Non capita spesso, ma talvolta un nome o un titolo raccontano più di ciò che avevano intenzione di dire. Succede a Udine, il cui festival cinematografico dedicato al sud est asiatico, che si chiama Far East Film Festival e che si svolgerà dal 21 al 29 Aprile in questa che è la venticinquesima edizione, allude nel nome, forse indirettamente, anche alla posizione del capoluogo friulano nella penisola: cioè in un lontano oriente italiano. Ma questa simmetria tra i due lontani orienti, asiatico e italiano, ha anche un’altra valenza: così come il cinema asiatico ha nel Far East il suo centro, Bollywood a parte, allo stesso modo il Far East Film Festival ha dato vita al più importante festival del genere in Europa.
Un evento che diversamente dalle altre rassegne concentrate perlopiù sui film d’autore, si occupa di cinema popolare: di quei film cioè che hanno riscosso un successo di pubblico nei rispettivi mercati asiatici. E su questa scia, ma anche su quella che vuole il FEFF sempre più impegnato sul cinema di Paesi asiatici diversi da Hong Kong, Giappone e Corea, presenti fin dalle prime edizioni del festival, ecco programmato per il 29 Aprile, al Teatro San Giorgio, il concerto della superstar thailandese Pyra, alla sua prima apparizione dal vivo in Italia. Un pop contemporaneo il suo, contaminato da sound urbano e atmosfere thai, che portano chi l’ascolta a non poter non ricordare il suo impegno sociale e politico, dimostrato quando i suoi connazionali protestavano contro la riforma monarchica in Thailandia.
E tra i Paesi emergenti sui quali il festival scommette, c’è anche la Mongolia con la commedia The Sales Girl, che racconta, in uno stile divertente ma denso di significato, la parabola di una studentessa mongola che diventa commessa in un sexy shop. L’idea del FEFF a Udine non nasce, nel 1998 da un’intuizione dal nulla di Sabrina Baracetti, ma in un ambiente, quello friulano, molto sensibile al medium cinematografico.
Il Centro Espressioni Cinematografiche, organizzatore del FEFF e membro della Unione Italiana Circoli del Cinema, è nato a Udine nel 1973, e insieme all’associazione culturale Cinemazero di Pordenone hanno fatto nascere, nel 2008, la Tucker Film, società che si occupa anche della distribuzione in Italia di film asiatici. L’idea di un festival sul cinema del Sud Est asiatico a Udine, apparve all’epoca visionaria. Come lo è il nome, appunto Visionario, del cinema multisala cuore del festival: un edificio progettato dall’architetto friulano Ermes Midena e che conserva nell’architettura, malgrado gli interventi di ristrutturazione, il marchio dello stile razionalista degli anni Trenta.
All’epoca, infatti, è con architetture come queste che s’intendeva celebrare il regime. A dispetto dell’estetica architettonica di quegli anni ancora evidente, il Visionario, con i suoi ritrovati tecnologici – dolby surround EX e potenti lampade da proiezione – applicati alla visione cinematografica, le diverse sale e la mediateca Mario Quargnolo intitolata allo storico e critico cinematografico udinese, va ben al di là del cinema, per essere, invece, un luogo da vivere, in cui si fa e si assorbe cultura.
Come del resto fa il Far East Film Festival, che per Udine rappresenta più di una rassegna cinematografica. Il festival esce fuori dalle sale, da quelle del Visionario e dal Teatro Nuovo Giovanni da Udine, è presente in molti negozi con vetrine a tema, incontra la gente nelle piazze e diventa, in definitiva, l’evento di maggior richiamo dell’anno in città. Negli anni i suoi eventi paralleli sono aumentati e sparsi in diversi punti della città.
Accanto ai consueti laboratori di haiku, ikebana e cucina cinese, il Far East Market con le sue bancarelle in Piazza San Giacomo, il teatro e la danza e il Cosplay show. Il bello, è il caso di dirlo, è che poi, al di là del festival cinematografico, Udine è una città bella e colta. Nella quale molti edifici, così come il cinema Visionario, raccontano una storia nella storia. Casa Cavazzini, nel centro storico, è dal 2012, dopo i lavori di ristrutturazione su progetto di Gae Aulenti, sede del Museo d’Arte Moderna e Contemporanea. Le cui opere si integrano, in un emozionante percorso artistico, con i mobili ad incasso di Ermes Midena (architetto della ristrutturazione della casa stessa negli anni Trenta) che arredano le stanze, le tempere realizzate da Afro Basaldella nel 1938 su pareti e soffitti di quella che fu la dimora di Dante Cavazzini, e con gli affreschi risalenti alla seconda metà del Trecento.
La visita di Casa Cavazzini, frutto dell’accorpamento di più case, tra saliscendi, livelli dei pavimenti diversi, pareti colorate, opere d’arte dei tre fratelli udinesi Basaldella e quelle della collezione FRIAM (Friul Arts and Monuments), consistente in arte americana degli anni Settanta, è un viaggio nel viaggio a Udine. Come quello nell’arte grafica che assicura la Stamperia d’arte Albicocco. Nata nel 1974, specializzata nella stampa d’arte calcografica e che ha lavorato per artisti di fama internazionale come l’astrattista Piero D’Orazio e il pittore e incisore Emilio Vedova, nel 1994, grazie al nuovo corso impresso all’attività da Corrado Albicocco, si arricchisce di nuova linfa grazie alla collaborazione di artisti della nuova generazione.
Anche Kobo Shop è una bell’avventura nell’arte: un concept store creativo in cui si trovano soprattutto vinili, graphic design, libri di fotografia, t-shirt di band musicali e vi si tengono piccole mostre. Ma Udine ha anche scritto, a cavallo tra Ottocento e Novecento, pagine rilevanti di storia del design: soprattutto grazie alle sedie. La Società Antonio Volpe, infatti, le cui creazioni fanno anche parte delle collezioni di design di musei internazionali, è stata alla fine dell’Ottocento innovativa nel design industriale e importante nella creazione di mobili e manufatti con la tecnologia della curvatura a vapore del legno, e rivaleggiò con le produzioni della Thonet di Vienna. Al punto che in alcuni casi, sedie, mobili e divani progettati con il marchio Volpe furono impropriamente attribuiti a quello più famoso, Thonet. E l’attuale Gervasoni, affermata azienda di arredamento, è l’erede della Premiata Società Friulana per l’Industria del Vimini, bottega artigiana udinese nata nel 1882. Un cerchio tra cinema, arte e design che è la cifra stilistica di Udine. A conferma che spesso i territori di confine sono percorsi da energia e innovazione.