insieme alla cipolle, l’aceto, le uvette, i pinoli, e i «bovoeti», lumachine di terra bollite e condite con olio, aglio, pepe e prezzemolo.

La cena si conclude con una grossa fetta di anguria dissetante: ora i fuochi d’artificio possono illuminare la città e renderla, per la notte più bella dell’anno, ancora più magica e spettacolare.

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