Tra l’accelerazione nella digitalizzazione e l’arrivo di Millennial e Generazione Z tra i clienti e il personale impiegato, le banche stanno vivendo una trasformazione radicale. «Cambia la customer experience e cambia di conseguenza la employee experience», ha spiegato Andrea Zirilli, VP Sales Italy di The Adecco Group, nel quarto e ultimo appuntamento del ciclo di incontri “Il lavoro che verrà”, dedicato proprio al mondo del banking. Un’occasione preziosa per capire in quale direzione si muove il settore bancario, tra filiali sempre più rare e app di home banking, lavoro in presenza e a distanza, pagamenti tradizionali e fintech.
Con Zirilli, ne hanno discusso Massimo Scolari, presidente di Ascofind, Giorgio Mieli, direttore risorse umane di Banca del Fucino, Salvatore Poloni, co general manager di Banco Bpm, Alessandra Rizzi, Head of Human Resources & Organization di Zurich Bank, Stefano Andreani, founder & ceo di Opentech.com, e Francesca Audino, recruiting coordinator di BNPP Italia.
«Comportamenti sociali, cambiamenti normativi e tecnologici sono i tre driver della trasformazione», ha spiegato Salvatore Poloni. «Assistiamo a una forte accelerazione nella digitalizzazione, ma contemporaneamente bisogna investire sempre più nella relazione con i clienti». E per farlo «occorre che le generazioni più adulte governino e guidino il cambiamento tecnologico insieme ai giovani che entrano, attraverso un investimento in hard e soft skill».
Nonostante le app, l’home banking e il sempre minor ricorso allo sportello, insomma, per le banche il capitale umano continua a essere centrale. Persino in una realtà che, sin dalla sua nascita, è digitale, come Zurich Bank. «Non abbiamo sportelli sul territorio, ma abbiamo comunque mantenuto una relazione forte con il cliente attraverso la rete dei nostri consulenti finanziari», ha spiegato Alessandra Rizzi.
E con l’evoluzione della customer experience, mutano anche le competenze richieste a chi lavora in banca. Contano le competenze tecniche. «Le banche sono sempre più data and tech company», ha detto Francesca Audino. «Occorrono competenze utili a estrarre i dati dei clienti e renderli fruibili a chi deve usarli per costruire soluzioni di prodotti e servizi». Ma senza dimenticare le competenze soft, proprio perché le occasioni di incontri in presenza si fanno più sporadiche. Sia tra clienti, sia tra colleghi. «Serve sviluppare una competenza personale nel considerare normale il continuo cambiamento. Questa anti-fragilità è fondamentale da sviluppare come singoli, ma anche come capacità del sistema», ha spiegato Audino.
E in linea con questa abilità nell’abbracciare il cambiamento è quella che, per Giorgio Mieli, è la parola d’ordine necessaria a descrivere il settore in questo momento di trasformazione, ovvero «diversificazione». Perché, ha spiegato Mieli, «sono differenti le esigenze della clientela, le capacità tecnologiche degli addetti, ma anche i business di riferimento». E questo comporta «conseguenti diversificazioni nella ricerca di personale».
Una diversificazione necessaria anche nel mondo della consulenza finanziaria, come ha spiegato Massimo Scolari. Perché l’ingresso dei più giovani nel settore, sia come operatori sia come clienti, impone un cambio di paradigma. «La figura del consulente finanziario che oggi conosciamo nel giro di pochi anni non ci sarà più», ha detto Scolari. «Non ci si occuperà più solo di investimenti, ma bisognerà spostarsi sempre più sul tema della pianificazione finanziaria, con un lavoro più ampio che risponde alle esigenze delle giovani generazioni di guardare nel dettaglio dove vanno a finire soldi, dove sono investiti, con una grande attenzione ai profili etici e valoriali».
Una trasformazione delle banche e degli investimenti che viene spinta in avanti sempre di più anche dal grande sviluppo del settore fintech, come ha testimoniato Stefano Andreani, alla guida di Opentech. «È necessario sia osservare il comportamento del cliente, sia ascoltarlo», ha spiegato. «Questo vale per i canali tradizionali ma deve essere riproposto nei canali digitali, attraverso l’analisi e la raccolta dei dati, in modo da essere in grado non solo di erogare un servizio che funziona bene, ma anche di monitorare costantemente il comportamento degli utenti e rispondere alle loro esigenze». Con una attenzione sempre maggiore anche alla necessità di garantire la sicurezza delle informazioni sensibili dei clienti, che richiede grandi investimenti nella cyber security. Sia in termini tecnologici sia di competenze.
In questo quadro complesso e sempre più omnicanale che caratterizza il settore, la gestione delle risorse umane nelle aziende diventa quindi strategica. Soprattutto, ha spiegato Poloni, «nell’ottica di anticipare i cambiamenti formando le competenze per tempo».
Da qui la necessità di attirare nuovi talenti nel comparto sia in direzione generale che sul territorio. Con una premessa fondamentale, come ha sottolineato Rizzi: «Una parte importante della trasformazione passa dal cambiamento della leadership, con un nuovo modello di lavoro flessibile che guarda al risultato, al di là del genere e dell’età, e progetti a geometria variabile che si montano e si smontano a seconda della necessità e consentono maggiore visibilità indipendentemente dal ruolo formale ricoperto».