Lazio, sul serioIl riformismo mouriniano di Luciano Nobili, per restituire a Roma il protagonismo che le spetta

Lo slogan della campagna per le elezioni regionali è «Forte e chiaro», senza ambiguità su temi decisivi come il termovalorizzatore

Il candidato del Terzo Polo alle regionali in Lazio, Luciano Nobili
LaPresse / Roberto Monaldo

«Sono nemici di Roma, prima che avversari». Luciano Nobili, classe 1977, ha interpretato al servizio della capitale anche il suo mandato da deputato, nella scorsa legislatura, per esempio con l’impegno per sbloccare il commissariamento dell’anello ferroviario di Roma, atteso da trent’anni. Corre alle regionali del Lazio, dove centrodestra e cinquestelle si saldano su una confusionaria decrescita infelice. Il Terzo Polo rivendica invece la chiarezza. Sul termovalorizzatore, sulle grandi opere, sulle occasioni internazionali da non perdere.

Nobili non crede alla rivalità strapaesana con Milano, ma ai lombardi invidia la capacità di fare squadra di fronte ai treni che, come nei proverbi, passano una volta sola nella vita. Con l’alta velocità ci vogliono due ore e mezza, trenta minuti in aereo, Roma non può partire già battuta. «Nel secolo delle grandi aree urbane, la competizione è tra città più che tra Paesi. In Italia in quel campionato gioca solo Milano, è tempo che Roma torni al ruolo di protagonismo internazionale e nazionale che in passato ha già avuto».

Altre stagioni. Pil a livelli da Nord-Est, dinamicità culturale, poi «il profondo declino». Spesso, fa notare Nobili, le due capitali, a prescindere dall’aggettivo che le accompagnava, hanno conosciuto un andamento inversamente proporzionale. La «Milano da bere» contro la burocrazia capitolina, gli Yuppies travolti da Tangentopoli da una parte e la nouvelle vague rutelliana, la stagione dei sindaci e il Giubileo del 2000. «Dobbiamo liberarci da questo provincialismo che mette in contrapposizione Roma e Milano, hanno due ecosistemi produttivi ed economici assolutamente compatibili».

La bio su Twitter di Nobili recita: «Romano, romanista, riformista». In quest’ordine, «ma non ci ho pensato quando l’ho scritta». Però «tutti dovremmo riscoprire, e questa candidatura è stata l’occasione per farlo, l’origine etimologica della politica». L’arte di governare una città. Una troppo spesso ritenuta ingovernabile, in questo caso. «Mi sento molto romano, amo la mia città e faccio politica per la mia città».

Che poi «romano» coincide con romanista. Padre geometra, madre insegnante: una coppia a tendenza giallorossa, ma flebile. È lui ad accendere una passione, «viscerale fin dalla nascita». Ricorda: «Da bambino li costringevo a fare le vacanze nelle località dove la Roma era in ritiro precampionato». E oggi si professa «mouriniano perso». Nel suo Presepe la statuetta dello «special one» svetta accanto a quella di Totti, entrambe acquistate al mercatino di San Gregorio Armeno a Napoli.

Rappresentante degli studenti tra superiori e università, il primo amore per l’attivismo ha un nome e un cognome. «Se faccio politica c’è un responsabile, Francesco Rutelli. A quindici anni sono rimasto affascinato da questo giovane ambientalista che girava in motorino e si proponeva alla guida della città». Fa il volontario nel suo primo comitato, si conoscono lì, e la prima tessera – oltre a quella dello stadio, si intende – è per il partito fondato dal mentore, la Margherita, della cui ala giovanile Nobili sarà coordinatore nazionale.

Nobili capisce lì come la politica può cambiare, in meglio, la vita dei cittadini. Cioè lasciare un patrimonio alla città. Alle elezioni del 2008 capitana una lista di under30 che fa meglio di partiti più strutturati, dei Radicali e del Psi. Oggi la stessa fascia anagrafica affolla gli eventi del Terzo Polo, il partito più votato dai giovani alle scorse politiche. «Credo che sia un tema cruciale, tra le tante diseguaglianze quella generazionale è una di quelle più sottaciute. Spesso i giovani non sono buoni sindacalisti delle loro ragioni, ma con i loro versamenti contributivi tengono in piedi il Welfare».

