Secondo un’indagine The Forever Pollution Project, condotta da ben diciotto redazioni giornalistiche europee (c’era anche l’italiana le Scienze, e pubblicata a fine febbraio scorso dal quotidiano francese Le Monde, in Europa la contaminazione data dai cosiddetti PFAS non solo è più diffusa di quanto pensassimo, ma rimarrà un problema impossibile da sradicare.
I PFAS (sostanze per- e polifluoroalchiliche) sono composti chimici prodotti dall’uomo, generalmente utilizzati per rendere impermeabili e resistenti ai grassi i tessuti, la carta, le padelle per cucinare, i rivestimenti per contenitori di alimenti e molto altro. In più, sono contenuti anche nelle pellicole fotografiche e in alcuni detergenti per la casa.
Questo lungo lavoro di indagine sulla diffusione dei cosiddetti “forever chemicals” ha prodotto la “forever pollution map”, che ci mostra in forma aperta e accessibile gli impianti di produzione di PFAS, alcuni siti in cui essi vengono utilizzati, i luoghi in cui è stata accertata la contaminazione e quelli che potrebbero essere contaminati.
Se smaltite illegalmente o non correttamente nell’ambiente, queste sostanze penetrano nelle falde acquifere e dunque nei campi, nei prodotti agricoli e negli alimenti, diventando conseguentemente tossiche sia per l’uomo, sia per tutti gli organismi viventi.
I loro effetti sulla salute sono molteplici e sottoposti a costanti ricerche, e in generale si ritiene che intervengano sul sistema endocrino, compromettendo crescita e fertilità, e che siano cancerogene. Come scrive le Scienze, «i PFAS sono ovunque e si sono diffusi anche là dove non avremmo voluto, nell’acqua, nel cibo, nel sangue, nell’ambiente. I PFAS possono essere considerati come un velo che si è adagiato per sempre sul nostro pianeta».
Pare si trovino persino nei presidi di uso quotidiano che attengono la nostra sfera intima. Scoprire che le sostanze per- e polifluoroalchiliche si nascondono anche nella carta igienica è stata una sorpresa anche per gli autori di un’indagine pubblicata di recente sulla rivista Environmental science & technology letters dell’American Chemical Society.
«Un’informazione importante – dichiarano – tanto per la salute dell’ambiente quanto per la nostra». E se consideriamo che sul mercato esistono più di quattromilasettecento prodotti chimici eterni è più facile capire quanto essi siano ingredienti comuni per la realizzazione di qualsiasi cosa, dall’abbigliamento tecnico alla schiuma antincendio.
«Le sostanze chimiche sono ovunque – evidenzia The Forever Pollution Project – ma alcuni punti caldi sono peggiori di altri». In Europa, come risulta dal lavoro di indagine durato oltre un anno che ha raccolto e organizzato dati provenienti da diverse fonti, alcune delle quali non pubbliche, sono più di diciassettemila i siti dove sono state rilevate queste sostanze tossiche persistenti che «accompagneranno l’umanità per centinaia di anni, forse anche migliaia».
I ricercatori non sanno ancora come agire in modo efficace, considerando che i costi di un’eventuale – nonché difficilissima – bonifica sarebbero esorbitanti e dunque inaccessibili per qualsiasi amministrazione locale che alla fine rinuncia a intraprenderne, decidendo di mantenere lo status quo.
Pur essendo stato stimato che ogni anno i PFAS generano un peso economico sui sistemi sanitari europei che varia tra i cinquantadue e gli ottantaquattro miliardi di euro, e pur sapendo che la maggior parte degli esperti ritiene che la migliore soluzione prospettabile sia – in primo luogo – dotarsi di una regolamentazione che prevenga e impedisca una ulteriore e futura contaminazione, a livello comunitario la loro emissione non è ancora regolamentata. Solo pochi Stati membri hanno adottato norme interne severe sui PFAS. Parliamo di Germania, Paesi Bassi , Norvegia, Svezia e Danimarca. E sono, non a caso, gli stessi Paesi che hanno presentato congiuntamente una proposta per limitare queste sostanze tossiche in tutta l’Unione europea.