Ha soltanto ventotto anni, ma la vita di Beatrice Salvioni è già un climax di successi. Laureata in Filologia moderna, diplomata alla Scuola Holden, vincitrice del Premio Calvino racconti 2021, sembrava che la vetta più alta raggiunta fosse stata il Monte Rosa, scalato anni fa. Poi è riuscita a conquistare un primato anche nel mondo della letteratura: è infatti la prima scrittrice esordiente a esser stata pubblicata in contemporanea in tutta Europa, tradotto in trentadue lingue.
Il suo romanzo – che, ancor prima di vedere la luce, ha attirato l’attenzione di editori e addetti ai lavori di tutto il mondo – è “La Malnata” (uscito il 21 marzo per Einaudi), la storia di un’amicizia tra due ragazzine di ceto sociale e temperamento differente che, in una provincia padana oppressa dal fascismo, si sostengono a vicenda per combattere insieme e ribellarsi alla sopraffazione e all’abuso di potere.
«Maddalena e Francesca sono maturate dentro di me tanto tempo fa: il rapporto tra l’adolescente ribelle che non teme nulla, nonostante le sue immancabili ombre, e la coetanea timida e remissiva, è cresciuto nei racconti che ho scritto in passato finché, dal punto di vista tecnico, non si è consolidato nel saggio di fine biennio alla Scuola Holden», racconta Salvioni.
La malnata, ovvero Maddalena, così soprannominata perché reputata una sorta di strega, reietta, pericolosa e maledetta che porta sfortuna soltanto pronunciando il suo nome, è il personaggio catalizzatore che sospinge Francesca a rifugiarsi con l’amica sulla riva del fiume Lambro per scoprire un mondo nuovo, in cui si può giocare a far finta di essere qualcosa che non si è e si può parlare coi maschi guardandoli negli occhi. «Essere “malnati” è una condanna, ma man mano si scopre che, in realtà, è una sorta di categoria sociale a cui appartiene chi sta dalla parte giusta e ha il coraggio di dire ciò che pensa, anche quando la società non glielo consente», dice la giovane scrittrice monzese, rintracciando lo stesso spirito di ribellione nelle ragazze iraniane che, lo scorso 8 marzo, hanno danzato senza velo sfidando i divieti.
Leitmotiv della scrittura della giovane autrice è il bisogno di far sentire la propria voce in un mondo che cerca di costringere a tacere: «Per rendere ancora più tangibile questo conflitto – spiega – in fase di scrittura ho pensato all’archetipo di un mondo violento, razzista e maschilista che ho ritrovato nell’epoca fascista, diventata l’ambientazione ideale per il mio romanzo».
Ad aiutarla a descrivere minuziosamente la quotidianità di un’epoca per lei conosciuta soltanto sui libri di scuola o tramite i racconti dei nonni è stata anche la sua passione per la ricerca storica. Tra saggi e ritagli di giornali, lettere e pagine di diario del Ventennio, ha costruito una storia che ci tiene a sottolineare «scrutando il passato da una certa distanza, ci permette di percepire le terrificanti somiglianze con il presente».
Quel mondo pieno di cose proibite e regole che non dovevano essere violate, in cui si doveva camminare in punta di piedi, soprattutto se si era femmine, infatti, si rivela non troppo distante dalla società contemporanea: «Nella mia educazione, da bambina, ho sentito il peso di questo retaggio culturale. Mia nonna mi aveva insegnato che, essendo femmina, dovevo stare attenta a ciò che facevo o dicevo. Ero incastrata nel ruolo che la società si aspettava da me», ricorda Salvioni.
In un secolo sono stati fatti enormi passi in avanti fatti lungo il percorso di emancipazione femminile, ma discriminazioni e stereotipi di genere non sono ancora superati: «Non siamo principesse da salvare – ribadisce – dovremmo essere tutti liberi di mostrarci così come siamo e vederci riconosciuti diritti che, purtroppo, non sono mai scontati. Io stessa, crescendo, ho imparato a essere “malnata” e cerco di lottare attraverso la scrittura che, oltre a rappresentare un bisogno intimo, è un ottimo strumento per combattere l’ignoranza».
Ancora incredula del successo riscontrato dal suo romanzo, Beatrice Salvioni accompagna per mano le sue creature letterarie, Maddalena e Francesca, in giro per l’Europa. Ed è già impegnata a scrivere il seguito de “La Malnata” che prossimamente diventerà anche una serie tv. «Crescere e imparare a usare la disobbedienza, come dimostrano le protagoniste del mio romanzo, non è affatto semplice. Una sola voce fatica a farsi sentire, per questo è importante costruire attorno a sé una comunità che condivide valori e obiettivi. Nessuno si salva da solo», chiosa l’autrice, confermando ancora una volta di aver trovato sostegno nei suoi lettori, nonché rifugio nelle storie che scrive per dare un senso alla vita che, a detta sua, è priva di senso narrativo.