Triste, solitario y final/4Il paralizzante smarrimento del Pd milanese per la candidatura di Moratti

L’europarlamentare Pierfrancesco Majorino spiega a Linkiesta che potrebbe candidarsi alle primarie dem per le elezioni regionali, mentre il suo partito è indeciso tra una degna battaglia di testimonianza oppure provare a strappare la Lombardia alla destra

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Cosa succede nel Pd milanese, primo partito anche alle politiche, al governo della città quasi da vent’anni, con una classe dirigente giovane e di qualità, all’indomani della sconfitta elettorale nazionale e alla vigilia delle elezioni regionali dopo la rottura di Letizia Moratti con il centrodestra? È «un partito stretto tra Calenda e Conte che rischia la paralisi» dice Stefano Lampertico, già sindaco di Gorgonzola, direttore di Scarp de’ Tenis, il giornale dei senzatetto milanesi amato da papa Francesco e sul quale scrivono molte grandi firme del giornalismo milanese, uno dei tanti luoghi dove s’invera la tradizione del socialismo umanitario che ebbe nella capitale lombarda il suo più importante laboratorio e si intreccia con quella del cattolicesimo democratico e sociale interpretato dal Cardinale Martini. All’appello di Enrico Letta a iscriversi Lampertico risponde così: «Sono tra i seicento fondatori del Pd e rispondo: perché no? a patto però che il Pd torni a essere utile nei luoghi dove non c’è più, al fianco di quei volontari, quelle associazioni, quei pezzi di società civile che danno ogni giorno risposte a chi soffre. Sono il nucleo trainante di una possibile maggioranza progressista, anche in Lombardia ma, a parte i sindaci, non ha rappresentanza politica».

Parla di «smarrimento» Serafino Sorace – 34 anni, si occupa di risorse umane per un’azienda privata, ha militato da giovanissimo in Rifondazione Comunista, poi ha lasciato la politica per un lungo periodo – segretario del circolo dem dell’Ortica, 80 iscritti in uno dei quartieri storici di Milano, una periferia popolare amatissima da Enzo Iannacci e Dario Fo. Il suo circolo è un punto di riferimento per il suo quartiere e per la zona che va da Crescenzano a Lambrate: «Nel circolo ci sono molti che lavorano nel terzo settore e anche alcuni amministratori, per questo le persone si rivolgono a noi per risolvere i problemi concreti della loro vita».

Mentre Serafino parla mi viene in mente una generosa idea di Maurizio Martina, segretario provvisorio dopo Matteo Renzi e la sconfitta del 2018. Martina convocò una riunione della segreteria nazionale nella libreria di Tor Bella Monaca, quartiere simbolo delle periferie degradate romane che – basta guardare le foto dell’evento – divenne una grottesca rappresentazione nella quale la distanza siderale tra quei dirigenti e quel mondo si leggeva nelle loro facce smarrite e spaesate, in una realtà che non conosceva e che non li conosceva. «Noi qui siamo aperti quasi sempre, Ci occupiamo delle bollette, di aiutarle le persone ad aprire uno Spid, durante la pandemia abbiamo fatto la raccolta alimentare per aiutare quelli più in difficoltà. Vengono da noi perché ci conoscono e si fidano, non abbiamo bisogno di fare un tour in periferia», mi racconta Sorace.

Ecco, proprio il fatto che questo partito così vitale sta implodendo per la candidatura di Letizia Moratti conferma la crisi esistenziale in cui è finito il Pd dopo la sconfitta elettorale che mi colpisce fin dall’inizio di questo viaggio nella sua crisi. Al di là di come la si pensi sulla candidatura (anche se i sindaci e dirigenti lombardi “sospettati” di essere favorevoli a un accordo con Letizia Moratti cui ci siamo rivolti, ve lo diciamo subito, tacciono) c’è questo paradosso che Sorace che pure è contrario a un accordo su Letizia Moratti («ho cominciato a fare politica con il movimento arancione di Giuliano Pisapia che la sconfisse» esprime così: «È assurdo che una rottura nel centrodestra diventi un problema del Pd. Lo diventa perché mentre Movimento 5 stelle e Terzo Polo hanno leadership forti noi non riusciamo più a dettare l’agenda del centrosinistra. Questo immobilismo nasce dal fatto che il Pd è dominato da logiche da ex, utili solo alle correnti di potere e non al confronto sui temi e alla discussione sulle idee».

L’europarlamentare Pierfrancesco Majorino, leader della sinistra pd milanese e già assessore della prima giunta Sala, annuncia a Linkiesta la sua probabile candidatura alle primarie del centrosinistra: «Vedremo. In questi giorni chiariremo finalmente tutto. Se vi sarà un candidato unitario o passeremo dalle primarie e a quel punto deciderò. Manca davvero poco a sciogliere questi nodi».

L’europarlamentare è stato il primo a stoppare l’ipotesi Moratti e sembra aver trascinato tutto il partito: «Nel pd lombardo non ho ascoltato molte voci pro. Fino a due settimane fa Letizia Moratti la era la persona che trattava con Meloni e Salvini per diventare presidente. La cosa le è andata male così ha aperto discussione con terzo polo. È una donna della destra italiana. Autorevole, certo, ma l’autorevolezza non basta».

«Credo che molti vogliano fare implodere il Pd – afferma Lampertico – Le possibilità sono due: una degna battaglia di testimonianza con un candidato di centrosinistra doc, oppure provare a strappare la regione alla destra che la governa da 30 anni. Ovvero scegliere la purezza e la testimonianza e la possibilità concreta di vincere. Sono due prospettive rispettabili, ma io penso che bisognerebbe sedersi attorno a un tavolo con Moratti e porre alcune questioni dirimenti per le persone fragili e i ceti più poveri. La Lombardia è il motore dell’Italia, ma anche qui crescono povertà e diseguaglianze. E se si imballa il motore Lombardia si ferma l’Italia, quindi: più sanità pubblica, più trasporto pubblico, politiche sul lavoro, inclusione. Porrei queste questioni prioritarie e, come si dice a poker, andrei a vedere le carte».

«Se Letizia Moratti dicesse: scusate, sin qui ho sbagliato tutto, le premesse per un confronto magari ci sarebbero. Io credo che la sua sia solo una mossa tattica che nasce dalle difficoltà della destra. Per altro è la stessa che ha presentato mesi fa una riforma che Azione ha tanto criticato in consiglio regionale. Moratti è alfiere della privatizzazione della sanità. Oggi scopre il valore della sanità pubblica e territoriale per questioni tattiche. Detto questo, che è il mio convincimento, sul piano del consenso sarebbe una catastrofe. Perché mezzo mondo non ci seguirebbe. C’è solo una cosa peggio che perdere contro Fontana. Perdere sostenendo la Moratti».

(Quarto di una serie di articoli)