La difesa del Qatar come «Paese all’avanguardia nei diritti dei lavoratori» pronunciata da Eva Kaili, ex vice-presidente del Parlamento europeo ora arrestata per presunta corruzione e destituita dalla carica, sembra il prodotto più esplicito dell’influenza indebita sui processi della democrazia comunitaria di cui è accusato lo Stato mediorientale. Ma non è il più significativo.
Il dibattito in cui questo intervento si inserisce ha generato una risoluzione non legislativa sulla situazione dei diritti umani in Qatar: uno dei tanti «messaggi politici», dalla discutibile efficacia, che l’Eurocamera manda al resto del mondo durante le sue sessioni plenarie.
Il file della discordia
Al governo di Doha interessava probabilmente di più un’altra procedura, quella riguardante la liberalizzazione dei visti per i propri connazionali.
Si tratta di una questione piuttosto tecnica, ma molto significativa. Ad aprile 2022 la Commissione europea propose un’esenzione dall’obbligo del visto per i cittadini di Qatar e Kuwait, subordinata a determinate condizioni che i due Paesi avrebbero dovuto soddisfare.
Trattandosi della modifica di un regolamento europeo, quello sui visti, il processo legislativo prevede che Parlamento e Consiglio adottino ognuno una propria posizione sul tema, prima di negoziarla tra loro.
«Onestamente mi sarei sorpreso se il Qatar non avesse cercato di influenzare questa decisione», dice a Linkiesta l’eurodeputato tedesco dei Verdi/Ale Erik Marquardt, relatore del file nella commissione parlamentare Libe (Libertà civili, giustizia e affari interni).
A decidere se la pressione esercitata rientra nella normale attività di lobbying che esercitano i funzionari dei Paesi stranieri o se è sfociata nella corruzione sarà un’inchiesta della magistratura belga ancora in corso, che al momento conta quattro persone in carcere e circa un milione di euro di contanti sequestrati.
Di certo Marquardt sottolinea un interesse molto sospetto da parte di Eva Kaili, che nemmeno fa parte della commissione Libe, ma come sostituta ha partecipato alla votazione finale sul testo. «Mi ha chiamato più volte, spingendo per accelerare il processo. A un certo punto ha proposto di procedere con il Qatar senza il Kuwait, perché in quel Paese la situazione era più problematica».
La relazione si vota in commissione Libe il primo dicembre e il risultato è una relazione che propone l’esenzione dal visto per i cittadini di Qatar e Kuwait, Ecuador e Oman, approvata con quarantadue pareri favorevoli e sedici contrari. Scorrendo la lista di voto, si nota un appoggio trasversale: Partito popolare europeo, Socialisti e democratici, Verdi/Ale e persino Conservatori e riformisti europei.
Votano contro solo Renew Europe, il gruppo della Sinistra e gli esponenti di Identità e democrazia, oltre a un non iscritto. La posizione favorevole dei Verdi è spiegata a Linkiesta da Marquardt: «Un accordo sull’esenzione dei visti rappresenta una leva politica, perché se si inseriscono determinate clausole lo si può sospendere in caso di arretramenti democratici del Paese in questione. Ad esempio, l’accordo prevedeva la sospensione del regime di esenzione dei visti in caso di applicazione della pena di morte in questi Paesi».
Potrebbero essere le stesse motivazioni del gruppo S&D, il cui comportamento è ora sotto esame perché è quello più toccato dallo scandalo: tra gli arrestati ci sono una sua componente (Eva Kaili), un suo ex deputato (Pier Antonio Panzeri) e un assistente parlamentare alle sue dipendenze (Francesco Giorgi).
In questi casi è il «relatore ombra» di ogni gruppo politico a lavorare sul dossier e a dare poi l’indicazione di voto ai propri colleghi. Sul file in questione, per i Socialisti e democratici, il ruolo era ricoperto da Pietro Bartolo, che al momento non intende parlare con la stampa. L’eurodeputato siciliano, conferma la direzione di S&D, si è dimesso dal ruolo dopo gli arresti che hanno dato il via al cosiddetto Qatargate.
Che tra le sue conseguenze politiche annovera anche il rinvio in commissione Libe del dossier sulla liberalizzazione dei visti per i cittadini qatarioti. Avrebbe dovuto essere votato in questa sessione plenaria dall’aula di Strasburgo, che vista la situazione ha invece deciso di rimandarla indietro per «approfondire la discussione».
Relazioni con il Qatar
Come dice a Linkiesta una fonte parlamentare a Strasburgo, «la tensione si taglia con il coltello», ed è opinione diffusa che altri eurodeputati appartengano alle rete su cui la polizia belga sta indagando per «corruzione, riciclaggio di denaro e partecipazione a un’organizzazione criminale».
Qualcuno lo ha detto in modo esplicito, come l’eurodeputato finlandese Petri Sarvamaa, in un’intervista a Euronews: «Dobbiamo cercare ogni singolo deputato che c’entra qualcosa con quello che sta succedendo. Purtroppo sono sicuro che non è finita: ci saranno altri casi».
Osservati speciali, secondo la fonte consultata da Linkiesta, sarebbero i tredici deputati che appartengono al «Gruppo di amicizia con il Qatar», appena sospeso dal suo presidente, il liberale spagnolo José Ramón Bauzá Díaz.
Ne fanno parte, tra gli altri, gli italiani Dino Giarrusso, Luisa Regimenti e Fulvio Martusciello. Quest’ultimo ha presentato nel giugno 2021 un’interrogazione parlamentare per denunciare «i tentativi degli Emirati arabi uniti di manipolare le organizzazioni di giornalisti per boicottare la Coppa del Mondo in Qatar».
Ovviamente si tratta di una posizione legittima come, fino a prova contraria, tutte le altre espresse in favore dello Stato mediorientale dai rappresentanti del Parlamento. Ma oggi chiunque ha intrattenuto buoni rapporti con il governo qatariota è guardato con sospetto all’interno del Parlamento.