Grande muraglia digitaleLa Cina plasma l’intelligenza artificiale a sua immagine e somiglianza (e sono guai)

Per non perdere il controllo sull’informazione e sui contenuti, il Partito comunista sta modellando le piattaforme di ultima generazione in modo da riflettere i «valori fondamentali del socialismo»

AP/Lapresse

Come facciamo a non perdere il controllo sull’informazione e sui contenuti che circolano su internet? La Cina se lo è chiesto, ormai un paio di decenni fa o anche oltre. Il mondo credeva che l’impresa fosse impossibile e che la rete sarebbe stata un dedalo di connessioni e comunicazioni incontrollabili. Così non è stato: il Partito comunista ha modellato a sua immagine e somiglianza l’ecosistema digitale della Repubblica Popolare con una continua rinegoziazione di spazi e contenuti tra il nucleo (l’autorità centrale) e le immense periferie (i netizens). Con il nucleo che amplia o riduce a intermittenza l’orbita gravitazionale di tutto ciò che gli gira intorno e rientra sotto la sua attenta giurisdizione.

Oggi la Cina si chiede come fare a non perdere il controllo sull’informazione e sui contenuti che circolano sulle piattaforme di intelligenza artificiale generativa. Mentre l’Occidente si interroga su come sviluppare applicazioni etiche o responsabili, e l’Italia blocca ChatGpt, la Cina è al lavoro per provare a completare la nuova opera di rimodellamento.

In Europa ci si muove per adesso ancora in modo discontinuo, mentre la Cina sta chiedendo alle aziende di registrare i prodotti di intelligenza artificiale e di sottoporli a un controllo di sicurezza prima del rilascio. Ovviamente, oltre la sicurezza può subentrare anche una componente politica o ideologica, visto che uno dei requisiti richiesti alle nuove applicazioni è quello di riflettere i «valori fondamentali del socialismo». Potenzialmente, infatti, il Partito vede le nuove applicazioni come ipotetiche vie di fuga di informazioni o di opinioni in grado di sfuggire alle maglie della rete con caratteristiche cinesi cucite con fatica e solerzia.

A dover rispettare le indicazioni del nucleo sono d’altronde satelliti, per quanto immensi, che sono stati “rettificati” nel corso degli ultimi anni. Baidu, SenseTime e Alibaba hanno già presentato le loro versioni di intelligenza artificiale generativa. Le nuove offerte vanno da Ernie Bot (Baidu), SenseChat (SenseTime) e Tongyi Qianwen (Alibaba), che più o meno significa «verità da mille domande».

In particolare, la creatura di Jack Ma è stata in qualche modo addomesticata negli ultimi anni, allo scopo di riorientare la sua attività in settori ritenuti maggiormente strategici. E allo stesso tempo di spacchettarla, come dimostra la recente suddivisione dell’impero in sei unità autonome, intervenendo sulle posizioni dominanti o persino di semi-monopolio sul mercato digitale.

Proprio contestualmente al lancio di Tongyi Qianwen da parte di Alibaba, l’amministrazione cinese per il cyberspazio – l’ente addetto alla sorveglianza della rete – ha pubblicato la bozza di un disegno di legge che prevede maggiori controlli proprio nel settore dell’intelligenza artificiale: i fornitori di servizi saranno chiamati a garantire che i contenuti siano accurati, rispettino la proprietà intellettuale, non siano discriminatori e non mettano a repentaglio la sicurezza. Gli operatori dovranno anche etichettare chiaramente i contenuti generati dall’intelligenza artificiale. L’autorità di regolamentazione ha inoltre dichiarato che i fornitori di servizi devono richiedere agli utenti di fornire la propria identità reale e le relative informazioni generali.

In caso di mancata osservanza delle regole i fornitori saranno multati e i loro servizi sospesi o sottoposti a indagini penali. Se le loro piattaforme generano contenuti inappropriati, le aziende devono aggiornare la tecnologia entro tre mesi per evitare che contenuti simili vengano generati di nuovo. Regole teoricamente non così diverse da quelle che sta provando a stabilire l’Occidente, sulle quali si innesta però un’interpretazione più stringente di «oggettività» e «accuratezza», che in Cina significano non proporre visioni in contrasto con governo, partito e leader.

