La diplomazia di KyjivCome l’ambasciata ucraina in Italia resiste alla propaganda russa (e bipopulista)

Dai leader politici che provano a fermare l’invio delle armi agli “esperti” che in tv giustificano l’imperialismo di Putin, c’è tanto lavoro da fare per i diplomatici di Zelensky a Roma: «Trovino il coraggio di dire che vogliono la nostra resa. Noi desideriamo la pace più di Giuseppe Conte, ma vogliamo che sia giusta. Ci sentiamo europei e difendiamo anche la vostra libertà»

Unsplash

«È difficile capire una guerra che non è scoppiata nel tuo Paese, lo è ancora dì più raccontarla dopo un anno». Ievgeniia Voloshchenko è una giovane diplomatica originaria di Kyjiv. Trentuno anni e cinque lingue parlate, guida l’ufficio stampa dell’ambasciata ucraina a Roma. Il suo compito è «spiegare cosa succede nella nostra terra e combattere la disinformazione russa. Ma anche ricordare agli italiani che l’aumento delle bollette non è colpa nostra. Paghiamo pure noi quel prezzo mentre difendiamo le nostre case dai soldati di Mosca».

Nessuno dimentica quel 24 febbraio 2022: «Alle quattro del mattino ci siamo precipitati in ufficio». Giornate infinite di caos e lavoro. Spesso senza riuscire ad avere notizie dalle proprie famiglie. Ogni funzionario ha parenti o amici arruolati. È lunga pure la lista di familiari e conoscenti uccisi dall’esercito putiniano. «Mio fratello sta combattendo a Bakhmut e non riesco a parlare con lui, oggi è quasi impossibile comunicare con quelle zone», spiega Ievgeniia Voloshchenko con la voce rotta dall’emozione.

La fortezza simbolo del Donbas è a tremila chilometri da via Guido d’Arezzo. Un altro mondo rispetto al lussuoso quartiere Pinciano, alle spalle di villa Borghese. L’ambasciata di Kyjiv è ospitata in una palazzina a due piani. Sul marciapiede le aiuole decorate da primule gialle e blu, come la bandiera che sventola in cortile. Una camionetta di militari italiani presidia l’ingresso giorno e notte. Per entrare si superano due cancelli aperti da un soldato ucraino che controlla una decina di telecamere. Qui tra mazzi di fiori e attestati di solidarietà, a dicembre è stato recapitato un pacco insanguinato con occhi di animali.

Nessun’altra minaccia, per fortuna. Ma nemmeno troppe smancerie. Dopo un anno di invasione l’atteggiamento dell’opinione pubblica è cambiato. Negli uffici della rappresentanza ucraina sanno che all’empatia è subentrata l’abitudine. O peggio l’indifferenza. «Alcuni italiani pensano che quella in Ucraina non sia una loro guerra – riflette Ievgeniia Voloshchenko – ma noi stiamo difendendo anche l’Europa». Un concetto nobile, forse troppo.

Nei mesi scorsi davanti alla chiesa greco-cattolica di Santa Sofia, in zona Boccea, c’era una fila interminabile di auto che scaricavano cibo, vestiti e medicine. I romani volevano far sentire la loro vicinanza agli ucraini. Ora la basilica è vuota, anche se la guerra non è finita.

Il popolo di Kyjiv e Odesa, Lviv e Kharkiv vive e lavora in Italia da anni, in silenzio: 230mila residenti a cui si sono aggiunti 160mila profughi. Ogni settimana la comunità ucraina continua a darsi appuntamento vicino all’ambasciata russa per ricordare i crimini commessi dall’esercito di Putin. Occasioni per raccogliere soldi e kit di primo soccorso da spedire al fronte.

Sia chiaro, l’Italia continua a sostenere l’Ucraina. Lo fa il governo, ci sono il Terzo Settore e tanti pezzi di società civile. Ma la gara di solidarietà dei primi giorni si scontra con i sondaggi di oggi. Dicono che la maggior parte degli italiani è contraria all’invio di armi. Ci spiace per gli ucraini sotto le bombe, è il senso del ragionamento, ma adesso dobbiamo pensare a noi, alle bollette, all’inflazione. Inutile contare quanti politici ne stiano approfittando. Chi per ideologia, chi per consenso, chi per altro.

