Assoluzione con formula piena per non aver commesso il fatto per gli ex ufficiali del Ros accusati di aver trattato con l’ex sindaco mafioso Vito Ciancimino di Palermo, con l’obiettivo di fermare le stragi di mafia del 1992. Dopo 12 anni di processo, la Corte di Cassazione ha confermato il giudizio d’appello per i generali in pensione Mario Mori, Antonio Subranni, per l’ex colonnello Giuseppe De Donno. E va anche oltre, confermando l’assoluzione pure per l’ex senatore Marcello Dell’Utri. Cala così il sipario sul processo sulla presunta trattativa Stato-mafia.
La Suprema Corte spazza così tutte le ombre che erano rimaste sugli ufficiali dei carabinieri finiti sotto inchiesta. In appello, i giudici di Palermo li avevano assolti, ribaltando le condanne emesse in primo grado, ma avevano comunque scritto che Mori, Subranni e De Donno avrebbero in atto «un’improvvida iniziativa» a metà fra una «trattativa politica e una mera trattativa di polizia». Ora, la Cassazione dice che i carabinieri imputati «non hanno commesso il fatto». La Corte spiega che è stata «esclusa ogni responsabilità degli ufficiali del Ros ed è stata negata ogni ipotesi di concorso nel reato tentato di minaccia a corpo politico». È stata accolta in piena la tesi della difesa: «Il dialogo con Ciancimino fu esclusivamente un’operazione di polizia».
Non resta nulla delle condanne di primo grado, quindi. E cadono pure quelle per i boss Leoluca Bagarella e Antonino Cinà. Per la Cassazione la minaccia a un corpo politico dello Stato fu solo tentata da Cosa nostra, ed è scattata la prescrizione, «essendo decorsi oltre 22 anni». Per i giudici, i carabinieri non veicolarono in direzione del governo alcun “papello” con le richieste del boss Totò Riina. E nel 1994, neanche Marcello Dell’Utri si fece portavoce delle istanze di Cosa nostra, che insisteva per un alleggerimento del carcere duro mentre Silvio Berlusconi saliva a Palazzo Chigi.
Una storia complessa, con tante ombre ancora, ecco perché la procura generale della Cassazione aveva chiesto un nuovo processo per gli ex ufficiali. Ma il caso è chiuso definitivamente. Esulta Mario Mori, che al Foglio dice: «È una grabde soddisfazione, anche se per vent’anni sono stato sotto processo. Spero che con questa sentenza finiscano anche le “trombonate” di una certa stampa e di certi ambienti che hanno lucrato su questa vicenda». Per il generale, è stato restituito finalmente onore al Ros, il reparto operativo speciale dei carabinieri: «È una struttura brillantissima, il miglior reparto dell’Arma e dello Stato italiano, però questo esito conferma, se mai ce ne fosse bisogno, che il Ros ha sempre lavorato bene. E per me che l’ho fondato questa è una grandissima soddisfazione».
L’ex pubblico ministero Antonio Ingroia, che avviò l’inchiesta di Palermo, non è d’accordo: «Era annunciato che lo Stato italiano intendesse auto assolversi, questa è una sentenza contraddittoria, perché ha acclarato che si tentò di sottoporre sotto minaccia lo Stato, che ci fu una trattativa, ma nessuno ne risponde. Né gli uomini dello Stato, né i mafiosi. Non è un bel segnale che lo Stato lancia ai cittadini». La difesa degli ufficiali replica: «Quella della Cassazione è una pronuncia definitiva, che spazza via congetture e illazioni». Punto.