Le elezioni presidenziali in Repubblica Ceca, il cui primo turno si svolgerà il 13 e 14 gennaio, sono un appuntamento atteso. Il capo di Stato uscente Milos Zeman, al potere da dieci anni, è stato una figura controversa per le sue posizioni sovraniste, filorusse e filocinesi.
Un sondaggio, realizzato da Europe Elects, stima che l’ex premier Andrej Babis, membro del partito liberal-conservatore e populista Ano2011, possa arrivare primo, attestandosi attorno al ventisette per cento dei voti. Il secondo e terzo posto, con il venticinque per cento, potrebbero essere contesi dall’ex generale Petr Pavel e dall’economista Daniela Nerudova, appoggiati dall’alleanza conservatrice Spolu al governo.
Meno speranze per il socialdemocratico Josef Stredula e il nazionalista Jaroslav Basta che difficilmente supereranno il cinque per cento. Al ballottaggio, per una rilevazione pubblicata su irozhlas.cz, la Nerudova e Pavel avrebbero il potenziale per sconfiggere Babis con il sessantuno per cento dei voti.
Il presidente della Repubblica Ceca non ha poteri esecutivi, ma chiunque vincerà influirà sul quadro politico nazionale e sull’immagine del Paese all’estero. Babis è stato accusato di corruzione durante i mandati da ministro delle Finanze e da premier (2017-2021), ma il suo movimento ha ottenuto il maggior numero di voti alle elezioni parlamentari dello scorso anno.
Babis non è stato riconfermato perché tre partiti di centro-destra uniti nella coalizione Spolu (Insieme) e «l’alleanza dei Pirati e Sindaci» hanno raggiunto un accordo ed estromesso Ano2011 dal potere. Le consultazioni presidenziali potrebbero, dunque, trasformarsi in un referendum su Babis e sulla politica estera di Praga. La Nerudova e Pavel sono a favore di rapporti più stretti con l’Unione europea e la Nato, mentre Babis è più vicino a posizioni euroscettiche e filo-Visegrad.
Lo scienziato politico Petr Just, intervistato da Radio Prague International, ha spiegato che «Petr Pavel è stato oggetto di molte critiche a causa del suo passato» dato che è stato membro del Partito comunista e ai tempi del regime si è espresso in favore dell’invasione sovietica della Cecoslovacchia.
Pavel ha come punti di forza «il carisma ed un atteggiamento pacato, da statista» che contrastano «con i toni aggressivi e talvolta isterici di Babis». Tra le priorità di Pavel ci sono l’indipendenza energetica della Repubblica Ceca, il rafforzamento del sistema educativo, la tutela dell’ambiente e un rilancio dell’economia con annessa crescita delle imposte. L’ex capo di Stato Maggiore ha reso trasparente il conto corrente dedicato al finanziamento della campagna elettorale consentendo a tutti di poter verificare la provenienza delle donazioni ricevute.
Danuse Nerudova ha lanciato la propria campagna elettorale asserendo, con un chiaro riferimento ai due principali rivali, che il Paese «non deve essere gestito come una società o un’unità militare ma come una famiglia». L’ex rettrice dell’Università Mendel di Brno promette una lotta senza quartiere alla corruzione e vuole promuovere la lotta al cambiamento climatico.
La Nerudova ha patrocinato l’iniziativa civica Pomoc dětem na útěku in favore dei figli dei rifugiati che si trovano sull’isola greca di Lesbo e ha usato parole di fuoco nei confronti del capo di Stato uscente Zeman definito «un uomo vecchio e malato che è il Presidente dei propri amici ma non dei 10,5 milioni di abitanti della Repubblica Ceca».
Andrej Babis, secondo quanto riferito dall’analista Jiri Pehe sul portale Balkan Insight, si trova in una posizione difficile perché «deve convincere i gruppi anti-sistema della popolazione a votare per lui come forma protesta contro il governo» senza però «alienarsi le simpatie dell’elettorato più moderato di Ano».
Per riuscirci ha espresso critiche nei confronti dell’aumento del costo della vita e della crisi energetica senza dare troppo spazio alla russofilia degli antisistema più radicali che auspicano un’uscita da Nato e Unione Europea. Ha rifiutato di prendere parte ai dibattiti pre-elettorali per rafforzare la propria immagine di outsider alternativo all’establishment e ha promosso la sua esperienza sullo scenario internazionale e, come ricordato da Andrius Tursa, «non deve essere sottovalutato perché esercita una grande influenza su alcuni dei media più importanti».
L’organizzazione non governativa Freedom House, che si occupa di monitorare il rispetto dei diritti civili e politici nel mondo, ha sottolineato le perplessità sull’indipendenza del sistema giudiziario generate dalla nomina di Marie Benesova a ministra della Giustizia nel 2019.
La Benesova ha supportato Babis in più occasioni, sminuendo il suo coinvolgimento in uno scandalo relativo a una frode e dichiarando che altre evidenze controverse erano parte di un complotto per sminuire l’allora primo ministro. L’ex procuratore generale Pavel Zeman ha dichiarato di aver rinunciato all’incarico proprio a causa delle pressioni esercitate dalla Benesova, che ha negato tutto.
Per quanto riguarda la stampa, si ricordano gli atteggiamenti ostili di Babis nei confronti dei media non allineati e il tentativo di controllare la televisione pubblica con nomine poi bloccate dall’opposizione.
Il destino di Babis sembra essere legato all’esito del processo, iniziato lo scorso 12 settembre dopo anni di rinvii, in cui è imputato con l’accusa di frode di sovvenzione. L’ex primo ministro era riuscito a sottrarsi, per lungo tempo, al procedimento giudiziario sfruttando l’immunità parlamentare garantitagli da suo governo di coalizione.
La protezione è, però, stata rimossa da un voto del Parlamento cinque mesi fa. Il 9 gennaio Babis è stato assolto, in primo grado, da un tribunale ceco e, in attesa di un eventuale appello, questa sentenza assumerà una grande importanza.