Contrappeso al populismoCon Pavel presidente la Cechia si ancora alla Nato (e all’Occidente)

L’ex capo del comitato militare dell’Alleanza Atlantica è un sostenitore convinto dell’Ucraina, a differenza dei suoi i rivali politici. Lo sconfitto Babiš era vicino al predecessore filorusso Zeman

Il nuovo presidente ceco, l'ex generale Petr Pavel
Foto da Twitter/@general_pavel

L’ex generale della Nato Petr Pavel è stato eletto nuovo presidente della Repubblica Ceca, battendo Andrej Babiš, a lungo dominus della politica ceca. Pavel ha ottenuto il 58,32 per cento dei voti, superando in maniera netta Babiš, primo ministro tra il 2017 e il 2021. I risultati seguono una campagna elettorale intensa, segnata addirittura da presunte minacce di morte e spesso incentrata sul conflitto nella vicina Ucraina. Parlando dopo l’annuncio dei risultati, Pavel ha detto che hanno vinto valori come la verità, la dignità, il rispetto e l’umiltà.

«La stragrande maggioranza dei cechi condivide questi valori ed è ora di riportarli nel castello e nella politica», ha aggiunto il neopresidente, riferendosi al Castello di Praga, residenza del Capo dello Stato e simbolo del potere politico locale. I cori «Pavel na Hrad» (Pavel al castello) hanno fatto eco ai canti «Havel na Hrad» che avevano riempito le strade e le piazze nel novembre 1989, dopo la fine della Guerra Fredda. Infatti, il generale ha spesso invocato Vaclav Havel, il drammaturgo, dissidente e primo presidente della Repubblica Ceca dopo la Rivoluzione di Velluto contro il regime comunista.

Spesso in jeans e giacca di pelle, Pavel è poliglotta, parla ceco, inglese, francese e russo, e ama il motociclismo. I cechi hanno ammirato il generale Pavel quando era capo di Stato Maggiore ed è entrato nel cuore dei soldati grazie all’eroismo durante le guerre civili nell’ex Jugoslavia. Nel 1992 ha salvato dalle bombe più di cinquanta soldati francesi dalla base militare di Karin.

Il mondo invece lo ha conosciuto come presidente del Comitato militare della Nato. Le doti comunicative di Pavel hanno destato molta impressione nel corso di questa campagna elettorale; non c’è dubbio che abbia sfruttato le sue capacità di negoziazione e l’abilità di conquistare il favore delle persone, apprese nel corso della sua carriera.

Pochi anni fa Pavel ha rilasciato una biografia ufficiale, in cui si racconta a tutto tondo: tra le pagine del libro la sua voce si incrocia con quella del padre, della sorella, della moglie, dei figli e dei suoi compagni d’armi. Il padre, anch’egli ufficiale dell’esercito, lo ha cresciuto in modo ferreo, affidandogli compiti di grande responsabilità sin da piccolo. Stando a quanto racconta, Pavel iniziò la sua carriera alle soglie dell’adolescenza, quando volle iscriversi a una palestra militare e si assicurò il consenso dei genitori per lanciarsi con il paracadute.

Qui ottenne la migliore preparazione per potersi affermare nelle unità di ricognizione. A quel tempo la Cecoslovacchia faceva ancora parte del Patto di Varsavia, ma il peggio della Guerra Fredda era passato. Il giovane Petr Pavel fece la cosa giusta quando, oltre allo studio obbligatorio del russo, imparò anche l’inglese. Così, all’inizio degli anni Novanta, riuscì a diventare uno dei primi soldati, allora cecoslovacchi, a partecipare a una missione all’estero. Lavorò duramente nella polveriera balcanica, aprendosi la strada verso un futuro di alto rango militare, fino ai vertici della Nato.

Non meno interessante è guardare alla vita familiare del generale: nel suo libro ha ammesso di non aver sempre avuto abbastanza tempo per i suoi cari. Nonostante ciò, tutti hanno sottolineato il rispetto reciproco, la tolleranza, l’amore e il sostegno incessante che hanno animato i loro rapporti con il nuovo presidente ceco. Purtroppo per loro, la tendenza non sembra destinata a cambiare: considerando che Pavel è appena passato da pensionato a leader politico, è dura pensare che possa avere molto tempo per la famiglia.

Sebbene i Capi dello Stato esercitino poco potere nella legislazione della Repubblica Ceca, hanno influenza sulla politica estera e sull’opinione pubblica, nonché il potere di nominare primi ministri, giudici costituzionali e banchieri centrali. Pavel ha promesso di provare a risolvere l’inflazione record e le turbolenze economiche dovute alla guerra in Ucraina. «Non posso ignorare il fatto che la gente qui percepisce sempre più caos, disordine e incertezza. C’è l’impressione che lo Stato abbia in qualche modo smesso di funzionare», ha scritto sul suo sito web.

Pavel si è presentato come indipendente ed è stato il più solido dei tre candidati sostenuti dalla coalizione liberal-conservatrice Spolu. Il ballottaggio al secondo turno contro il miliardario Babiš è stato dipinto da molti esperti come uno scontro tra l’oligarchia populista e la democrazia liberale. Posizionandosi come contrappeso al populismo, Petr Pavel ha ancorato la Repubblica Ceca alla Nato e ora punta ad allineare il suo paese all’Unione europea. Nel congratularsi con lui, la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha espresso apprezzamento per il suo «forte impegno nei confronti dei valori europei».

«La questione principale è se il caos e il populismo continueranno a regnare o se torneremo a rispettare le regole… e saremo un Paese affidabile per i nostri alleati», ha dichiarato Pavel dopo aver vinto di misura il primo turno elettorale. Sostenitore convinto dell’Ucraina, i rivali politici di Pavel (in particolare Babiš) durante la campagna elettorale hanno affermato che avrebbe potuto trascinare il paese in una guerra con la Russia. «So cosa significa la guerra e di certo non la auguro a nessuno», ha dichiarato però il generale. «La prima cosa che farei è cercare di tenere il Paese il più lontano possibile dalla guerra».

Il sostegno militare all’Ucraina e le relazioni con la Russia e la Cina sono stati tra i temi chiave di questa sfida elettorale. Andrej Babiš è considerato un populista e un alleato politico del presidente uscente, Miloš Zeman. Babiš ha criticato apertamente le politiche del governo e dell’Unione europea su questioni come la migrazione e il sostegno all’Ucraina. Una vittoria di Babiš avrebbe potuto rendere la vita più difficile all’attuale governo guidato dal primo ministro Petr Fiala, che ha assunto una posizione fortemente filo-ucraina dopo l’invasione da parte della Russia. Il trionfo di Pavel ha però cancellato questa ipotesi.