L’Estonia, una nazione baltica integrata nell’Alleanza Atlantica e nell’Unione Europea, è pronta alle elezioni parlamentari del 5 marzo. Il sistema elettorale, proporzionale e con soglia di sbarramento al cinque per cento, rende il quadro incerto, almeno secondo i sondaggi. L’esecutivo uscente guidato da Kaja Kallas, forte sostenitrice dell’Ucraina, potrebbe non essere riconfermato.
Il Partito Riformatore, liberale e di cui fa parte la Kallas, nelle rilevazioni risulta al primo posto con il ventinove per cento delle intenzioni di voto, ma i due partner di coalizione, i Socialdemocratici e i conservatori di Isaama, latitano con l’otto e il nove per cento. Il partito di destra radicale Ekre potrebbe ottenere il miglior risultato di sempre con il 19,5 per cento dei voti, mentre il Partito di Centro, tradizionalmente appoggiato dai russofoni, è fermo al 17,5. Ai liberali di Estonia 2000 andrebbe invece il dodici per cento dei voti.
L’affluenza alle urne, che nel 2019 ha raggiunto il sessantanove per cento, beneficia del voto via internet. Il voto online, istituito nel 2005, è stato scelto dalla metà degli elettori delle elezioni Europee del 2019 e l’Estonia è il primo Paese al mondo per il suo utilizzo. Il tema più importante della campagna elettorale è stato quello della sicurezza nazionale, con i principali partiti che si sono espressi in favore di un forte sostegno all’Ucraina e di un aumento delle spese militari.
Il Partito di Centro ed Ekre hanno evidenziato l’impatto che la guerra ha avuto sul costo della vita, dato che molti dei loro elettori fanno parte delle fasce più povere della popolazione. Reform ha insistito sull’importanza di supportare Kyjiv, i rifugiati ucraini in Estonia, la Nato e l’Unione Europea. Altri temi, come educazione e sanità, hanno trovato poco spazio nonostante la loro rilevanza.
Martin Helme, leader dell’euroscettico Ekre, ha ricordato l’importante della questione migratoria e della sua gestione. Questo movimento si è distinto, negli ultimi anni, per gli attacchi contro i giornalisti, per le posizioni di negazionismo climatico e per quelle di chiusura in ambito migratorio (con accuse di razzismo). Sullo sfondo c’è, poi, il passato sovietico.
I rapporti tra Estonia e Russia sono molto peggiorati nel corso dell’ultimo anno fino a raggiungere, come ricordato dal ministro degli Esteri di Tallinn Urmas Reinsalu, «il punto più basso» mai registrato. Nel gennaio 2023 i due Paesi hanno annunciato la reciproca espulsione degli ambasciatori e il ministero degli Esteri di Mosca ha spiegato, in un comunicato, che «la leadership estone ha deliberatamente distrutto l’intera gamma di relazioni con la Russia».
Nell’ottobre 2022 il Parlamento di Tallinn aveva approvato, con ottantotto voti a favore sui centouno del Riigikogu, una risoluzione che definiva la Russia come Stato terrorista e «sponsor del terrorismo» per le atrocità commesse in Ucraina. La risoluzione appoggiava le inchieste sui crimini di guerra e chiedeva che a Mosca venisse tolto il seggio permanente presso il Consiglio di Sicurezza dell’Onu.
L’Estonia è la prima nazione al mondo, in proporzione alla propria grandezza territoriale, per fornitura di aiuti all’Ucraina. La repubblica baltica ha fornito a Kyjiv trecentonovanasei milioni di dollari di supporto militare, equivalenti all’uno per cento del proprio Pil e alla metà del budget destinato al settore della Difesa, elargendo missili anti-carro, lanciagranate, mortai, elmetti, giubbotti antiproiettile, veicoli e altro equipaggiamento.
Il Paese, che ha una popolazione di appena 1,3 milioni di abitanti, ha ospitato più di sessantamila rifugiati ucraini. Questo approccio è legato al timore che qualora la Russia riesca a conquistare l’Ucraina potrebbe poi rivolgere le sue mire imperialiste sugli Stati Baltici.
L’Estonia, che nel recente passato è stata minacciata da Mosca, confina con la Russia e ha dolorosi ricordi del periodo di occupazione sovietica iniziato nel 1944 e terminato nel 1991. Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale un gran numero di cittadini sovietici venne inviato in Estonia per colonizzarla, mentre altrettanti estoni vennero esiliati, fuggirono oppure vennero uccisi.
Nel corso del tempo una parte di questi immigrati ha deciso di mantenere la cittadinanza russa, un’altra ha ottenuto quella estone ed un’altra ancora si è ritrovata a essere privata di entrambe. Negli ultimi anni Tallinn ha allentato i requisiti per ottenere la cittadinanza estone e ne ha garantito l’acquisizione automatica ai figli di chi ne era privo. I giovani russofoni tendono così a essere maggiormente integrati dei loro genitori o nonni, che faticano a uscire dalla propria bolla.
Un quarto della popolazione estone, secondo quanto emerso dal Censimento del 2021, ha origini russe, ma la percentuale dei russofoni è, in realtà, più alta se si prendono in considerazione altre minoranze come Bielorussi ed Ucraini. Molti russofoni, che non sempre hanno la cittadinanza estone, sono concentrati nelle regioni settentrionali e nella capitale Tallinn, dove raggiungono il quarantatré per cento dei residenti.
Il diritto a usare la lingua minoritaria nella vita pubblica e politica è stato un tema controverso sin dal 1991 e, sebbene il diritto ad istruirsi in russo sia garantito, le cose potrebbero cambiare. Il Parlamento ha approvato un provvedimento, nel dicembre 2022, che porterà alla nascita di un sistema educativo esclusivamente estone a partire dal 2030.