Il gran parlare di «anatra zoppa», di un Presidente americano bloccato da una maggioranza del Congresso controllata dall’opposizione, nei giorni scorsi a proposito del possibile esito delle elezioni americane di midterm, può essere una buona occasione per discutere dei pregi e dei difetti del presidenzialismo.
Soprattutto perché la cronaca politica delle scorse settimane in Francia ci presenta un caso interessante di un presidente, Emmanuel Macron, che invece riesce a governare, sia pure con molte mediazioni, a non essere quindi un’anatra zoppa, pur dovendo far passare le sue leggi e i suoi provvedimenti in una Assemblea Nazionale nella quale le sue opposizioni sono maggioranza.
Questo perché Charles De Gaulle, tra il 1958 e il 1962 ha riformato la Costituzione francese in senso presidenzialista, avendo ben presente appunto l’esperienza americana dell’anatra zoppa, di un presidente eletto dal popolo che però di fatto è privato però di iniziativa legislativa a causa di un Congresso in cui la sua opposizione è maggioranza.
Due sono le chiavi di volta dell’innovazione presidenzialista introdotta da De Gaulle in Francia. L’articolo Costituzionale 49.3 e il potere presidenziale di scioglimento del Parlamento. Entrambe non previste dalla Costituzione americana.
Grazie all’articolo 49.3 in Francia il governo nominato dal presidente della Repubblica, eletto direttamente dal popolo, può dare per approvata, pubblicare sul Journal Officiel e quindi fare entrare in vigore una legge senza alcun passaggio o approvazione del Parlamento.
Contro la decisione del presidente e del suo governo di applicare l’articolo 49.3 nella Costituzione gollista francese è previsto che l’opposizione possa reagire mettendo ai voti una mozione di censura su quella legge. Mozione che, se approvata a maggioranza, fa decadere la legge contestata con conseguenza immediata di crisi del governo.
Ma per evitare questo esito negativo, il presidente francese può minacciare l’opposizione di sciogliere il Parlamento e di indire nuove elezioni.
È esattamente quanto ha fatto esplicitamente Emmanuel Macron che ha così ottenuto più volte che leggi governative – inclusa la legge di bilancio – entrate in vigore senza passaggio parlamentare grazie all’articolo 49.3, non venissero colpite dalle mozioni di censura, tutte non approvate a maggioranza dall’Assemblea Nazionale.
Infatti, queste mozioni di censura nelle scorse settimane sono state votate più volte dall’estrema destra del Rassemblement National di Marine Le Pen e dalla Nupes di Jean Luc Mélenchon, ma non dai neo gollisti Les Républicains, che peraltro, in cambio del loro voto di astensione, sono riusciti a contrattare col governo l’approvazione di alcuni emendamenti.
Dunque, la minaccia di uno scioglimento del Parlamento ha pienamente funzionato.
Soprattutto, Emmanuel Macron, grazie mille alla Costituzione di De Gaulle, è così riuscito a sterilizzare sul piano legislativo, sia il populismo di destra che quello di sinistra.
Di fatto, grazie a questi poteri presidenziali, la Francia, si garantisce una ininterrotta stabilità di governo dal 1958 ad oggi.
Naturalmente si può ben discutere se questa grande concentrazione di poteri nel presidente e, di riflesso, nel suo governo non sia eccessiva e se non sia quindi eccessivamente penalizzante per i poteri effettivi di un Parlamento, anch’esso eletto direttamente dal popolo.
Questa, ad esempio era la posizione della Bicamerale per le riforme costituzionali presieduta da Massimo D’Alema che nel 1997 approvò una proposta di elezione diretta del presidente della Repubblica. Ma non gli conferì affatto il potere di applicare un meccanismo uguale a quello dell’articolo 49.3 della Costituzione francese.
Di fatto, in quella proposta della Bicamerale, i poteri del presidente della Repubblica eletto dal popolo erano previsti uguali a quelli della Costituzione del 1948.
Non sarebbe male se, un giorno, di questi temi, si potesse discutere con relativa tranquillità anche in Italia.