Sì, poi parliamo di tutto il resto: il vincitore (per quei quattro che considerano Sanremo una gara di canzoni); tutti che allungano il loro tempo di permanenza sul palco con «saluto i miei genitori a casa» e «la pace nel mondo» assortiti, e poi quando arriva Gino Paoli e racconta una cosa stupenda i Bibì e Bibò alla conduzione vogliono andare avanti; il tizio con l’anello al naso che limona il marito della Ferragni; Fiorello in vestaglia; l’Ucraina fuori dalle rilevazioni Auditel.
Poi parliamo di tutto il resto, ma prima tocca soffermarsi sulla più invadente telepromozione del Sanremo 2023, che incredibilmente non è quella del divano portato in platea. Prima tocca parlare del lodo ChumHum.
Tutte le televisioni hanno una rigida regolamentazione delle inserzioni di prodotti, persino quando non sono televisioni fatte coi soldi pubblici. È per quello che gli autori di “The Good Wife” s’inventarono ChumHum: perché la Cbs non permetteva loro di dire «Google», senza che ci fosse un accordo commerciale con Google, e scrivi tu una serie nel ventunesimo secolo senza metterci dentro un motore di ricerca.
Poi, siccome gli sceneggiatori erano molto bravi, ChumHum è diventato un pezzo di trama, il suo proprietario cliente dello studio legale, eccetera. In Italia, quando la Rai dice allo sceneggiatore d’un teleromanzo che non si può nominare Facebook, quello perlopiù se la cava facendo dire al personaggio «L’ho contattato sui social».
Che Instagram sia un prodotto è evidente anche ai meno esperti del settore: la Ferragni ha condotto le due serate più importanti di questo Sanremo perché ha successo su quel prodotto lì. In un certo senso, è stato come farsi imprestare una conduttrice da Mediaset (parlandone da viva).
E Instagram non ha un accordo commerciale con la Rai, l’hanno confermato sabato mattina in conferenza stampa, a specifica domanda. Quindi, perché dalla prima sera – in cui Chiara Ferragni ha fatto aprire ad Amadeus un account – Instagram sul palco di Sanremo viene nominato assai più spesso degli sponsor paganti, anche le sere in cui la Ferragni non c’era?
Addirittura, venerdì sera la Rai ha mandato in diretta un pezzo di serata sul canale Instagram di RaiPlay. Cioè: hanno regalato delle visualizzazioni a Zuckerberg, privandone la loro stessa piattaforma.
Aggiungiamo un altro elemento a questo già delirante quadro. Nella conferenza stampa di venerdì, un giornalista ha chiesto quando sarebbe finita l’usanza assurda di lasciare Sanremo disponibile su RaiPlay per due settimane e poi cancellare tutto. Cioè, traduco: può un’azienda dei media non avere sulla propria piattaforma digitale il proprio prodotto più importante?
La direttrice di RaiPlay ha detto che «Rai lavora ogni anno» per allungare questi termini, ma ci vuole il consenso delle case discografiche. Il che fa già molto ridere, essendo nel 2023 il potere contrattuale delle case discografiche pari a quello dei maniscalchi e di MySpace. E fa doppiamente ridere perché qualunque pezzo di qualunque Sanremo sta su canali YouTube privati, dai quali in genere i filmati coperti da diritti vengono fatti rimuovere velocissimamente: tutti, tranne quelli di Sanremo.
Riepilogando: la Rai non riesce ad avere su RaiPlay Alice che canta “Per Elisa”, Alice che però sta sul canale di Vongola75 su Youtube, che quindi monetizza l’Alice non monetizzata dalla Rai; già che c’è, la Rai rinuncia a monetizzare anche Carla Bruni che fa “Azzurro”, lasciando che la gente la guardi in diretta su Instagram. Tutto bellissimo, ma torniamo a «Instagram», parola più pronunciata su quel palco.
Mi pare evidente che la Rai non può aver mentito sull’inesistenza d’un accordo commerciale: i bilanci Rai sono pubblici, nessuno sano di mente mentirebbe su una cosa del genere. È altresì inverosimile persino ai più innocenti occhi della più ingenua Pollyanna che una multinazionale venga pubblicizzata sul palco del più importante programma italiano senza investire nulla.
Mi pare assurdo anche ipotizzare che sia un accordo di Chiara Ferragni, che sul monetizzare è maestra, e che il resto di coloro che fanno Sanremo le siano andati indietro a causa della diffusa illusione di noialtri vegliardi che parlare di social network ci faccia sembrare moderni. Lei fattura, e noi prendiamo i cuori. Non può essere, su. Quindi qual è la spiegazione?
Venendo ai più gravi scandali: sia Morandi sia Paoli hanno commesso la grave infrazione etica di ridurre “Piazza grande” e “Una lunga storia d’amore” a medley; Chiara Ferragni ha omaggiato d’uno scialle Dior la moglie di Morandi, e niente alla moglie di Amadeus (che già s’era presa della Yoko Ono dalla Fagnani tre sere prima); Madame non s’era messa le scarpe; la Oxa non s’era pettinata; il marito della Ferragni le ha come tutta la settimana arrubbato la scena.
Gli altri giorni il signor Ferragni aveva strappato foto, chiesto alla Meloni di legalizzare l’erba, bisticciato con la Oxa; alla finale, porello, non è stata colpa sua: un concorrente gli si è andato a strusciare addosso mentre cantava, l’ha prelevato dalla platea e portato sul palco, e poi limonato. Per bilanciare in favore della famiglia tradizionale, è toccato annunciare dal palco l’imminente matrimonio dei Coma Cose. Per bilanciare l’oscuramento della moglie in quella che doveva essere la di lei settimana, il marito della Ferragni non si è alzato quando la Vanoni ha detto che doveva parlargli, lasciandoci con la curiosità di cosa dovesse mai dirgli.
Curiosità che ci leveranno sicuro (in un documentario, in una storia su Instagram, da qualche parte: non è che ’sta gente abbia una vita privata, solo pubblicazioni diversificate). Sappiamo aspettare. Per esempio, che share faccia l’Ucraina lo sapremo lunedì: la giornata Auditel finisce alle due di notte, e la lettera di Zelensky e gli Antytila sono andati in onda alle due e un quarto.
Sappiamo invece già tutto ciò di cui non ci importa niente: Sanremo l’ha vinto Marco Mengoni. La canzone già non me la ricordo più, i vestiti purtroppo sì, il coro gospel della sua serata delle cover era lo stesso del matrimonio di Meghan e Harry.