«Due anni fa, lasciando questo Parlamento, vi ho ringraziato per il delizioso tè inglese. Oggi lo farò ringraziandovi, in anticipo, per i potenti aeroplani britannici». Poco prima, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky regala allo speaker della Camera dei Comuni il casco di un pilota. «È di uno dei nostri assi», spiega, e ha una scritta che recita: «Abbiamo la libertà, dateci le ali per proteggerla». La visita a sorpresa a Londra, alleata della prima ora di Kyjiv, segna un ulteriore sforzo della coalizione internazionale. Sbloccati i carri armati decisivi a terra, il Regno Unito, che già addestra migliaia di soldati ucraini, sarà il primo Paese occidentale a insegnarli come guidare i jet della Nato.
In prima fila, a Westminster, ci sono il premier Rishi Sunak e il capo dell’opposizione, il laburista Keir Starmer, probabile prossimo inquilino di Downing Street, con appuntata una bandierina giallo-azzurra sul bavero della giacca. La sala stracolma conferma l’unità istituzionale della Gran Bretagna, che si è distinta nel sostegno al Paese invaso, al secondo posto dopo gli Stati Uniti in quanto agli aiuti militari. L’ex premier Boris Johnson, infaticabile attivista della causa ucraina, si merita una menzione e l’applauso di lord e deputati.
Londra forma i piloti sugli aerei Hawk 2. Di solito ci vogliono sei mesi, ma i tempi potrebbero dimezzarsi per i colleghi ucraini più esperti. Il programma potrebbe basarsi su simulatori per farli abituare alle procedure dell’Alleanza atlantica: l’obiettivo, insomma, è accorciare il periodo di adattamento se e quando a Kyjiv verranno messi a disposizione i caccia. Le tecniche che vengono insegnate, invece, possono essere utili da subito.
Downing Street annuncia nuove sanzioni. Colpiranno organizzazioni che rifornivano la macchina bellica russa, con componentistica per elicotteri e droni. Downing Street si impegna ad addestrare altri ventimila effettivi ucraini e a mandare sistemi d’arma a lungo raggio. Il discorso in Parlamento ha toccato le corde giuste: l’omaggio al coraggio secolare degli inglesi è accostato al «dolore e alle lacrime» del popolo che paga con la vita la difesa della libertà, «nelle trincee sotto il fuoco dell’artiglieria nemica».
Zelensky ricorda la sua prima volta a Londra da presidente, nel 2020. Tra le tappe, lo portano alle War Rooms che furono di Winston Churchill. «La guida mi ha sorriso e mi ha proposto di sedermi sulla sedia da cui venivano dati gli ordini. Mi ha chiesto come mi sentissi. Certamente provavo qualcosa, ma solo ora so quale fosse la sensazione. Tutti gli ucraini lo sanno perfettamente: come il coraggio ti guida attraverso le difficoltà più grandi per portarti infine alla vittoria».
Con Stati Uniti, Regno Unito «e gli altri alleati», dice il leader, «abbiamo formato una coalizione di amici». A Londra è grato per non aver mai accettato compromessi al ribasso. Ringrazia «Rishi», chiamato con il solo nome, per i tank Challenger e per «i missili a lunga gittata, ci permetteranno di far ritirare il male dai territori occupati». Prima di uscire, la stretta di mani con gli ex primi ministri – quella più lunga con l’amico Boris – poi l’onore di essere ricevuto a Buckingham Palace da re Carlo III.
«Sosterremo l’Ucraina finché sarà vittoriosa», dice il ministro degli Esteri James Cleverly. Ai deputati Sunak ha confidato che si aspetta «una vittoria militare decisiva» quest’anno. Perché avvenga, Zelensky con un gesto teatrale al punto giusto ha chiesto al mondo libero protezione dall’alto, cioè aerei da combattimento. Dopo settimane in cui molti governi avevano bocciato l’invio di jet con la scusa che gli ucraini non avrebbero potuto guidarli, perché servivano lunghi mesi d’addestramento, Londra segna un precedente, per ora solo sulla teoria e non sulla prassi.
È la seconda visita all’estero (dopo quella negli Stati Uniti, a dicembre) di Zelensky da quando è iniziata la guerra. In questi giorni, era circolata la notizia di un suo viaggio a Bruxelles giovedì. Le anticipazioni, filtrate alla stampa dai vertici dell’Ue, hanno però potenzialmente compromesso la sicurezza della trasferta. In serata il presidente si è recato a Parigi, per incontrare il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz. Oggi potrebbe poi andare al Consiglio europeo, come inizialmente pianificato.