Neue-ZeitenwendeA Monaco Scholz dice esattamente quello che gli alleati speravano di sentire

Dopo mesi di reticenze, il cancelliere tedesco fa mostra di decisionismo alla Conferenza di Sicurezza in Baviera: «Non sono le nostre forniture di armi a prolungare la guerra». Per Berlino potrebbe aprirsi una nuova fase, più risoluta, di sostegno all’Ucraina

Il cancelliere tedesco Scholz alla Munich Security Conference 2023
Foto: Twitter/Munich Security Conference

Per la prima volta da diversi decenni, l’annuale Conferenza di Sicurezza di Monaco, la cui edizione 2023 è iniziata ieri, non vede la partecipazione di rappresentanti della Russia. Eppure, come è ovvio, la Russia è l’unico, vero tema della due giorni, dal collegamento d’apertura del presidente ucraino Volodymyr Zelensky fino all’intervento del neoministro della Difesa tedesco Boris Pistorius.

Ma era il discorso del Cancelliere Olaf Scholz a essere uno dei momenti più attesi, cadendo a pochi giorni dal primo anniversario dell’invasione dell’Ucraina e a quasi un anno dal discorso sulla Zeitenwende, spartiacque della politica estera tedesca degli ultimi anni. Monaco, dunque, è stata l’occasione per Scholz per fare un punto sulla situazione, rilanciando il ruolo della Germania e del suo governo all’interno del blocco occidentale.

«L’Ucraina e l’Europa sono più unite di prima», ha affermato il Cancelliere in apertura, sottolineando come «le ucraine e gli ucraini difendono la libertà a prezzo di molte vittime, ma con incredibile risolutezza», prima di ricordare gli aiuti tedeschi in termini di supporto economico e accoglienza dei rifugiati.

Tuttavia, Scholz sa bene che finora è stata proprio la Germania l’osservata speciale del blocco occidentale: prima con i dubbi su Nord Stream 2 e alcune sanzioni, e poi con le titubanze riguardo l’invio di armi, con la questione dei carri Leopard come episodio più recente di una vicenda svoltasi a più riprese.

In diverse fasi, infatti, la Germania si è mostrata in difficoltà, tra la necessità di assumere un ruolo guida a livello europeo in politica estera e la volontà di non esporsi eccessivamente, per tutelare la sua economia. L’anno della Zeitenwende, infatti, è stato prima di tutto l’anno in cui la Germania ha dovuto prendere atto che il suo ruolo di ponte con la Russia è divenuto impossibile, che la sua Ostpolitik che mirava a tenere vicina Mosca attraverso il commercio è naufragata. Un vero e proprio shock d’identità, per Berlino.

Nel suo discorso, quindi, Scholz ha ricordato le decisioni prese subito dopo l’invasione, prime fra tutte l’istituzione di un fondo speciale di cento miliardi di euro per ammodernare l’esercito tedesco e l’impegno a raggiungere presto l’obiettivo Nato di dedicare il due per cento del Pil alla difesa (punto su cui è intervenuto ieri anche il ministro Pistorius, che sostenuto come questa vada considerata una soglia minima).

Ma è il tema dell’invio di armi a colpire maggiormente nel discorso del Cancelliere: Scholz ha infatti affermato come «non sono le nostre forniture di armi a prolungare la guerra», anzi «prima il Presidente Putin si renderà conto che non raggiungerà il suo obiettivo imperialista, maggiori saranno le possibilità di una fine anticipata del conflitto, di un ritiro delle truppe di conquista russe».

Parlando dei carri armati, ha sostenuto la necessità «che tutti coloro che sono in grado di fornirli lo facciano effettivamente ora», aggiungendo che lui, il ministro della Difesa Pistorius e la ministra degli Esteri lavoreranno perché sia fatto «tutto ciò che la Germania può fare per rendere questa decisione più facile per i nostri partner», per esempio «addestrando i soldati ucraini qui in Germania o sostenendoli con forniture e logistica».

È abbastanza facile, tuttavia, scorgere nel discorso di Scholz due livelli. Il primo è legato a ciò che il cancelliere ha espressamente detto: quello di Monaco è un discorso chiaro, netto, senza sbavature, pronunciato nella tradizionale occasione in cui, in Germania, si discutono i temi caldi della politica estera. Il discorso di Scholz è inattaccabile nel suo ricordare il ruolo tedesco nel sostegno all’Ucraina, nel rivendicare l’unità europea e occidentale di fronte all’invasione, nell’esortare a continuare a difendere Kyjiv per difendere la libertà europea.

Un discorso rassicurante nel suo ribadire l’impegno tedesco a sostegno del Paese aggredito, nel rispetto della linea comune decisa con i partner internazionali. Per di più, un discorso che dice esattamente quello che i partner speravano di sentire.

Al tempo stesso, è inevitabile notare un secondo livello, legato a ciò che il discorso non dice. Non è possibile, infatti, pensare alle parole di Scholz sulla posizione tedesca senza ricordare il primo anno di guerra in Ucraina come caratterizzato anche da una certa reticenza tedesca nel sciogliere le riserve su una serie di misure di contrasto allo sforzo bellico russo: dal blocco di Nord Stream 2, su cui Berlino ha sempre tergiversato fino all’invasione, sino al caso recentissimo dell’invio dei carri Leopard, ritardato per settimane da Scholz.

Se è vero che l’attacco russo ha costretto Berlino a trovare una nuova identità politica internazionale, con tutte le fisiologiche (e per certi versi comprensibili) difficoltà del caso, è innegabile che la Germania, in alcune fasi, sia apparsa come l’anello debole del blocco occidentale; e il discorso di Scholz, nel suo rivendicare il ruolo tedesco, non riesce a impedire di pensare anche ai chiaroscuri della transizione tedesca in materia di politica estera. Tanto più se si pensa al passaggio in cui Scholz parla della necessità di evitare escalation: una priorità innegabile, ma che non può non far pensare anche ai tentennamenti tedeschi.

I toni di rivendicazione e decisionismo del discorso si sposano benissimo con la sede in cui è stato pronunciato, ed è del resto ovvio che Scholz debba rivendicare l’operato tedesco senza indulgere in mea culpa. Ma la risolutezza che traspare dalle parole del cancelliere potrebbero non essere solo il prodotto delle necessità causate dal contesto, ma rivelare, al contrario, una nuova fase della Germania nel supporto all’Ucraina e, più ampiamente, nei rapporti europei e occidentali. Per saperlo, dovremo osservare Berlino nei prossimi mesi.