La casa dei riformisti e dei libdem sta venendo, faticosamente, costruita. Roma, per una volta, ha anticipato Milano, con la coalizione a sostegno di Carlo Calenda nel 2021. Nobili ha spinto per quello schema politico di rottura e lo rivendica. «Quando i riformisti parlano chiaro, i risultati ci sono. Roma viene da un declino di una quindicina d’anni: è rimasto ininterrotto con destra, sinistra, cinquestelle. È una città frustrata». Bisogna darle una nuova speranza e per questo Nobili si è opposto strenuamente a ogni alleanza con il Movimento, che ha fatto un «capolavoro al contrario» quando ha avuto la chance di amministrare la capitale.

«I cinquestelle sono tre volte nemici di Roma», spiega, e non è un anatema biblico. «Quando l’hanno governata, l’hanno portata al disastro ed è sprofondata nel degrado. Quando a metà mandato Zingaretti li ha portati in maggioranza, hanno bloccato il termovalorizzatore, l’impianto fondamentale per risolvere la questione dei rifiuti. Una terza volta quando hanno fatto cadere il governo Draghi, che aveva dato a Gualtieri i poteri per bypassare la Regione. Prendono in giro i cittadini, raccontando balle sulla differenziata, che è precipitata all’ultimo posto nel Lazio sotto la giunta Raggi. L’alternativa non può essere continuare l’indegna processione di camion che partono da Roma, al costo della Tari più alta d’Italia, e fanno ricche le città meglio attrezzate».

L’ostruzionismo sul termovalorizzatore accomuna i populisti ai sovranisti: catenaccio per il M5S, melina per Fratelli d’Italia, il cui stato maggiore nicchia. «Hanno una posizione surreale, non dicono né sì né no, una specie di tela di Penelope, ripetono le stesse parole di Giuseppe Conte. È un modo velato per bocciarlo». Indecisi, come sul candidato governatore, Francesco Rocca, «la figurina che Meloni ha trovato in questa campagna elettorale».

La premier «mette sempre in campo mezze figure. È la prova della sua scarsa voglia di investire su Roma e questo mi stupisce perché è romana, dovrebbe tenerci. Come sindaco ha candidato l’improponibile Michetti, che infatti ha fallito. Adesso invece di proporre una classe dirigente all’altezza, mette in campo Rocca, che dietro di lui ha i protagonisti – da Storace ad Alemanno – delle stagioni in cui la destra ha fatto solo danni».

Un altro Lazio è possibile. A patto di ripartire dall’eccellenza, «a cui non siamo abituati», ma che è stata dimostrata per esempio sulle vaccinazioni e il contrasto al Covid. Il «miracolo» di Alessio D’Amato, lo chiama Nobili, ma è un miracolo ripetibile. «Ha rimesso in ordine i conti della Sanità, sbloccato investimenti e turnover, ha avviato il recupero della medicina territoriale. Sarebbe un peccato se di fronte a questo il Lazio scegliesse un ritorno al passato».

«Questi anni di declino hanno portato i romani a credere, tra le tante bugie, soprattutto a una, che è la più pericolosa: Roma deve rivedere al ribasso le proprie ambizioni». Ma le rinunce – alle Olimpiadi, alle infrastrutture, al prolungamento della metro C – sull’altare della corruzione presunta e degli sprechi immaginari restano soprattutto occasioni perse, mentre non è che nell’ordinaria amministrazione le cose siano migliorate. Più che arrivare in orario, gli autobus arrivavano in fiamme.

«Roma ha rinunciato alle sue ambizioni e tutto è peggiorato, ma le opportunità vanno colte». La prossima è il 12 e il 13 febbraio.