Credits: Marco Fattorini

La viceambasciatrice Oksana Amdzhadin allarga le braccia: «È difficile ascoltare le dichiarazioni di certi leader, dovrebbero trovare il coraggio di dire che vogliono la resa dell’Ucraina. Noi desideriamo la pace più di Giuseppe Conte, ma vogliamo che sia giusta e duratura». L’ambasciatore Yaroslav Melnyk è ancora più chiaro: «Chiedere la pace in Ucraina e lo stop all’invio degli aiuti militari significa fare il gioco della Russia».

Da tempo non ci sono rapporti tra la rappresentanza diplomatica di Kyjiv e il Movimento 5 Stelle, che col suo capo politico vorrebbe fermare il sostegno militare a Zelensky senza spiegare come bloccare la guerra di Putin. Gli esponenti grillini non hanno spedito nemmeno un telegramma nell’anniversario dell’invasione. Nessun messaggio neppure dal leader della Lega Matteo Salvini, che il 24 febbraio 2022 si era presentato a via Guido D’Arezzo per deporre un mazzo di fiori. Poi ha preferito dialogare con l’ambasciata russa per organizzare un viaggio a Mosca mai andato in porto. Intanto non passa giorno che il Carroccio non marchi le distanze dalla premier Giorgia Meloni sull’invio di armi. In compenso, agli uomini di Kyjiv sono arrivate le rassicurazioni di Forza Italia dopo le intemerate di Berlusconi su Putin.

Nell’anniversario dell’invasione le delegazioni di Fratelli d’Italia e Partito Democratico hanno incontrato l’ambasciatore Melnyk mentre Terzo Polo e Più Europa hanno manifestato contro Putin vicino all’ambasciata russa. Adesso gli ucraini attendono un colloquio con la neosegretaria dem Elly Schlein. «Nella sua campagna per le primarie non ha parlato dell’invasione, speriamo che mantenga la linea di Letta», è l’auspicio.

Intanto la propaganda russa in Italia continua a correre. «Da fonti di intelligence – spiegano in ambasciata – sappiamo che ci sono ancora legami tra alcuni partiti italiani e Mosca. D’altronde è inevitabile dopo anni di cooperazione». Guardando la tv e leggendo i giornali, le opinioni care al Cremlino hanno sempre più spazio. Che siano proposte da utili idioti o propagandisti a gettone, non fa differenza. Nel ventre molle d’Europa tutto si mescola. Pacifismo, antiamericanismo e putinismo.

Nella war room dell’ambasciata seguono con attenzione il flusso delle notizie italiane. «Per sfogliare Il Fatto Quotidiano servono i tranquillanti», scherzano ma non troppo. D’altronde il racconto dell’invasione si presta a mille distorsioni. La viceambasciatrice Oksana Amdzhadin riflette: «Parlando di Ucraina, molti usano il termine “conflitto” mettendo sullo stesso piano aggressore e aggredito. Questa non è una lite tra due parti, è l’attacco a un popolo». Ed è sconfortante doverlo ricordare dopo un anno di bombe e distruzione da parte del regime putiniano.

Nell’attesa di capire cosa succederà in primavera tra la strategia russa e la controffensiva ucraina, all’ambasciata si dicono «sicuri e grati del sostegno del governo Meloni». Nonostante le sbandate degli alleati. Nei corridoi di via Guido D’Arezzo regna una calma apparente. «Viviamo con fiducia e paura», racconta la consigliera per gli affari politici Hanna Halchenko. Uno stato d’animo comune a tanti colleghi. Il capo dell’ufficio commerciale, Oleksandr Kapustin, riassume il senso della resistenza: «Non possiamo arrenderci, stiamo difendendo le nostre famiglie, vogliamo vivere in pace insieme a voi, con i valori comuni dell’Europa».

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter