La cucina di Boemia e Moravia è da sempre considerata di basso rango, una cucina da hospoda – la birreria che corrisponde al livello dell’osteria nostrana – e se sotto l’impero asburgico prevaleva l’influenza austro-germanica, anche dopo la caduta del comunismo il fine dining si è identificato nella scelta di una ristorazione francese o al massimo italiana.
Da un paio di lustri sta però emergendo una cucina ceca ritrovata e, in particolare a Praga, non mancano le proposte culinarie che coniugano grande competenza ai fornelli con una curiosità crescente nell’utilizzo di ingredienti, preparazioni, idee della tradizione popolare.
Ecco allora qualche spunto – cambiando quartiere ad ogni assaggio – per scoprire ricette rivisitate in piatti di grande carattere, frutto della ricerca e anche dell’ironia degli chef emergenti sulla scena di Praga.
The Eatery (Holešovice)
Il nome è un gioco di parole. Il rimando immediato al verbo “to eat” (mangiare) nasconde in realtà un intreccio con la teatralità: The(E)ater(y). Sì, perché «Il cibo non può essere solo espresso a parole, deve essere gustato e vissuto con tutti i sensi», per dirla con le parole dello chef Pavel Býček. Dopo esperienze stellate nel Regno Unito e in Repubblica Ceca, ha scelto di camminare da solo e ha realizzato uno spazio che richiama l’attenzione.
«La cucina è il nostro palcoscenico», avvisano dalla cucina (a vista). «Siediti, rilassati e goditi un grande spettacolo gastronomico e visivo». E in effetti negli spazi architettonicamente puliti tra sala e chef table un manipolo di camerieri affabili e molto preparati serve terrine di porco e testicoli di toro, lumache e preparazioni apparentemente ardite a base di carne di manzo, cervo, anatra o coniglio. Eppure tutto scorre naturale, come è “naturale” la cucina, stagionale e senza eccessi. Tutto viene preparato da zero, utilizzando materie prime local. Una cucina che «Simpatizza per le ricette tradizionali ceche – aggiunge Býček – ma il nostro lavoro vuole portarla nel ventunesimo secolo».
Ancora abbordabile nei prezzi, The Eatery è divertente e affollato anche durante la settimana. La lista dei vini è ampia, con qualche referenza importante, ma capace di soddisfare i palati più esigenti senza sbruffoneria.
U Matěje (Dejvice)
Cucina ceca moderna. È già un manifesto di grande immediatezza quello che lo chef-star Jan Punchochář dichiara fin da subito. «Avere un mio ristorante incentrato sulla cucina ceca è stato un sogno per molti anni», spiega. «Da Matěj facciamo le cose onestamente, come è sempre stata consuetudine. Non piccole porzioni al centro dei piatti, ma grandi porzioni al centro dei tavoli».
Forte di esperienze in Germania, Svizzera e nell’alta ristorazione a Praga, lo chef gioca su sapori e consistenze, spaziando dal pesce tradizionalmente accessibile con la tartàre di aringhe affumicate, crème fraîche alle erbe e caviale di salmone o le chips di carpa con maionese all’aneto e insalata di cavolo, spingendosi fino a proposte più complesse come la crème brulée di foie gras, barbabietola al porto, noci e brioche al burro. Le portate principali vedono la carne protagonista, ma il vitello è proposto in salsa di funghi e aneto, la costoletta di manzo è al vino rosso, il collo di daino su uvetta, carote arrostite su miele e budino di miglio.
Da bere, incrociando tradizione e modernità, l’immancabile Pilsner Urquell servita con consapevolezza e la pálenka(grappa) fatta in casa dal mastro distillatore Václav Šitner.
Výčep (Vinohrady)
La parola d’ordine è un hashtag che racconta molte cose: #craftsmanship. Che poi declinata significa materia prima eccellente cacciata, pescata o raccolta dallo chef e dalla brigata di cucina, cucinata e servita senza intermediazioni. Lo chef Jiří Hrachový è un fiero alfiere della cucina di Valacchia, regione “selvaggia” della Moravia, e cerca nelle proprie radici l’espressione più viva e vivace dei sapori di territorio.
Il concept di questo gastro-pub in Korunní, incastonato tra vie e palazzi di grande bellezza, è allo stesso tempo potente e precisa, confortevole e provocatoria. Spazia dalla vellutata di pollame con canederli ripieni di pollo affumicato in casa alla tartelletta contadina con fegatini di coniglio e cuori d’anatra, sedano sottaceto, salsa di peperoni fermentati e tanta pancetta stagionata, dalla tartàre di cervo della Šumava allo zampone di maiale grigliato su carbone di legna con ripieno di maiale e castagne, salsa al rafano nero, purea di senape, insalata di cavolo con barbabietola e rafano. E ancora un commovente collo di tacchino al forno, o i deliziosi tacos di patate al mais con agnello al latte arrosto, formaggio brynza, ragù di fagioli, peperoni all’agro, menta, ciccioli affumicati, grano saraceno fritto e pomodori estivi (che finiscono in un boccone).
Ad accompagnare piatti non proprio leggerissimi (con una scelta veg molto limitata) i boccali del birrificio di Dalešice o una scelta di vini cechi dalla personalità intrigante.
Červený Jelen (Nové Město)
In pieno centro, il palazzo in stile classicista del conte František Antonín Špork, trasformato nel 1920 nella sede della Banca Anglo-Austriaca dall’architetto modernista Josef Gočár e ristrutturato nel 2019 dall’architetto Stanislav Fiala, ha riaperto ospitando l’enorme ristorante Červený Jelen. Un intervento poderoso, con il taglio di muri di spessore incredibile, per consentire all’ospite-spettatore di ammirare spazi inconsueti, dalla personalità sfaccettata.
Il cuore della cucina è l’enorme griglia Inferno (importata dagli States) alimentata con legno di faggio e quercia dalle foreste ceche, sulla quale lo chef Marek Fichtner e il suo team arrostiscono manzo, agnello, pesce, verdure e anche il pane fatto in casa. Dalla cucina escono piatti che celebrano la cucina ceca a base di selvaggina, ma anche gli snack per accompagnare la Pilsner Urquell sempre fresca, spinata dai grandi tank impilati al centro del locale.
Da provare la selezione di dolci preparati dalla pasticcera Klára Řezníčková. E merita una segnalazione il portafoglio di gin, rum e whisky per gli amanti degli spirits.
Eska (Karlín)
Nell’area lofty dell’incantevole quartiere Karlín, Eska si dichiara orgogliosamente “ristorante con panetteria” che fonde il tradizionale con il moderno. E infatti, appena accomodati, il pane fresco di giornata cotto a legna e il burro servito su una pietra sono già parte dell’esperienza gastronomica.
Il menu parla di accostamenti inconsueti e ingredienti local: zucca butternut, formaggio fuso di capra, olivello spinoso, peperoncino e mandorle; anguilla affumicata con kefir, mela, rafano fresco, olio all’erba cipollina e pasta sfoglia fritta; tartare di manzo stagionato con pane, aglio nero, garum di manzo all’aceto di mele e tuorlo d’uovo disidratato; pudding nero di maiale con pane alla frutta, pera in camicia e levistico; patate cotte nella cenere in schiuma di latticello con pesce affumicato, kefir, aneto e tuorlo d’uovo essiccato.
L’atmosfera hipster – con birre artigianali della vicina Liben incluse – potrebbe dare l’impressione di uno spazio meno vicino alla tradizione boema, ma guardando alla materia prima e alla scelta di molti prodotti da fattorie ceche ci si ricrede.
Salabka (Troja)
Il più esteso dei vigneti urbani di Praga, sulla collina di Troja, gioca la carta dell’enoturismo con il ristorante Salabka. La cucina dello chef Petr Kunc – che guida il piccolo spazio con la moglie Gabriela Kunc Lacherová – non può esser categorizzata come strettamente ceca. Ci sono ingredienti (locali) immancabili nei piatti di tradizione, ma l’assemblaggio è molto ricercato e l’impiattamento è decisamente fine dining. Kunc porta infatti dall’esperienza internazionale una complessità che può intimorire o sedurre.
Ecco allora l’anatra con gel di amarene e pistacchi, le consistenze di cavolfiore, uvetta dorata e salsa Mornay, la lombata di muflone con tortino ai funghi, topinambur, gel di more e salsa di cervo. I formaggi, deliziosi, vengono da una fattoria in Boemia.
Nel calice i vini della casa, giusto per rimanere coerenti con la vista sulle vigne di Riesling, Pinot bianco e Pinot nero.