Fake news sul climaL’ambiguo rapporto tra Elon Musk e l’ambientalismo non va sottovalutato

Disinformazione, pubblicità ingannevole, greenwashing: le nuove regole di moderazione dei contenuti su Twitter preoccupano accademici e attivisti. Intanto, il Ceo di Tesla e SpaceX ha licenziato i due capi del “Sustainability Team” del social e annullato un importante progetto nel campo ambientale

AP Photo/LaPresse

Ecologista o opportunista? Tra i tanti dilemmi che suscita la figura di Elon Musk, quello sul suo rapporto con l’ambientalismo è sicuramente tra i più cruciali. Ceo di Tesla e SpaceX, il multimiliardario ha per anni raccontato la sua avventura imprenditoriale come una missione ambientalista. Ma proprio la sua ultima vittoria, la conquista di Twitter, ha allarmato più di qualche attivista per il clima. E iniziano a diffondersi timori sulla proliferazione di fake news sul clima sul social fondato a San Francisco nel 2006. 

Musk, dopo aver completato le fasi di acquisizione, ha infatti deciso di licenziare i due capi del team di Twitter che si occupava di sostenibilità. Il tutto a due giorni dall’inizio della Cop27 a Sharm el-Sheikh. Non un gran biglietto da visita. Anche perché tra i primi effetti c’è stato lo stop ai tweet dell’account verificato Twitter Earth, che doveva fungere da amplificatore della voce dei delegati presenti in Egitto: il profilo ha smesso di pubblicare contenuti a partire dal 4 novembre, in concomitanza con i licenziamenti decisi da Musk. 

È però la gestione complessiva del social a preoccupare di più gli esperti e gli attivisti. Musk si è dichiarato «un estremista della libertà di pensiero». Un’espressione che, se applicata al cambiamento climatico, non promette nulla di buono. Almeno secondo Naomi Oreskes, docente di Storia della scienza all’Università di Harvard e autrice di importanti studi sulla disinformazione climatica. 

Parlando con l’agenzia Afp, la docente ha dichiarato: «Non è chiaro cosa Musk intenda fare davvero. Tuttavia, se eliminerà la moderazione dei contenuti possiamo aspettarci un’ondata di disinformazione e un aumento delle pubblicità ingannevoli e di greenwashing». Il neo patron di Twitter ha rassicurato sul tema, dicendo di non aver la minima intenzione di modificare la linea del social in fatto di clima e ambiente. Ma dall’inizio del suo “regno”, gli hashtag negazionisti sul cambiamento climatico hanno di fatto sovrastato quelli ambientalisti. Una coincidenza, forse. Ma la coalizione Climate action against disinformation ha comunque espresso la sua forte preoccupazione. E Sophia Kianni, attivista ambientale statunitense di origini iraniane, ha denunciato che Twitter ha improvvisamente annullato un progetto con la sua non-profit Climate Cardinal: una decisione presa nel bel mezzo della Cop27. 

Sophia Kianni alla Cop27 (AP Photo/LaPresse)

Eppure, Elon Musk ha sempre fatto del suo ambientalismo un punto di forza. Nel 2016 dichiarava: «Dobbiamo educare la gente a ribellarsi e a combattere la propaganda dell’industria dei combustibili fossili, che è implacabile ed enorme». La sua fede nel progresso scientifico è pressoché incrollabile. Durante il suo incontro di luglio con Papa Francesco, ha rassicurato il pontefice dicendogli che «la tecnologia salverà il mondo». 

Non a caso, la sua creatura forse più celebre, Tesla, è la principale azienda produttrice di macchine elettriche al mondo. È stata creata da Musk per «accelerare la transizione verso un modello di trasporti sostenibili», ma è finita al centro di polemiche proprio per la sua dubbia sostenibilità (non solo ambientale). A maggio di quest’anno, l’agenzia di rating S&P ha deciso di escluderla dal suo indice Esg (Environmental, social, and corporate governance) che raccoglie le aziende più sostenibili. Una decisione dovuta alla «mancanza di una strategia per abbassare le emissioni di carbonio» e alle cattive condizioni di lavoro segnalate nella fabbrica di Tesla a Fremont, in California. La risposta di Musk non è stata molto tenera: miliardario ha definito le metriche Esg «l’incarnazione del diavolo». 

Non è la prima volta che Tesla fa litigare Musk con gli ambientalisti. Nel 2020, gli attivisti per il clima tedeschi erano riusciti a bloccare la costruzione di una nuova fabbrica dell’azienda che avrebbe comportato il disboscamento di un terreno equivalente a centocinquanta campi di calcio. La battaglia legale non si è ancora conclusa. 

Nel frattempo in Indonesia è scoppiata un’altra grana. Le organizzazioni non governative hanno protestato a gran voce contro la decisione di Tesla di investire nell’industria del nichel indonesiana. L’attività di estrazione di questo materiale comporta infatti deforestazione e inquinamento dei corsi d’acqua.Ma anche in questo caso la casa automobilistica ha fatto spallucce. Il nichel, così come il rame, è infatti preziosissimo per costruire le auto elettriche. Inoltre gli esperti sono scettici sulla reale ecosostenibilità del litio, altro materiale essenziale per l’industria di Tesla.

Anche SpaceX è finita nell’occhio del ciclone. Il progetto aerospaziale di Musk richiede infatti molti test di lancio. Per eseguirli, il miliardario ha affittato un esteso territorio nel sud del Texas. Peccato che i continui lanci falliti stiano gravemente danneggiando il Lower Rio Grande Valley National Wildlife Refuge, area naturale protetta di 90.788 acri. Gli studi hanno dimostrato una diminuzione dell’attività degli animali selvatici che popolano l’area. In che modo? Ad esempio, gli esperti stanno evidenziando una riduzione dei siti di nidificazione del piviere delle nevi, una specie di uccello già gravemente minacciata dai cambiamenti climatici. Discorsi simili per altri animali selvatici come le tartarughe marine e l’ocelotto (già in via di estinzione). Il Lower Rio Grande Valley National Wildlife Refuge comprende inoltre spiagge, praterie, dune costiere: tutte a rischio a causa dei detriti dei razzi e delle attività industriali dietro SpaceX. 

Come se non bastasse, da tempo Musk ha ben quattro jet privati (da cinque a quattordici volte più inquinanti di quelli commerciali, secondo uno studio di Transport & Environment). Una passione sempre meno tollerata dagli ambientalisti di tutto il mondo, ma a cui il miliardario non sembra disposto a rinunciare.

Eppure, qualche passo indietro in questi anni c’è stato. Nel maggio 2021, Tesla aveva annunciato che non avrebbe più accettato il Bitcoin per l’acquisto dei suoi veicoli. «Siamo preoccupati per il rapido aumento dell’uso di combustibili fossili per l’estrazione e le transazioni in Bitcoin», aveva scritto Musk su Twitter. Per poi aggiungere: «Riprenderemo a trattare il Bitcoin quando la sua produzione sarà più sostenibile». Qualcuno potrebbe pensare di fare lo stesso con le sue aziende.

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