La probabilissima segreteria di Stefano Bonaccini porrà fine (non si sa per quanto tempo) alle “guerre civili” che accompagnano la vita del Partito democratico da sempre, o perlomeno da dopo l’insediamento del primo segretario (2007) Walter Veltroni.
Come tutti sanno, e non è il caso qui di riepilogare i fatti, ciascun leader ha dovuto subire il peso di lotte interne spesso manifeste e ancor più spesso celate ma sempre contornate da manovre, inciampi, tradimenti.
Guerre anche “incivili” che presero sovente il posto di una normale dialettica interna e che hanno estenuato un Partito democratico già segnato dal fallimento di un gruppo dirigente e bastonato alle urne, un partito che ha dunque bisogno di una pax, e Bonaccini ha le sembianze politiche per imporla.
Per come stanno messe le cose, cioè malissimo, a nessuno conviene continuare il massacro e peraltro le elezioni, classico momento di violenta lotta interna, sono lontane. La pax bonacciniana si presenta insomma come una delle condizioni per rimettere in piedi un partito che non riesce a risollevarsi dal knock out del 25 settembre e per ricominciare – in quale senso non è ancora chiarissimo – a fare politica.
Abbiamo già scritto che dopo il 26 febbraio, comunque vadano le primarie, ci sarà un accordo tra i quattro candidati per una gestione unitaria del partito che li veda insieme sul ponte di comando, con ruoli di direzione politica o di garanzia, o come minimo una gestione che escluda velleità di rivalsa da parte dei perdenti.
Dietro questa intesa unitaria si sta disegnando un patto generazionale non scritto, ma di una certa consistenza, che vedrà crescere di ruolo tutta una serie di dirigenti parallelamente al passo indietro dei più rodati – i vari Dario Franceschini, Andrea Orlando, Lorenzo Guerini, Piero Fassino giusto per fare nomi di quattro capicorrente – che comunque non rifiuteranno certo di esercitare la loro influenza sulle nuove leve e che peraltro hanno un sicuro rilievo in Parlamento.
E dunque spazio ai quarantenni. A partire da Elly Schlein che se dovesse essere superata dal governatore dell’Emilia-Romagna è destinata a ricoprire un ruolo di primo piano: vicesegretaria? Può essere, anche se quella poltrona l’ha prenotata Pina Picierno, attuale numero due della campagna di Bonaccini.
Così come bisognerà vedere quale ruolo avranno bonacciniani di sicura fede come Andrea De Maria, bolognese, e l’altro emiliano, di Scandiano, Andrea Rossi: entrambi con altri segretari furono responsabili dell’organizzazione.
Poi nella “rete” del patto generazionale figurano Brando Benifei, capodelegazione dem nel gruppo europeo dei socialisti e democratici, trentasette anni, già vicino alle posizioni della sinistra interna ma passato un po’ a sorpresa con Bonaccini, e il boldriniano Marco Furfaro, quarantadue anni, già responsabile della comunicazione con Nicola Zingaretti.
L’area riformista che dall’inizio si è schierata con Bonaccini potrebbe avere un peso con Alessandro Alfieri, senatore di spicco. E nella nuova guida del Partito democratico – che non è solo compito della segreteria nazionale – non potranno non avere un ruolo importante il sindaco di Firenze Dario Nardella e quello di Pesaro Matteo Ricci, due esponenti all’inizio tentati dalla grande corsa alla successione di Enrico Letta e infine schieratisi con Bonaccini (tra l’altro Ricci è anche il firmatario più noto del manifesto della nascente area di Piero Fassino che ha rotto con Dario Franceschini, passato con Schlein).
Esiste un problema che riguarda i “nuovi arrivati” di Articolo Uno che, as usual, reclameranno un posto in segreteria, ma che certo non sono nelle condizioni di alzare la voce (già ieri tre di loro su cinque si sono distinti alla Camera per non aver partecipato al voto sul decreto che proroga gli aiuti militari all’Ucraina) ma è probabile che Roberto Speranza spenderà la sua influenza per facilitare un rientro nel partito il più soft possibile, e non è detto che sarà così semplice.
Un interrogativo riguarda i gruppi parlamentari, non propriamente “bonacciniani”, anche se molti deputati e senatori sono in marcia di avvicinamento: Debora Serracchiani e Simona Malpezzi dovrebbero restare ai loro posti e anzi contribuire alla pax interna.
Per i lettiani doc non sembra esserci una grande prospettiva essendo il gruppo che ha diretto il Partito democratico in questi due anni finito nel disastro, e comunque Anna Ascani è vicepresidente della Camera e Marco Meloni questore al Senato.
Certo, i nomi non sono nuovissimi alle cronache, è tutta gente già passata per altre segreterie e per altri segretari. Vedremo se realmente i “vecchi” faranno quel «passo di lato» che il governatore auspica e soprattutto se al Nazareno spunteranno facce nuove. Sarebbe anche ora, Bonaccini lo sa. Intanto la pax, però. Se regge.