Diritti fondamentaliLa condanna di Justyna Wydrzyńska e il problema della destra europea con l’aborto

Non è giusto che in Polonia un’attivista sia punita con otto mesi di lavori socialmente utili per aver aiutato una donna a comprare una pillola abortiva. Non si tratta di dire sì o no all’interruzione di gravidanza, ma di garantirne la legalità e la sicurezza

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La sentenza è arrivata intorno le 13 di martedì 14 marzo. Justyna Wydrzyńska, attivista e fondatrice di Abortion without boarder, è stata condannata da un tribunale polacco a otto mesi di lavori socialmente utili per aver aiutato una donna, braccata da un marito violento, a procurarsi una pillola abortiva. Conosco bene Justyna, siamo state in costante contatto negli ultimi mesi, ha portato la sua storia e quelle delle donne polacche al Parlamento europeo, parlando all’evento pubblico su Simon Veil, liberale francese, prima Presidente del Parlamento europeo e fautrice nel 1975 della legge per la legalizzazione dell’aborto in Francia. Già cinquant’anni fa era chiaro a tutti quanto vietare l’aborto fosse una grande ipocrisia, perché tutte le donne nella loro vita abortiscono. Fa parte della vita e dell’essere donna. 

Oggi come allora non si tratta di dire si o no all’interruzione di gravidanza ma di garantirne la legalità, la sicurezza e la salute delle donne. Come sappiamo l’aborto in Polonia, e non solo, è illegale. Ancora oggi le donne muoiono perché non hanno accesso a cure mediche, perché anche in caso di aborto spontaneo, nessun medico è disposto a operarti mentre è in corso una setticemia che ti porta a morire. 

In Polonia è vietato l’aborto chirurgico, quando sei incinta i medici devono registrare la tua gravidanza e questo costituisce per il governo un ulteriore strumento di controllo, perché se interrompi la gravidanza prima o poi qualcuno te ne chiederà conto e sarai processata da un sistema giudiziario dipendente dal potere politico, dove i giudici sono controllati e nominati dal partito di governo “Diritto e Giustizia”, dove le motivazioni delle sentenze, come quella che ieri ha condannato Justyna, sono secretate. Potrebbe sembrare la trama di un romanzo distopico, invece è un incubo reale. 

Per questo l’attività di Justyna Wydrzyńska è preziosa, più di trentamila donne si rivolgono alla sua organizzazione ogni anno per ricevere pillole abortive per posta o essere accompagnate nei Paesi Bassi per interrompere una gravidanza indesiderata. 

L’aspetto perverso che fa parte dell’impianto della legge polacca ma caratterizza allo stesso modo le posizioni di chi vorrebbe rallentare e complicare la scelta delle donne di non essere madri, è negare l’accesso alle cure mediche, l’avversione verso qualsiasi forma di organizzazione e solidarietà femminile che nei secoli ci ha permesso di sopravvivere e soprattutto il disprezzo per le donne e le loro vite ridotte a nulla davanti alla sacralità dell’embrione, la pretesa morbosa e vana di poter controllare il corpo femminile che è mistero per l’uomo, perché detiene la potenza e il potere di generare e determinare ciò che all’uomo è precluso, per natura. 

Al governo di Mateusz Morawiecki, grande alleato di Giorgia Meloni e ai conservatori d’Europa non interessa se una donna abortisce in casa grazie d una pillola arrivata per posta dall’India, se muore di emorragia o setticemia. L’importante è che rimanga nascosta, sottomessa e invisibile. Non trovate tutto questo osceno?

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