Rifiuti elettroniciIl mercato degli smartphone ricondizionati si scontra con il consumismo compulsivo

In Italia si cambia cellulare ogni diciassette mesi e c’è una imbarazzante tendenza all’accumulo. In più, solo l’un per cento dei telefoni in circolazione viene riciclato correttamente

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Ricondizionare, o rigenerare, sono parole chiave per un uso ecosostenibile dello smartphone, un oggetto molto difficile da rendere ecologico perché la sua carbon footprint è di un certo impatto. A partire dagli ottantadue chilogrammi di CO2 che comporta il suo ciclo produttivo, proseguendo con le tragedie che in Africa segnano l’estrazione del coltan, indispensabile per ottimizzare il consumo di energia nei chip, fino alle complesse procedure di smaltimento delle batterie al litio. Per arrivare al riciclo, che interessa nemmeno l’un per cento dei telefoni in circolazione. Per lo più, infatti, finiscono semplicemente nella spazzatura o dimenticati in un cassetto. 

Ci vorrebbero, secondo una ricerca della McMaster University, dieci anni di utilizzo del dispositivo per pareggiare il consumo di energia impiegato per estrarre i materiali che lo compongono. Invece, la vita media di un telefono al meglio della sua resa dura tre-quattro anni e dopo cinque, in genere, il sistema operativo non è più supportato. Questo in via teorica, almeno, dato che in Italia si cambia il cellulare ogni diciassette mesi, contro la media europea di venti, i diciannove della Cina e i ventuno degli Stati Uniti. 

Se si moltiplica il tutto per i 4,5 miliardi di unità in uso nel mondo nel 2022, si raggiungono centoquarantasei milioni di tonnellate di CO2, con una progressione veloce e inquietante: nel 2007 il settore Ict era responsabile dell’un per cento delle emissioni di gas serra globali, mentre oggi questa percentuale si è triplicata e si stima che nel 2040 raggiungerà il quattordici per cento. Là dove l’ottantatré per cento delle emissioni deriva dalla sola fase di costruzione, l’aspetto che incide in maniera preponderante sull’impatto e su cui occorre concentrarsi.

E mentre i grandi produttori come Apple, Samsung e Google iniziano, o forse tornano, a vendere ricambi, il mercato degli smartphone ricondizionati si afferma grazie ai vantaggi che offre sia per l’ambiente, sia per gli acquirenti in termini di costi, che vanno dal quindici al settanta per cento in meno rispetto al prodotto nuovo. 

È ancora un segmento di nicchia, rispetto al grande giro dei telefoni di nuova generazione, ma un segmento in netta espansione, che segue – per quanto riguarda brand e modelli – il mercato primario. Da qualche anno, infatti, gli e-commerce che vendono smartphone, tablet e computer ricondizionati registrano utili sempre maggiori. Secondo le stime di uno di questi siti specializzati, Certi-Deal, il mercato dell’usato sicuro tecnologico arriverà a valere circa sessantacinque miliardi entro il 2024 ed entro il 2027 crescerà nell’ordine del 10,23 per cento. Le stime di Persistence Market Research ipotizzano un valore globale di 143,8 miliardi di dollari entro il 2031.

Secondo i dati 2021 di Counterpoint, complice anche la carenza globale di chip di quell’anno, è l’America Latina l’area del mondo dove i prodotti ricondizionati sono maggiormente richiesti, con un aumento del ventinove per cento. Il secondo mercato più grande è quello dell’India, con una crescita del venticinque per cento. In questo caso la Cina, con il dieci per cento, fa peggio degli Stati Uniti che registrano un aumento del quindici per cento. 

In Italia, secondo uno studio di mercato, le Regioni che presentano il maggior numero di utenti (tra i 20 e i 69 anni) per ordini di cellulari ricondizionati sono Lombardia, Liguria e Lazio, che hanno raddoppiato la spesa nel settore rispetto al 2020. In Lombardia il 9,7 per cento della popolazione ormai privilegia questo tipo di acquisto. In fondo alla classifica ci sono, in ordine percentuale, la Basilicata (1,11 per cento), la Calabria (1,32 per cento) e la Campania (2,85 per cento). Con l’eccezione della Valle d’Aosta, altra Regione che registra ordini molto bassi, questi dati evidenziano una spaccatura tra il Nord e il Sud Italia, ma, secondo le previsioni, è un divario destinato a colmarsi.

Altri dati riguardano le differenze regionali negli acquisti divise per sesso. A credere di più negli smartphone sono le donne della Campania, il cinquantasette per cento di click è loro, seguite dalle piemontesi (cinquantasei per cento) e dalle toscane (quarantasei per cento). La Sicilia, invece, con il settantotto per cento delle ricerche on line, è feudo maschile, seguita da Emilia-Romagna (sessantatré per cento) e Lombardia (sessantuno per cento).

Il mercato nazionale del telefono di seconda mano, tuttavia, deve lottare, oltre che con la visione ancora diffusa dello smartphone-status symbol, con alcune abitudini evidenziate dai risultati di un’indagine sulle abitudini dei consumatori. In primo luogo, l’acquisto compulsivo di nuovi modelli: il 50,8 per cento degli intervistati ha dichiarato di aver cambiato dai cinque ai dieci telefoni nell’arco della propria vita e il 28,7 per cento del campione dispone anche di un secondo dispositivo. 

Poi c’è l’imbarazzante tendenza all’accumulo: solo il quindici per cento ha regalato il vecchio telefono ad amici o parenti e appena il nove per cento lo ha venduto, vuoi ad aziende, vuoi a privati, mentre il cinquantotto per cento conserva gli ex telefoni in casa, “per ricordo” o “di scorta”. Questo fa sì che nel solo 2022 sia stato stimato un accumulo di cellulari in disuso nell’ordine di più di cinque miliardi sui sedici miliardi totali: cinquantamila chilometri di telefoni “morti”, se messi uno di fianco all’altro. 

Ma anche chi tra coraggiosamente ha scelto di disfarsene solo l’un per cento ha smaltito l’apparecchio in forma corretta, cioè portandolo in un centro di raccolta RAEE, o in un’isola ecologica comunale attrezzata per lo smaltimento, o consegnandolo a un negozio di elettronica. Alimentando così una statistica inquietante. Da qui al 2030 i rifiuti elettronici aumenteranno del quaranta per cento e il tasso di riciclo non supererà il venti per cento: gli smartphone pesano sul computo totale per il dodici per cento. 

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