La prima pietraIl nuovo partito anti-populista di Renzi e Calenda può diventare una forza di maggioranza

Azione e Italia Viva hanno iniziato il percorso che li porterà all’unione definitiva, una volta per tutte, in autunno. L’obiettivo, spiega Elena Bonetti, è «creare una proposta riformista che sappia fare sintesi tra l’anima liberale e l’anima popolare del Paese»

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Le tappe per la nascita del nuovo partito che unirà Azione e Italia Viva sono già segnate sul calendario. Con il comitato politico di inizio settimana è stata poggiata la prima pietra. Nelle prossime settimane, invece, si definiranno il manifesto, la piattaforma culturale e il nome del nuovo soggetto politico, e lo si farà a partire da un confronto continuo tra le parti. Da qui a tre mesi si dovranno poi tracciare le linee guida della Costituente che darà vita al nuovo partito. L’obiettivo è arrivare alla chiusura della Costituente, quindi alla definizione del nuovo partito, in autunno.

«Abbiamo deciso di iniziare questo percorso adesso, immaginandolo non come la fusione amministrativa di due soggetti politici ma un disegno per generare una realtà nuova nel quadro politico italiano e rispondere alle esigenze di quell’elettorato che non si riconosce nel bipopulismo di destra e di sinistra». A dirlo è la deputata di Italia Viva Elena Bonetti, vicepresidente della Federazione tra Italia Viva e Azione.

Inevitabilmente questo percorso porterà allo scioglimento formale dei due partiti del Terzo Polo. Ma lo ha spiegato anche Carlo Calenda nei giorni scorsi: senza questo passaggio non potrebbe nascere una cosa nuova con tanto di nome e simbolo, non può essere altrimenti.

E questa cosa nuova nascerà proprio sulla consapevolezza che lo spazio anti-populista, in Italia, non è una nicchia, è una prateria che contiene milioni di italiani, uno spazio ampio che si apre dai confini della nuova versione del Partito democratico, più orientato a sinistra, e una forza di maggioranza che è di destra-centro più che di centrodestra.

«Il congresso ha di fatto chiuso la stagione riformista del Partito democratico», dice l’ex ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia, che in questi giorni ha comunque voluto sottolineare l’importanza simbolica dell’elezione di Elly Schlein. «Mentre la maggioranza si sta orientando sempre più sulle posizioni di Fratelli d’Italia. In questo scenario manca ancora una proposta di centro che abbia una vocazione riformista e sappia fare sintesi tra l’anima liberale e l’anima popolare che hanno scritto la storia della democrazia nel nostro Paese».

Ma non è solo un discorso di posizionamento politico, di schieramento più di là o di qua, più vicino al centro o a uno dei due estremi. L’idea è creare un partito che sia anche in grado di ricomporre la visione di una politica di dialogo, capacità di sintesi tra diverse parti e non impantanata in dibattiti ideologici. «Pensiamo all’esperienza del Governo Draghi: Mariastella Gelmini, Mara Carfagna e io veniamo da percorsi politici diversi, ma abbiamo trovato piena sintonia e convergenza nella proposta di sintesi di quell’esecutivo, che è il tipo di politica che oggi serve al nostro Paese. Così si può formare una forza con una vocazione maggioritaria credibile», aggiunge Bonetti.

Negli ultimi giorni si è parlato di come l’accelerazione sulla formazione del partito sia una conseguenza dei recenti risultati elettorali, non in linea con le aspettative. In realtà lo schema della Federazione tra Azione e Italia Viva, in vigore da circa tre mesi, doveva necessariamente arrivare a una trasformazione in tempi brevi, non è mai stata pensata per durare a lungo. E proprio alle regionali presentarsi come “Terzo Polo”, cioè come un soggetto con un’identità ancora in via di definizione potrebbe essere stato controproducente.

Bonetti non considera il voto in Lombardia e Lazio così negativo – «In Lombardia siamo sostanzialmente in linea, abbiamo perso qualche voto nel Lazio, anche a causa delle regole elettorali, che non catturano il voto di opinione» –, ma riconosce che il Terzo Polo ha indubbiamente pagato la mancanza di un radicamento territoriale solido, soprattutto nel confronto con partiti storici che hanno molti più anni di lavoro alle spalle r reti di amministratori locali ormai consolidate. «Il nuovo partito serve anche a iniziare a costruire questa rete, e ci vorrà del tempo, ma la direzione è quella giusta», dice Bonetti.

Anche sui contenuti e sui temi il nuovo partito manterrà le distanze dalle posizioni dei partiti di destra e di sinistra: con la maggioranza di governo non ci sono molti punti di contatto, ma anche il Partito democratico sembra tutta un’altra cosa.

Una prova? Le dichiarazioni in materia di lavoro e le posizioni sul Jobs Act. «Elly Schlein, ma anche Stefano Bonaccini che le contendeva la segreteria del partito, hanno criticato il Jobs Act, dicendo che è da archiviare», spiega Bonetti. «Ma è stata la riforma più grande delle politiche del lavoro, che ha tutelato il diritto al lavoro e contestualmente creato nuovi posti di lavoro e crescita. Vuol dire che loro hanno lo sguardo rivolto al passato e parlano di diritti dei lavoratori dipendenti contro i diritti degli imprenditori, usando categorie dell’altro millennio».

La linea del nuovo partito ricalca invece quella vista durante il governo Draghi. «Dobbiamo continuare come abbiamo fatto finora, investendo in lavoro femminile, nella scuola, nell’attuare tutte quelle politiche che offrono una prospettiva futura, come, in ambito di welfare, l’assegno unico universale, che è uno strumento rivoluzionario per il sostegno alle famiglie e alla genitorialità. L’Istat ha già certificato quanto quella misura abbia saputo ad esempio ridurre il rischio di povertà dei nuclei familiari in modo molto molto più significativo del reddito di cittadinanza. Ed è una misura che ha un effetto di impulso anche per il lavoro femminile».

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