Tra una settimana, il 27 febbraio, il cosiddetto Terzo Polo dovrà decidere cosa vuole fare da grande: se accelerare sulla formazione di un vero partito (come chiede Carlo Calenda) oppure continuare con la federazione tra Italia viva e Azione lavorando a un suo allargamento prima di presentarsi come una nuova formazione politica (come vuole invece Matteo Renzi). La novità di questi giorni è che dalla parte dell’ipotesi di Calenda si sono espressi pubblicamente o riservatamente diversi esponenti renziani (Luigi Marattin, Elena Bonetti, Ettore Rosato) oltre a manifestarsi una certa spinta del territorio per accelerare il processo.
Dunque, il 27 dovrebbe prevalere la proposta di Azione che prevede un percorso chiaro per giungere nei prossimi mesi alla nascita di un partito “vero”, nella convinzione che il magrissimo risultato elettorale delle regionali in Lombardia e nel Lazio sia dovuto – anche – a un grosso problema di marketing politico-elettorale. Presentarsi cioè come «Terzo Polo», cioè senza un nome in grado di evocare un’identità e segnare una novità certamente non ha giovato (Renzi va anche dicendo che mettere nel simbolo il nome di Calenda e non quello di Moratti in Lombardia sia stato un errore).
In questo momento i due leader sono davvero opposti l’uno all’altro e stavolta non per le solite e tante volte esaminate differenze caratteriali, e anche di giudizio personale dell’uno sull’altro, ma per una ragione strettamente politica
. L’impressione è che Renzi, che pure considera ineluttabile il punto d’arrivo del partito unico, ancora voglia tenersi le mani libere, capire meglio che succede, attendere il responso delle Europee, valutare a quel punto le possibili novità del quadro politico, essendo per lui le Europee le elezioni-spartiacque della legislatura oltre che la grande occasione per i centristi (che “giocano” molto meglio col proporzionale che col maggioritario come si è visto nel test di due settimane fa).
Capisce cioè, Renzi, che la situazione attualmente è sostanzialmente bloccata e per uno come lui non è il momento adatto per operazioni politiche in qualche modo spericolate. È un Renzi che sta ancora cercando di capire come rimettere in moto la situazione, ma sa che questo non dipende da lui, ma da come andrà il governo Meloni, da cosa farà il nuovo Pd, da tante altre variabili. Però c’è chi dubita che l’ex presidente del Consiglio voglia sul serio investire in una nuova “Cosa” centrista lanciandosi aperta la strada di lasciare in vita la sua Italia viva.
Calenda invece è fatto in un altro modo, ritiene che si debba agire subito con una nuova offerta politica e rilanciare il progetto centrista-riformista che il voto regionale ha obiettivamente offuscato e che non può reggere per molto in questo modo ancora informe, con la «Federazione». Che poi il leader di Azione voglia accelerare anche per riaffermare la propria leadership appare un falso problema perché l’ex premier non mostra di avere nulla da obiettare su questo, almeno in questa fase.
È possibile che Calenda, e non solo lui, tema una specie di “bipolarismo” Fratelli d’Italia-Pd che tolga spazio ai centristi e per questo voglia stare meglio in campo.
Nel dibattito del Terzo Polo si porrà anche un’altra questione, quella del rapporto con il Pd. Per ora è solo Teresa Bellanova ad aver esplicitato una linea diversa da quella ufficiale (oltre la destra e la sinistra) sostenendo che, a maggior ragione che al governo comandi la destra, è necessario che i centristi si collochino più chiaramente col centrosinistra (magari con un Pd rinnovato): è una posizione solitaria, si vedrà se Bellanova riuscirà a farne un elemento di dibattito interno. Ma la vera novità, lo dicevamo all’inizio, è che se non si andrà proprio a una “conta”, è probabile che nella sostanza prevalga la linea di Calenda su quella di Renzi.