Alambicchi, ampolle, contagocce e diffusori spray
L’uso delle spezie in cucina (tanto orientale quanto occidentale) è una tradizione consolidata da secoli, ma ormai anche il mondo del beverage ha iniziato a riscoprire e valorizzare le potenzialità degli aromi, creando qualcosa di nuovo a partire dall’antica arte dei monaci medievali di utilizzare le erbe per distillare i cosiddetti spirits, ovvero alcolici speziati come rosoli, macerati, amari e liquori: dal famigerato assenzio (o Fata Verde, a base di coriandolo, camomilla, radice di angelica, menta, anice verde, artemisia, finocchio), alle grappe, dal centerbe (a base di erbe aromatiche e officinali, salvia, rosmarino, chiodi di garofano, bacche di ginepro e altre ancora) fino al gin (che nella ricetta originaria prevede come principali botanicals ginepro e cardamomo) alla vodka (variamente aromatizzata, persino con l’aggiunta di peperoncino) e al kombucha (kombucha tea o tè fermentato), senza dimenticare vin brulé (bevanda calda a base di vino rosso aromatizzata con i chiodi di garofano), sangria (preparata con vino rosso, frutta in infusione e cannella), sambuca, pastis, ouzo e così via.
Per questo oggi sono sempre di più gli smaliziati mixologist e i ricercatori di pairing innovativi che fanno proprio l’eredità alchemica dei chiostri, non solo recuperando nella miscelazione dei loro cocktail i distillati più tradizionali a base di spezie, valorizzandoli attraverso una ricerca di equilibri sempre nuovi tra profumi e aromi nel bicchiere, ma anche cercando di utilizzare le materie prime in modo innovativi. Attraverso l’uso di mortai, macinini, cannelli e bruciatori fumanti, la preparazione del cocktail si trasforma in uno spettacolo di gesti magici e seducenti, che rendono il momento del drink un’esperienza dal fascino unico.
Una maga moderna che crea pozioni senza tempo
Esperta di scienze erboristiche, barlady, artista del gusto, alchimista, aromatière, sorcière e taste hunter, ma anche imprenditrice, consulente e formatrice: Terry Monroe (alle anagrafe Maria Teresa, per molti Mia Terri, per altri Terilyn) è tante cose, ma nessuna delle etichette che le si possono attribuire riesce a riassumere la sua attività e l’essenza di ciò che ha fatto negli ultimi venticinque anni: trasformare il panorama della miscelazione italiana, arricchendola con un approccio innovativo, unico, coraggioso e internazionale. Capace di esprimere una concezione di mixology intesa non solo come “logica di miscelazione” ma anche come “mixability” basata sulla conoscenza e “mixart” fondata sull’estro, è stata la prima a portare a Milano l’idea che ogni drink non sia solo qualcosa che si realizza nel “qui e ora” per accontentare il cliente, bensì il pretesto per scoprire l’universo di ciò che la natura ci offre e vivere una stimolazione percettiva a tutto tondo, coinvolgendo vista, olfatto, udito, tatto e, ovviamente, gusto.
Alle origini di un mito (e di un viaggio)
Tutto inizia nel 1997, quando (a soli ventidue anni) Terry decide che biologia e farmacia non sono la strada giusta per esprimere al meglio la sua passione per erbe, spezie, cortecce, tè. Per questo sceglie di declinare le conoscenze acquisite sui libri e, soprattutto quelle derivanti dalle sue incessanti ricerche, dai suoi viaggi e dalle sue sperimentazioni, in chiave nuova, più libera, accattivante e giocosa. Nasce così il suo primo locale Opera Café, in via Farini, in uno spazio che ospitava in origine una drogheria che vendeva spezie e conserva ancora i segni strutturali di questa sua destinazione, fra travi e i mattoni originali del 1901 e un pianoforte del 1950 (settimo esemplare di Yamaha nel mondo). In seguito ribattezzato Opera 33, il cocktail bar continua a mantenere la vocazione teatrale annunciata dall’insegna: con 700 etichette in lista e 1200 ricette di cocktail, questo tempio della miscelazione milanese è un inno all’arte di saper fare, alla volontà di sperimentare e di avventurarsi alla scoperta di nuove esperienze multisensoriali, partendo da un’ambientazione suggestiva con luci soffuse, musica d’atmosfera, alambicchi e un affollarsi di oggetti carichi di significato.
