Domenica scorsa il settimanale greco Documento ha rivelato i nomi di una trentina di ministri, politici, giornalisti e imprenditori i cui telefoni sono stati attaccati dal potente spyware Predator. Il principale sospettato è il primo ministro Kyriakos Mitsotakis, già nel mirino dell’inchiesta parlamentare sul caso di spionaggio politico scoppiato quest’estate. L’inchiesta, guidata dai membri del suo partito (Nuova Democrazia), si era conclusa poche settimane fa senza sorprese, ma le rivelazioni rischiano di mettere a dura prova ancora una volta – e forse per l’ultima – la tenuta del governo.
Le fonti di Documento sarebbero due persone direttamente coinvolte nel sistema di sorveglianza secondo cui il software di spionaggio Predator sarebbe arrivato in Grecia attraverso la rete di amicizie e interessi politici che unisce alcuni esponenti del partito cipriota Raggruppamento Democratico (Disy) e Mitsotakis, che avrebbe utilizzato sia i servizi segreti greci (Eyp) che il malware per spiare non solo i suoi principali avversari politici e alcuni importanti editori del Paese, ma anche i membri del suo stesso partito e le loro famiglie.
Le vittime di questo sistema (soprannominato da Documento «sistema Maximos», dal nome della sede dell’ufficio del primo ministro, Villa Maximos) venivano inizialmente messe sotto sorveglianza per «motivi di sicurezza nazionale» dall’Eyp, che nel frattempo si occupava di identificare i loro contatti frequenti, come familiari e coniugi. I bersagli del sistema Maximos e i loro cari venivano poi presi di mira da Predator attraverso l’invio di link infetti. Al momento non è chiaro se tutte le persone attaccate con Predator abbiano aperto questi link: la maggior parte delle persone contattate da Documento ha dichiarato di non essere a conoscenza dello spyware o ha scelto di non rilasciare dichiarazioni.
La lista pubblicata dal settimanale include non solo l’ex primo ministro Antonis Samaras, il ministro degli Esteri Nikos Dendias e la parlamentare Olga Kefalogianni, tre esponenti del partito Nuova Democrazia che avrebbero potuto dare filo da torcere a Mitsotakis, ma anche alcuni suoi fedelissimi, come i ministri dello Sviluppo, del Lavoro e del Turismo.
Tra i nomi citati da Documento appaiono anche quelli di due ex ministri della Protezione civile (il dicastero che si occupa della lotta alla criminalità, della gestione di catastrofi naturali e della sicurezza delle frontiere), tra Olga Gerovasili, capogruppo del partito di sinistra Syriza e stretta collaboratrice di uno dei principali avversari politici del primo ministro, Alexis Tsipras.
Alla lista si aggiungono anche numerosi esponenti del Partito Socialista (Pasok), tra cui l’europarlamentare Nikos Androulakis, il primo a denunciare quest’estate di essere stato sorvegliato dall’Eyp e attaccato con Predator. Tra i bersagli dello spyware risultano infine anche il direttore del quotidiano Kathimerini e altri imprenditori legati ad alcune delle famiglie più influenti del Paese, i Vardinogiannis e i Giannakopoulos.
Lunedì scorso il giornalista ed editore di Documento Kostas Vaxevanis si è recato alla Corte suprema, che nel frattempo ha già annunciato l’inizio di un’indagine sulla questione. Il portavoce del governo ha rilasciato un comunicato in cui respinge le accuse del giornale per mancanza di prove, dichiarandosi favorevole all’idea che l’inchiesta venga «analizzata a fondo dalle autorità e soprattutto dalla magistratura greca».
Dopo tre giorni di silenzio, Mitsotakis è apparso in televisione lunedì scorso e ha dichiarato che né lui, né i servizi segreti greci hanno mai utilizzato Predator. «Saremo il primo Stato ad affrontare questo problema e a emanare una legge che bandirà esplicitamente la vendita di software simili nel nostro Paese. Non l’ha fatto nessun altro Stato, anche se tutti hanno lo stesso problema» ha rilanciato il primo ministro. Al momento, infatti, l’acquisto di Predator è consentito, mentre il suo utilizzo è illegale.
L’inchiesta di Documento arriva non solo a poche settimane dalla fine dell’infruttuosa inchiesta parlamentare sul caso Androulakis, ma anche a qualche giorno dalla visita della commissione d’inchiesta del Parlamento Europeo sull’uso di Pegasus e altri spyware di sorveglianza (Pega) ad Atene. «Tutto punta in direzione di persone vicine al governo», aveva commentato venerdì scorso l’eurodeputata Sophie in ‘t Veld. «Possiamo provarlo? No, perché non abbiamo le informazioni che ci servono. Se le autorità decidessero di declassificare queste informazioni, allora avremmo le prove. La presunzione d’innocenza esiste, ma non per questo motivo dobbiamo essere ciechi e sordi».
Per Mitsotakis, la storia si ripete: già negli anni Novanta suo padre, l’ex primo ministro Konstantinos Mitsotakis, aveva ordinato ai servizi segreti di intercettare le conversazioni di alcune personalità politiche con l’aiuto di un funzionario della compagnia telefonica nazionale. Ma se Mitsotakis padre riuscì a uscire indenne dallo scandalo, lo stesso potrebbe non succedere per il figlio: secondo Euractiv, alcuni membri dell’opposizione starebbero già preparando una mozione di sfiducia.
«Mitsotakis controlla gran parte dei media, ma difficilmente riuscirà a sopravvivere a uno scandalo di queste dimensioni», ha commentato l’europarlamentare ed esponente di Syriza Stelios Kouloglou. «Sta cercando di prendere tempo e proverà a resistere al potere a ogni costo. Se lasciasse il governo e perdesse il controllo della magistratura non riuscirebbe a evitare le conseguenze giudiziarie dello stato parallelo che ha messo in piedi».