Mobilità socialeIl falso mito della disuguaglianza che aumenta negli Stati Uniti

Se nelle statistiche non si tiene conto delle elevate imposte pagate da chi ha un reddito alto e non si tiene conto dei consistenti trasferimenti ricevuti da chi ha un reddito basso, è logico che i dati sulla crescente disparità di reddito e opportubità sono sbagliati

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Quasi nessuna affermazione è stata ripetuta così spesso dai media come quella secondo cui la disuguaglianza tra poveri e ricchi è cresciuta in modo massiccio, anno dopo anno, in tutto il mondo e soprattutto negli Stati Uniti. Alcuni studiosi hanno ora confermato che negli Stati Uniti questa tesi si basa su statistiche che non tengono conto dei due terzi dei trasferimenti che il governo effettua a favore dei lavoratori a basso reddito. Allo stesso tempo, le statistiche ufficiali sulla disuguaglianza non tengono conto delle imposte federali, statali e locali, l’82 per cento delle quali sono pagate dal primo 40 per cento (per entità) dei percettori di reddito americani.

«Il risultato netto è che in totale il Census Bureau sceglie di non contare l’impatto di oltre il 40 per cento di tutti i redditi, che derivano da trasferimenti o tasse», scrivono Phil Gram, Robert Ekelund e John Early nel loro eccellente libro The Myth of American Inequality. Essi dimostrano che: «Ci sono almeno un centinaio di programmi federali che spendono ciascuno più di 100 milioni di dollari all’anno per fornire assistenza e sostegno alle famiglie, oltre a un numero imprecisato di programmi più piccoli per risorse stanziate». Di tutti questi programmi, il Census Bureau ne considera solo otto nella sua misurazione del reddito e sceglie di non contare gli altri come componente del reddito per i beneficiari.

Questo metodo statistico non era un problema quando fu introdotto 75 anni fa e questi trasferimenti giocavano solo un ruolo minore. Se nelle statistiche non si tiene conto delle elevate imposte pagate da chi ha un reddito alto e non si tiene conto dei consistenti trasferimenti ricevuti da chi ha un reddito basso, è logico che i dati sulla crescente disuguaglianza sono sbagliati. Se si tiene conto delle tasse e dei trasferimenti, il rapporto tra il reddito del 20 per cento più basso e quello del 20 per cento più alto degli americani è di 4 a 1 e non di 16,7 a 1 come risulta dai dati ufficiali del Census Bureau.

L’economista francese Thomas Piketty è uno dei principali sostenitori della tesi della crescente disuguaglianza. Egli sostiene che la disuguaglianza è aumentata bruscamente in molti Paesi a partire dal 1990. Secondo i dati presentati da Piketty e dagli economisti Emmanuel Saez e Gabriel Zucman nel World Inequality Database, la quota di reddito statunitense detenuta dall’1 per cento più ricco degli americani è aumentata dal 10 per cento al 15,6 per cento tra il 1960 e il 2015. Anche prima di Gramm, Ekelund e Early, altri ricercatori avevano sottolineato che questi dati erano sbagliati. Gli economisti statunitensi Gerald Auten e David Splinter hanno dimostrato che questi dati sono sovrastimati e che, in realtà, la quota di reddito statunitense detenuta dall’1 per cento più ricco è aumentata più moderatamente, dal 7,9 per cento all’8,5 per cento tra il 1960 e il 2015.

Lo stesso vale per la quota di ricchezza statunitense detenuta dall’1 per cento più ricco, che secondo Piketty è aumentata dal 22,5 per cento al 38,6 per cento tra il 1980 e il 2014. Secondo i calcoli di Smith, Zidar e Zwick, invece, nello stesso periodo è aumentata dal 21,2 per cento al 28,7 per cento – per saperne di più su questi e altri studi si può consultare questo sito.

I dati sulla ricchezza escludono il valore attuale dei piani pensionistici a prestazione definita e dei programmi di sicurezza sociale, che distorcono il confronto a svantaggio delle fasce più povere della popolazione. Quando si calcolano i valori patrimoniali, è importante ricordare che essi dipendono soprattutto dall’aumento dei prezzi delle case rispetto a quelli delle azioni. Nei periodi in cui i prezzi delle azioni crescono molto più velocemente di quelli delle case, le persone ricche ne traggono maggiore vantaggio perché possiedono una quota maggiore di titoli rispetto alle persone meno ricche.

Un altro problema è che molti degli studi sulla ricchezza sono metodologicamente deboli, perché mancano dell’elemento dinamico: il movimento tra coorti di reddito o di ricchezza nel tempo, chiamato anche mobilità sociale. Fa una grande differenza – dal punto di vista economico, etico e morale – se il 10 per cento inferiore della popolazione in termini di distribuzione del reddito nel Paese X nel decennio 1 è ancora lo stesso nel decennio 2, o se questo decile nel decennio 2 è ora composto da persone completamente diverse. Il problema è che molte persone che hanno opinioni forti sulla disuguaglianza hanno anche poca o nessuna comprensione delle statistiche. Questo porta più volte a considerare come veri numeri grossolanamente imprecisi.

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