Lo sfondamento sovranista in cui speravano i putiniani non c’è stato, la linea europeista e pro Ucraina di Kaja Kallas ha retto. Il partito della prima ministra estone, Reform (appartenente alla famiglia europea di Renew Europe), ha vinto le elezioni di domenica con una percentuale vicina al trentadue per cento dei voti.
I populisti identitari di Ekre – dati in forte ascesa alla vigilia delle urne per come avevano cercato di cavalcare un malcontento – arrivano secondi, non hanno superato il sedici per cento e si fermano a diciassette deputati, due in meno di quattro anni fa. La formazione di Kallas, invece, ne ha sbloccati trentasette al Riigikogu, il Parlamento della Repubblica baltica, dove per governare serve una maggioranza di cinquantuno (su 101 seggi).
Gli alleati attuali della premier, i Socialdemocratici e Isamaa («Patria» in estone, iscritti al Partito popolare europeo) si fermano entrambi sotto il dieci per cento, con rispettivamente nove e otto parlamentari. I centristi di Ek, che condividono il gruppo dell’Europarlamento con Renew e tradizionalmente sono voce della minoranza russofona del Paese (un quarto della popolazione), sono al terzo posto e dovrebbero ottenere sedici rappresentanti. I liberali di Estonia 200, nati nel 2018 da una scissione di Isamaa, si attestano al quarto posto (14,5 per cento, quattordici deputati).
Ora Kallas dovrà sostanzialmente decidere se ripetere la vecchia coalizione, che avrebbe i numeri (tre seggi sopra la maggioranza), oppure esplorare un’intesa centrista con Ek o Estonia 200. Improbabile, invece, un’apertura ai nazionalisti di Ekre, con cui lo scontro è stato costante su temi economici e politiche per l’immigrazione.
Durante la guerra, la leader è stata tra le protagoniste del sostegno europeo a Kyjiv. Ha da subito invocato aiuti anche militari e ha ammonito per mesi sulla necessità di rafforzare il fianco orientale dell’Alleanza atlantica. Il suo esecutivo è in carica dal 2021, quando era crollata un’alleanza più a destra tra i Centristi, Isamaa ed Ekre.
Nei sondaggi era da tempo la candidata più popolare. Da Tallinn oggi proviene una buona notizia per l’Ucraina, e al contempo pessima per il Cremlino. Vladimir Putin e la sua propaganda speravano che l’inflazione e i problemi economici, abbinati alla «stanchezza» (presunta) dell’opinione pubblica per i sacrifici da sopportare per non lasciar sola Kyjiv, sarebbero costati voti e simpatie a Kallas. È accaduto l’esatto contrario.