Il progetto europeo si chiama Acquavitis, ma i superalcolici non c’entrano, anche se ha molto a che fare con il modo di coltivare la vite e quindi di produrre il vino e i suoi derivati. L’idea guida è trovare il modo di risparmiare sull’acqua, risorsa sempre più preziosa, senza danneggiare il prodotto.
Si tratta, come da protocollo, di preservare e tutelare l’ambiente e promuovere l’uso efficiente delle risorse nell’area transfrontaliera tra il Nordest italiano e la Slovenia.
La zona è quella del Collio, vocata a produzioni vitivinicole di pregio alle quali, fra le prime in Italia, è stata riconosciuta fin dal 1968 la Denominazione d’origine Controllata. Vigneti spesso esposti a mezzogiorno, che producono grandi bianchi – Pinot, Tocai friulano, Sauvignon e l’uvaggio Doc Collio Bianco – ma anche Collio Rosso, Cabernet, Merlot. E che quest’estate, come è accaduto un po’ dappertutto, sono stati colpiti da una siccità devastante che ha ridotto ai minimi termini le riserve d’acqua e prosciugato perfino fiumi in genere impetuosi come l’Isonzo.
Arriva quindi molto a proposito il monitoraggio delle precipitazioni invernali e primaverili alla base dello studio, che permette di prevedere gli ormai inevitabili stati di crisi estive e di consigliare il trattamento più adatto per le coltivazioni. Secondo il principio ormai affermato per cui non potendo, in tempi brevi, influire sul clima, si possono solo mettere in atto degli adattamenti e delle strategie per mitigarne gli effetti.
Le ricerche, condotte dal gruppo di idrogeologia dell’Università di Trieste, come parte di un gruppo di sei atenei italiani e sloveni, non riguardano solo i volumi delle piogge, ma anche l’analisi della natura del terreno e della sua capacità di assorbire e trattenere l’acqua.
Il monitoraggio delle precipitazioni nel corso di tutto l’anno, infatti, è strategico per determinare il dosaggio idrico ottimale delle coltivazioni vinicole, e questo è utile sia per andare incontro alle reali esigenze della pianta per un raccolto di qualità, sia per favorire un uso razionale dell’acqua. I dati raccolti finora dalle attività di ricerca dei sei partner rappresentano un punto di riferimento per l’avvio di nuovi protocolli di irrigazione sostenibili.
L’obiettivo è fornire acqua alle viti solo quando e dove necessario e sempre nella minima quantità indispensabile, senza sprecare nulla. A questo scopo i dispositivi di irrigazione a goccia vengono studiati sperimentalmente innanzitutto in due vigneti transfrontalieri. Stabilite le linee guida, tutti i dati e le esperienze acquisite vengono resi disponibili su una piattaforma utilizzabile da agricoltori, studenti e ricercatori.
Data la natura carsica del terreno della zona, che comprende il Collio tanto italiano come sloveno – l progetto ha coinvolto diverse aree transfrontaliere, una nella zona del Carso immediatamente dietro Trieste, un sito in Italia e un sito in Slovenia, un altro nella zona della valle del Vipacco e poi altri due in territorio friulano – il monitoraggio ha riguardato in modo particolare anche le risorse idriche sotterranee.
È emerso che le precipitazioni invernali/primaverili – non solo quelle estive – sono molto importanti per la ricarica idrica dei terreni per la vite, perché depositandosi nel sottosuolo, rappresentano una risorsa, una sorta di serbatoio, che viene poi sfruttato nel corso dell’estate. Una volta che l’acqua si infiltra nel suolo, infatti, spiegano i ricercatori – mantiene la sua “firma” anche quando viene utilizzata delle piante. Monitorando le acque di precipitazione contestualmente a quelle presenti nei terreni e nella linfa xilematica proveniente dai tralci delle viti, è possibile tracciarle e stabilire quali acque stanno utilizzando le piante e quando queste si sono infiltrate nel terreno.
«L’estate appena passata – spiega Luca Zini, docente di idrogeologia all’Università di Trieste – è stata una delle più siccitose e con ripetute ondate di calore. Tutto ciò ha comportato un veloce esaurimento delle riserve idriche accumulate nel suolo, mettendo in crisi tutti i vigneti. Questo ha comportato una riduzione nella produzione e contestualmente una diminuzione della qualità del prodotto, in particolare nei terreni sprovvisti di impianto di irrigazione. In futuro, visti i cambiamenti climatici in atto, ci sarà sempre più bisogno d’acqua per mantenere gli standard di qualità, e il monitoraggio del regime delle precipitazioni invernali/primaverili può darci indicazioni sulla criticità dell’estate successiva e quindi permetterci già durante la primavera di programmare strategie differenti per andare incontro alle necessità delle coltivazioni».
«Il progetto, che si è appena concluso, è stato avviato durante l’estate 2020 che, al contrario di quella appena trascorsa, fu ricca di precipitazioni. Questo», conclude Zini, «ha permesso un monitoraggio in diversi contesti e ci ha permesso di testare come – in differenti condizioni geologiche e climatiche – andasse a modificarsi il bisogno di acqua per la vite».