La data di scadenza. È questa la caratteristica principale dei contratti a tempo determinato, ovvero quei contratti subordinati che – al contrario dei contratti a tempo indeterminato – prevedono una durata prefissata. Con un termine preciso scritto nero su bianco. I requisiti per stipulare questo tipo di contratti sono stati resi più rigidi dal 2018 in poi, con il cosiddetto “decreto dignità” approvato dal governo Conte Uno, poi modificato fino alla fine di settembre 2022 per far fronte all’emergenza epidemiologica e permettere alle aziende di rinnovare i contratti più facilmente anche in assenza di causali specifiche. Ora il governo guidato dalla premier Giorgia Meloni intenderebbe introdurre nuove modifiche strutturali, cancellando l’obbligatorietà delle causali dopo i 12 mesi, con l’obiettivo di rendere più semplice le assunzioni a termine da parte delle aziende.
Dal Jobs Act al decreto dignità
La normativa sul contratto a termine è cambiata più volte negli ultimi anni. Prima con il Jobs act (decreto legislativo 81 del 2015) che, togliendo l’obbligo di causale, intendeva favorire l’occupazione negli anni di crisi. Successivamente, il “decreto dignità” del governo Conte Uno nel 2018 ha ristretto nuovamente l’utilizzo.
Secondo questa norma, la forma ordinaria del rapporto di lavoro subordinato resta il contratto a tempo indeterminato, per cui l’apposizione di un termine può avvenire solo a determinate condizioni. In primis, il termine deve essere scritto, tranne nei casi di rapporti di lavoro di durata non superiore a 12 giorni.
Il decreto dignità ha poi ridotto la durata massima da 36 a 24 mesi. Ma solo i primi 12 mesi possono essere sottoscritti liberamente. Il contratto può essere esteso fino a 24 mesi solo in presenza di almeno una delle seguenti “causali”: esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività; esigenze di sostituzione di altri lavoratori; esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria. In più, il contributo aggiuntivo dovuto dai datori di lavoro viene innalzato di uno 0,50% a ogni rinnovo.
Qualora sia superato il limite di durata dei 12 mesi, in assenza delle “causali” che legittimano l’estensione a 24 mesi, oppure sia superato il limite dei 24 mesi, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di superamento del termine.
Proroga e rinnovo
Il termine del contratto a tempo determinato può essere prorogato, con il consenso del lavoratore, solo quando la durata iniziale del contratto è inferiore a 24 mesi e, comunque, per un massimo di quattro volte nell’arco di 24 mesi. Qualora il numero delle proroghe sia superiore, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato.
La proroga può avvenire però liberamente solo nei primi 12 mesi. Successivamente, può avvenire solo in presenza delle causali.
Il contratto a tempo determinato può essere rinnovato esclusivamente a fronte dell’esistenza delle circostanze previste dalle causali. Ma è necessario rispettare un intervallo temporale tra la sottoscrizione dei due contratti a termine: dieci giorni per i contratti fino a sei mesi; 20 giorni per i contratti di durata superiore a sei mesi. Se vengono violate queste disposizioni, il secondo contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato.
Non bisogna dimenticare però che i limiti previsti su proroghe e rinnovi dei contratti a termine non si applicano alle startup innovative per quattro anni dalla costituzione della società.
Anche i contratti per attività stagionali possono essere rinnovati o prorogati in assenza delle causali necessarie.
Quanti dipendenti a tempo determinato?
I datori di lavoro possono assumere lavoratori a tempo determinato in misura non superiore al 20% rispetto al numero dei lavoratori a tempo indeterminato, salvo diversa disposizione dei contratti collettivi. Per i datori di lavoro che occupano fino a cinque dipendenti, invece, è sempre possibile stipulare un contratto di lavoro a tempo determinato.
In caso di violazione del limite percentuale, è prevista una sanzione amministrativa. Ci sono però alcune eccezioni per le startup innovative, per sostituire personale assente, per attività stagionali, spettacoli, programmi radiofonici o televisivi.
Negli uffici pubblici
La pubblica amministrazione, di regola, assume esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Tuttavia, anche gli uffici pubblici possono stipulare contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, ma soltanto per comprovate esigenze di carattere esclusivamente temporaneo o eccezionale.
La deroga durante la pandemia
Per far fronte all’emergenza epidemiologica da Covid-19, i decreti “sostegni” e “sostegni bis” del 2021 hanno prorogato le norme introdotte dai decreti legge emergenziali in materia di contratti a termine con la disapplicazione dell’obbligo delle causali e dell’intervallo tra contratti. Il “sostegni bis” ha previsto la possibilità di prolungare il contratto oltre i 12 mesi non solo in presenza delle causali, ma per specifiche esigenze previste dai contratti collettivi, e comunque non oltre i 24 mesi. Si è restituito quindi alla contrattazione collettiva (anche aziendale) la regolazione dei rinnovi e delle proroghe dei contratti a termine. La deroga è durata fino al 30 settembre 2022.
Le possibili modifiche del governo Meloni
Il governo starebbe valutando di rivedere le norme del decreto dignità, cancellando le causali previste per le assunzioni con contratto a tempo determinato fino a 24 mesi. L’ipotesi è che sarà possibile una ulteriore eventuale estensione di 12 mesi in base ad accordi sindacali a livello territoriale, aziendale, o da inserire nei contratti collettivi. In questo modo, dovrebbe essere quindi più facile per le aziende assumere lavoratori a tempo determinato con contratti fino a due anni.
E il lavoro somministrato dalle agenzie?
La legge di conversione del decreto Milleproroghe ha prorogato dal 30 giugno 2024 al 30 giugno 2025 la possibilità di non calcolare la durata delle missioni a termine effettuata dai lavoratori somministrati assunti a tempo indeterminato dalle Agenzie per il lavoro entro i limiti stabiliti per i contratti a tempo determinato, quindi entro i 24 mesi. La disposizione che prevede il limite massimo di impiego è stata oggetto di diverse deroghe introdotte dal 2020 per via dell’emergenza sanitaria dovuta al Covid. Sarà possibile quindi avvalersi dei lavoratori somministrati a termine anche oltre i 24 mesi solo fino alla fine di giugno 2025.