Le parole non bastanoUna riflessione gestuale in compagnia del Teatro dei Gordi

Sono un gruppo di ex allievi della scuola Paolo Grassi di Milano che lavorano insieme da più di dieci anni. Dopo il successo al Parenti, nel 2023 andranno alla conquista di Londra con uno spettacolo che si ispira alla poetessa polacca Wislawa Szymborska

Noemi Ardesi, Pandora del Teatro dei Gordi

Nonostante il nostro Paese investa poco in arte e cultura, tante sono le storie di successo anche tra le compagnie teatrali italiane: tanta forza di volontà, umiltà, sperimentazione e innovazione sono come sempre le chiavi del successo. Tra le novità e i “talenti” da tenere monitorati c’è senz’altro il Teatro dei Gordi che, dopo aver vinto il prestigioso Premio Hystrio Iceberg alla miglior compagnia emergente nel 2019, a maggio approderà a Londra per la prima volta con Sulla morte senza esagerare al The Coronet Theatre.

La compagnia è un dinamico non luogo – non hanno teatro – aperto a collaborazioni, incentrato su un gruppo di amici e compagni di classe (della Paolo Grassi di Milano) che dal 2010 lavorano insieme: Cecilia Campani, Daniele Cavone Felicioni, Camilla Galloni, Antonio Gargiulo, Giovanni Longhin, Andrea Panigatti, Sandro Pivotti, Maria Vittoria Scarlattei, Giulia Tollis, Matteo Vitanza e dal 2015 il regista Riccardo Pippa.

I Gordi (come più spesso sono chiamati) sono l’emblema di un saper emanciparsi dalla tradizione senza mai negarla, all’insegna dell’ironia a tratti caustica. Il nome è tutto un programma: è un “gustoso neologismo” con molteplici richiami. Da un lato “gordus” in latino significava “sciocco”, dall’altro in spagnolo la parola significa fortunato, ma anche “grasso” con un chiaro riferimento all’Accademia che accomuna i membri della Compagnia. Nel 2015, grazie al bando FUnder35, lavorano sul canovaccio di una “morte maldestra” che deve svolgere il suo mestiere.

Leila Pozzo, Sulla Morte Senza Esagerare, Teatro dei Gordi

Ilaria Ariemme inventa insieme alla compagnia le maschere dello spettacolo che prende in prestito il titolo Sulla morte senza esagerare dalla poetessa polacca Wislawa Szymborska. Lo spettacolo porta Andrée Ruth Shammah a produrre i progetti successivi Visite e Pandora. Oggi il Teatro Franco Parenti, di cui Shammah è direttrice, sostiene la compagnia anche nella distribuzione estera.

Il Teatro dei Gordi si caratterizza per la pervasività del gesto, che finisce per prevalere sulla parola. Come spiega il regista della Compagnia Riccardo Pippa: «Il nostro linguaggio è fatto di gesti più che di parole; non è stata una scelta programmatica, quanto l’urgenza di raccontare immagini semplici, senza tempo, che possano essere facilmente comprensibili e che si aprano a più letture. Il gesto non entra perciò nella nostra arte in modo aprioristico, ma è intimamente strumentale alle situazioni che vogliamo rappresentare e che, ad oggi, sono quelle in cui le parole non ci sono o non bastano più».

Noemi Ardesi, Pandora del Teatro dei Gordi

Tutto ciò rende il teatro dei Gordi estremamente democratico: senza premesse né argomentazioni, proprie della parola e della prosa, si sviluppa sul palcoscenico una riflessione gestuale, quasi nuda e asciutta, che porta lo spettatore a riflettere ben oltre lo spettacolo. Non a caso è prassi di questa compagnia confrontarsi sempre con il pubblico a conclusione della rappresentazione. Tale fase è la “naturale” conclusione di un processo creativo condiviso.

In scena non c’è alcuna improvvisazione, ma l’esito di un lungo (fino a tre mesi) lavoro di tutti i membri della compagnia intorno a situazioni, immagini, frammenti, poesie: si parte dal particolare, da una scintilla creativa per arrivare alla coralità, a un’immagine appunto universale, frutto della somma di emozioni e spunti di riflessione che possono venire anche dal pubblico. Se lo spettacolo non può cambiare nella sostanza dopo la sua messa in scena, nelle repliche si carica di inedite sfumature: in questo modo anche le suggestioni del pubblico possono nutrire le rappresentazioni successive e i successivi lavori.

Noemi Ardesi, Pandora del Teatro dei Gordi

I Gordi sono fortemente convinti del ruolo liberatorio e “catalizzatore di emozioni” del teatro. A monte c’è l’evidente piacere e la volontà di ritrovarsi – in presenza e dal vivo – in un luogo che accomuni tutti, tanto gli attori quanto il pubblico. La stanza del teatro diventa così un luogo catartico e “salvifico” in una società che va in altra direzione, lontano dall’empatia e dal coabitare di passioni collettive. Proprio per tale ragione, il gesto alla base del Teatro dei Gordi non è mai coreografia, quanto piuttosto azione concreta, ponderata e precisa.

La realtà è il vero maestro ed è il punto di partenza, per portare lo spettatore a estraniarsi, a vedere il mondo che lo circonda sotto un altro punto di vista, ma per farlo «l’ironia è fondamentale», spiega il regista Pippa, «essa è parte dell’esistenza e della capacità umana di guardare alla vita nei suoi aspetti più cupi grazie alla leggerezza. Sposti lo sguardo, non lo neghi, e vai avanti o meglio oltre».

Questa leggerezza è trasversale a tutti i lavori di questa compagnia, le cui opere non risultano mai né pedanti, né tanto meno mero intrattenimento. Il loro lavoro è in fondo sempre caratterizzato da un una forte valenza sociale. Non a caso i Gordi stanno lavorando in queste settimane, grazie all’invito e al supporto di “Artisti Associati di Gorizia”, sul tema del confine, che a ben vedere risulta centrale nella loro poetica: il loro agire non è definito, ma chiaro e riconoscibile, si colloca sul filo del rasoio dei vari generi pertinenti all’arte ed è in continua evoluzione.

Lo sguardo teatrale sulla realtà, che per sua natura è uno “sguardo per azioni”, li porta necessariamente a una sintesi scenica che si contraddistingue sempre per la potenza ed efficacia espressiva. Nei luoghi più prosaici vengono spesso calate immagini di miti eterni, quasi atavici: il bagno pubblico dello spettacolo Pandora è così il camerino della vita.

In questo luogo di passaggio, dove tutti ci sentiamo più vulnerabili e accomunati dalla fragilità, possiamo ritrovare qualcosa di profondamente umano. Riprendendo l’eterna Loredana Bertè, “dentro il peggiore motel di questa carretera di questa vita-balera” i Gordi ritrovano il loro volo a planare, un nuovo modo per riflettere insieme sulla grandiosità e sulla miseria della nostra esistenza. Lontano da ogni forma di paternalismo, questi spettacoli ci portano a guardare con bonario e lucido disincanto alle maschere che sempre si indossano, non solo in scena e a teatro.

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