Emergenze à la carteNon sapendo come affrontare problemi scomodi, Meloni si costruisce un nemico di comodo

In panne sul Pnrr e nel panico sugli sbarchi, il governo sforna provvedimenti figli di una precisa profilazione politico-antropologica dei suoi avversari: una sinistra dedita solo ai rave e a imbrattare i monumenti (nella speranza, purtroppo non infondata, che Schlein ci caschi)

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È il trucco più vecchio della politica mondiale. Non sapendo come affrontare problemi scomodi, a cominciare dai ritardi del Pnrr, il governo preferisce costruirsi un nemico di comodo, contro il quale assumere la facile posa del difensore dell’ordine, dei valori e del mondo di una volta (quello in cui non circolavano tante parole inglesi e ancor meno coppie omosessuali).

Il nemico di comodo è una caricatura dell’opposizione di sinistra, o meglio, è la sinistra come la vede, da sempre, la propaganda di destra: un gruppo di vandali, sbandati e mal vestiti, dediti solo ai rave, a imbrattare i monumenti e a far casino.

Se infatti l’obiettivo del governo fosse semplicemente garantire il rispetto della legge e dell’ordine, se la prenderebbe anche, che so, con evasori fiscali e no vax; ma per questo genere di trasgressioni, al contrario, l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni ha promosso solo condoni, concordati amichevoli e indulgenze plenarie di ogni tipo.

La scelta dei nemici da additare come causa di tutti i mali segue una ben precisa profilazione politico-antropologica, e quel che è peggio, a onta del presunto garantista inutilmente insediato al ministero della Giustizia, genera una lunga serie di nuove emergenze, nuovi decreti e nuovi reati: dall’emergenza rave (oggetto di apposito decreto sfornato nel primo Consiglio dei ministri) all’emergenza imbrattatori (oggetto dell’ultimo, due giorni fa).

Non è facile dire come Meloni e i suoi alleati se la caveranno nella complicata partita del Piano nazionale di ripresa e resilienza, e tantomeno sulla questione degli sbarchi, a suo tempo da loro stessi ingigantita e ora trasformata nell’ennesima emergenza che non sanno come gestire (avendo passato gli anni precedenti a boicottare qualunque serio tentativo di gestirla, in Italia e in Europa, assieme ai loro alleati sovranisti ungheresi); in compenso, di qui alle elezioni europee del 2024, sono facilmente prevedibili interventi legislativi costanti e puntuali contro l’emergenza musica a tutto volume nelle ore serali (decreto «Qui c’è gente che lavora»), per il divieto di pomiciata sui mezzi pubblici (emergenza buon costume), contro l’epidemia di piercing, minigonne e jeans strappati nelle scuole (decreto «Robertino», per imporre il grembiule col fiocco fino alla maturità), né mi sentirei di escludere, seguendo l’esempio dei conservatori americani tanto ammirati dalla destra italiana, l’emergenza cessi, con pene fino a diciotto anni di reclusione per l’esercente che si azzardi a mettere nel suo locale un bagno non chiaramente distinto per sesso biologico dell’utente.

Il gioco è fin troppo scoperto. C’è dunque da augurarsi che l’opposizione non ci caschi, e non si lasci cucire addosso il vestito che la destra le ha così accuratamente preparato. Il calcolo di Meloni è però meno facilone di quanto sembri: nel Partito democratico di Elly Schlein potrebbe prevalere comunque la tentazione di accettare proprio questo terreno, rispondendo a ogni provocazione con una pioggia di schwa, apologie degli eco-imbrattatatori e magari pure della maternità surrogata, tema su cui peraltro la segretaria, favorevole ai tempi delle primarie, sembra aver scelto per ora un imbarazzato silenzio. Ma può anche darsi che il suo silenzio, almeno negli ultimi giorni, si debba alle meritate ferie che si è concessa subito dopo avere annunciato la nuova segreteria. «Non mi sono fermata dal 26 febbraio, comincio a risentirne, prendo una pausa per staccare», ha dichiarato infatti il 7 aprile, dopo un mese e dieci giorni di lavoro filati (e meno male che doveva guidare la svolta laburista).

Del resto, anche da una posizione minoritaria e perdente come quella su cui la destra vorrebbe spingerlo, il Partito democratico potrebbe godere pur sempre, almeno nell’immediato, i frutti di una simile polarizzazione dell’elettorato. Un effetto che tutto considerato, in una competizione proporzionale come quella delle prossime europee, potrebbe valere parecchio.

Intendiamoci, se per questa strada passasse anche il definitivo ridimensionamento del Movimento 5 stelle, come è più che probabile, sarebbe comunque un grande passo avanti per la sinistra e per l’Italia, di cui ogni sincero riformista dovrebbe rallegrarsi. Purché sia chiaro che si tratterebbe comunque di un gioco a somma zero, tutto interno al recinto di un’opposizione destinata a restare tale ancora per molto tempo.