Come già succede per l’ecosistema digitale più ampio, le applicazioni saranno infatti anche chiamate a «riflettere i valori fondamentali del socialismo e non devono contenere elementi di sovversione del potere statale, rovesciamento del sistema socialista, incitamento alla divisione del Paese». E ancora: non dovranno «danneggiare l’unità nazionale, promuovere il terrorismo, l’estremismo, l’odio etnico e la discriminazione etnica, la violenza, le informazioni oscene o pornografiche, le informazioni false e i contenuti che possono turbare l’ordine economico e sociale».

Come prevedibile, i servizi di intelligenza artificiale generativa internazionali come ChatGpt non vengano resi accessibili sul territorio della Repubblica Popolare, a meno di aggirare la «grande muraglia digitale» attraverso l’utilizzo di una rete Vpn. Certo, va capito quanto le misure su carta verranno applicate nella realtà.

La controindicazione della messa in sicurezza delle applicazioni di ultima generazione da parte del Partito potrebbe essere quella di bloccare l’innovazione nel settore. La stessa obiezione che si è spesso sentita sul fronte di internet: il controllo della Cina sulla rete non ha soffocato lo sviluppo del settore o il lancio di applicazioni nuove e in grado persino di conquistare la scena globale. Un esempio su tutti è ovviamente quello di ByteDance, che dopo aver lanciato Douyin sul fronte interno è arrivata dappertutto con TikTok. Tuttavia, non è semplice immaginare come questo modello possa essere replicato in applicazioni così diverse e peculiari – come quelle sull’intelligenza artificiale generativa – senza uscire dal perimetro di sicurezza individuato dalle autorità.

D’altronde, la tendenza generale è molto chiaramente rivolta verso una centralizzazione del processo decisionale in materia di tecnologia e politiche digitali. Così come di gestione dei dati.

Nelle recenti “due sessioni” è stata annunciata l’istituzione di una nuova Commissione per la scienza e la tecnologia allo scopo di «rafforzare la leadership centralizzata e unificata del Comitato Centrale del Partito». Il nuovo organo sarà responsabile del coordinamento delle politiche atte a perseguire l’autosufficienza tecnologica. Contestualmente, predisposta anche una nuova agenzia governativa per la gestione dei dati: una novità destinata ad avere un impatto anche sulle nuove applicazioni di intelligenza artificiale generativa.

Intanto, la China Mobile Communications Association e altre entità industriali di cui lo Stato detiene quote aziendali (come China Mobile e China Unicom) hanno formato una “Alleanza industriale Gpt”, che nelle intenzioni di Pechino costruirà «un solido ponte tra il governo, il mondo accademico e l’industria, dando vita all’intelligenza artificiale universale indipendente della Cina».

Alla fine, però, a essere universali potrebbero essere alcuni metodi di approccio alla questione. Non il risultato finale. Come accaduto per internet, l’ecosistema dell’intelligenza artificiale generativa cinese potrebbe avere caratteristiche piuttosto diverse da quello che potrebbe svilupparsi in Occidente. Come ha sottolineato l’esperto di mondo digitale cinese Rogier Creemers (Università di Leida): «I servizi occidentali, come ChatGpt, si sono concentrati sulla capacità di scrivere saggi e poesie, raccontare barzellette o rispondere a domande di carattere politico, in altre parole su argomenti importanti per la classe dei chiacchieroni», ha scritto sui DigiChina. «I servizi cinesi saranno ovviamente soggetti a censura politica. Tuttavia, questi emergono anche all’interno di un diverso panorama di politica industriale, che vede il futuro di queste tecnologie strettamente intrecciato con i prodotti e i servizi esistenti».

Qualche esempio? Baidu ha annunciato partnership per il suo Ernie con produttori di elettrodomestici e automobili. Altri colossi potrebbero fare lo stesso in alcune delle aree considerate prioritarie e strategiche dal quattordicesimo piano quinquennale del Partito. Piuttosto che oracoli o assistenti di ricerca, le nuove applicazioni potrebbero dunque diventare strumenti più specifici e utili a scopi su misura. Senza uscire dall’orbita gravitazionale che gli verrà assegnata volta per volta dal nucleo centrale.

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