7,9 miliardi di euro è la cifra da record con cui si chiude il bilancio dell’export 2022 del vino italiano. Un numero che effettivamente non era mai stato registrato fin ad ora, determinando una crescita rispetto all’anno precedente pari al 9,8%. A dare un’interpretazione chiara e meditata di questi dati sono stati l’Osservatorio Unione Italiana Vini (Uiv), l’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo (Ismea) e la stessa organizzazione di Vinitaly, tutti e tre concordi nel riconoscere un mercato italiano forte, capace di resistere davanti all’inevitabile rialzo dei prezzi, portando a casa un risultato più che lodevole. Lo testimoniano ancora una volta i numeri, decretando l’incremento della domanda da parte dei principali buyer stranieri. Al primo posto, con un +10%, gli Stati Uniti si confermano principale mercato dell’export italiano. Seguono la Germania (15% lo share), Regno Unito (+10%), Canada (+11%), Svizzera (+3%) e infine la Francia con un importante +25%.
Eppure, sotto l’apparente prospetto idilliaco presentato fino a ora, si cela un ma, anzi più di uno. Come nota infatti l’Osservatorio Uiv, il record commerciale tanto atteso e ora raggiunto si deve al raddoppio dei prezzi adottato in funzione dell’incremento dei costi, fatto che rende fragile e alquanto preoccupante la situazione consumi prevista per il 2023. Inoltre, nonostante il notevole risultato ottenuto, la Francia continua a occupare la sua posizione nella leadership mondiale con 12,3 miliardi di euro. L’Italia si conferma dall’altra parte primo fornitore a livello quantitativo, ma con volumi che scivolano verso il basso (-3% medio da giugno, con solo primo trimestre positivo) o che restano immutati nelle principali mete esportatrici (Stati Uniti a -6%, Germania a -2%, Regno Unito a -4%). Un capitolo a parte rimane il Prosecco, che con il 20% in termini quantitativi e un +22% in valore, ribadisce lo straordinario successo che sta interessando oggi il mondo delle bollicine, anche nel settore dolce, con un interessante +9% per Asti Spumante. Tutto ciò, a discapito dei vini fermi imbottigliati che faticano invece ad affermarsi (-3% in volume), soprattutto i rossi con -4% in volume e +4% in valore. In relazione a questi ultimi si parla tuttavia di prodotti appartenenti alla fascia di costo più bassa e non di vini premium, che invece vivono un periodo di grande rilevanza, con una nota di merito per quelli piemontesi (+9%), veneti (+4%) e toscani (+6%).
Quanto detto fino ora si rispecchia in una classifica regionale che con oltre 2,8 miliardi di euro di fatturato all’estero e una performance nei dodici mesi superiore alla media italiana (+13,4%) vede il Veneto con il Prosecco fare da apripista nel mercato internazionale del vino. Al secondo e terzo posto troviamo rispettivamente Piemonte e Toscana. Seguono Trentino-Alto Adige (-1,1% il risultato tra gennaio e dicembre 2022) e Emilia-Romagna (+8,9%), che insieme costituiscono il 62,8% dell’export enologico della nazione. Infine, a sorprendere in questa classifica, è la grande spinta sia qualitativa che quantitativa proveniente da Friuli-Venezia Giulia (+39,7%), Marche (+25,9%) e Sicilia (+21%) con il territorio riscoperto dell’Etna.