In alto mareL’autogol di Meloni e la fine della retorica della premier adeguata

La presidente del Consiglio a Cutro si è mostrata impreparata e per la prima volta non può dire che a sbagliare sono solo i suoi ministri. Quanto potrà durare?

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La lugubre conferenza stampa di Giorgia Meloni a Cutro (qualcuno dica a Mario Sechi di stare più attento almeno con le luci) segna un turning point di questo inizio di legislatura. Per la prima volta, Meloni è parsa – ed effettivamente è stata – profondamente inadeguata. È come se avesse buttato via quattro mesi nei quali aveva cercato di costruirsi un’immagine di efficienza e consapevolezza del proprio ruolo.

A parte il Tg1 (il Tg2 non fa notizia), tutti gli organi d’informazione hanno notato come il nervosismo copriva a stento l’incertezza, ma è ovvio che il disastro comunicativo è figlio del disastro politico compiuto in tutta la tragica vicenda di Cutro, una strage di cui il governo continua a nascondere il colpevole, come negli anni più bui della Repubblica.

Finora da questo Governo si erano palesati diversi pasticci, errori, gaffe, retromarce, contraddizioni, sparate a casaccio, ma tutti imputabili ai singoli ministri, da Matteo Piantedosi a Giuseppe Valditara, da Matteo Salvini a Gennaro Sangiuliano a Francesco Lollobrigida (gli altri non è che siano bravi, semplicemente non esistono), e invece stavolta siamo in presenza di un vero e proprio “caso Meloni”: una presidente del Consiglio che prima scappa, poi dimostra di non conoscere le questioni, poi s’inalbera, poi si dimentica un dovere elementare come visitare sul posto i familiari delle vittime, poi s’inventa un ruolo alla James Bond per dare la caccia agli scafisti «in tutto il globo terraqueo». Si è data un cazzotto nell’occhio da sola.

Già, la novità è che questa volta nessuno potrà sostenere la favoletta secondo la quale i ministri sono scarsi ma lei è brava. Brava de che? Per prima cosa cominciamo a dire che non è tollerabile una presidente del Consiglio che perde così facilmente il controllo perché lei occupa una postazione istituzionale nella quale è indispensabile avere uno standing fatto anche di sobrietà e di padronanza dei propri nervi.

Secondo, bisogna chiedersi dopo cinque mesi di governo quali sono le prime realizzazioni, le cose fatte o anche solo in procinto di essere approvate e più in generale se questo esecutivo stia portando nel Paese un clima di serenità, di concordia, di fattività o se viceversa non abbia sinora acceso contrapposizioni e inasprito gli animi. Il tempo di Mario Draghi sembra di secoli fa.

La verità è che la situazione generale è un po’ diversa da quella di prima delle elezioni, non foss’altro per il fatto che il Pd sembra uscire dal punto più basso ove l’avevano condotto Zingaretti e Letta e che questo esalta la sinistra e può indirettamente stimolare il Terzo Polo: e dunque nella classica simmetria della politica pare che la destra sia già in affanno e che l’opposizione si stia rianimando.

Se questa dinamica si confermasse nelle prossime settimane potremmo già vederne qualche effetto nelle amministrative di maggio quando voteranno i cittadini di 18 capoluoghi (tra cui Ancona, Vicenza, Ragusa, Brescia, Brindisi, Catania, Siena), ma soprattutto nel 2024 quando si voterà in cinque Regioni teoricamente contendibili (Piemonte, Umbria, Abruzzo, Basilicata, Sardegna) ora tutte in mano alla destra: sono appuntamenti sia quello di maggio sia quello delle Regionali in cui probabilmente il centrosinistra troverà quel grado di unità in grado di battere la destra.

E infine le Europee, con il proporzionale, saranno il vero grande banco di prova per questo governo. Se Meloni ha già il fiatone dopo quattro mesi non è affatto detto che debba per forza rotolare per le scale della politica, potrà sempre riprendersi, e comunque i rapporti di forza sono sempre a lei molto favorevoli. Ma con questi chiari di luna nessuno può dire (anche se già qualcuno si pone la questione) se il governo Meloni arriverà fino in fondo alla legislatura. Il cazzotto nell’occhio che la presidente del Consiglio si è inferta da sola fa malissimo.

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