Dal bancone… alla cattedra
Da più di dieci anni Terry mette la sua esperienza in fatto di aromi e colori al servizio delle aziende, offrendo consulenza a produttori di distillati e liquori, a cocktail bar, ristoranti con bottigliera e hotel con bar che intendono offrire ai loro clienti un’esperienza esclusiva. In più collabora come docente di mixology con le migliori scuole per bartender e istituti alberghieri in Italia e all’estero.
Nel 2013, ha ideato Speziology, un “laboratorio delle spezie” che rappresenta l’elevazione “al quadrato” della sua attività: un progetto grazie al quale, oltre a creare drink list d’effetto su misura per il cliente, questa maga della miscelazione moderna può tramandare un’idea di mixology ricercata, che nasce dallo studio ed è capace di distinguersi nel mare magnum del “fare cocktail in modo scenografico”.
Come spiega la sua ideatrice, «il laboratorio nasce con l’obiettivo di insegnare che la progettazione di un drink è un’arte di precisione, un esperimento e un’occasione per usare con delicatezza gli aromi, sovrapporre colori e trovare accordi tra profumi e gusti, allo scopo di portare nel bicchiere un’essenza (intesa come “e-senza” ovvero “spirito che trascende la materia”) e trasformare la degustazione un’esperienza multisensoriale, emotiva e mentale capace di trasportare in mondi lontani».
Bere…tra sacro e profano
Coerentemente con l’idea di un bere “controcorrente”, nel 2021 Terry ha fondato OrO Scrt Room: più che un semplice bar, un’esclusiva “cocktail society” che sorge all’interno di Sacrestia Farmacia Alcolica, uno dei luoghi più suggestivi di Milano. Casa chiusa fino agli anni Cinquanta e poi farmacia della Curia di Milano, tra abat-jour, sipari in velluto, chaise longue, specchi, statue e altri elementi d’arredo sfarzosi e retrò, nonché alambicchi, ampolle, vasi e barattoli di vetro, erbari e ricettari, questo locale (situato sulle sponde del Naviglio Pavese) conserva intatte le tracce delle sue contrastanti destinazioni d’uso e offre agli avventori la possibilità di muoversi tra due universi paralleli, nel limbo in cui trasgressione e rigore si incontrano.
Il format di OrO scrt room contribuisce ad accrescere l’aura di intrigo: un salotto segreto (a metà strada tra un boudoir della Versailles barocca, della Pigalle parigina o della Vecchia Milano e uno dei locali tipici della Londra dei Gin, della New Orleans coloniale o della New York del proibizionismo) a cui si accede solo grazie al passaparola (sui social), alla prenotazione (sul sito) e a una telefonata misteriosa (all’ingresso). Proprio come un club segreto, all’arrivo si riceve la prima moneta in rame, che viene sostituita da altre più preziose nel corso delle esperienze successive, fino a giungere (al decimo incontro) a quella d’oro, passepartout per le experience più esclusive. Al centro della scena ci sono il bancone (tipico da drogheria) e una bottigliera formata da 79 pezzi (gin, whisky, tequila, rum e vodka aromatizzati), tanti quanti sono gli elementi della tavola periodica che termina appunto con l’oro. Elemento imprescindibile: una tenda di velluto, che come una sorta si “sipario” riesca a trasformare il bar in un teatro, inteso da Terry come «Celebrazione dell’arte di dare anima a qualcosa che non ha alcuna consistenza se non quella che l’artista è in grado di dargli, ma al tempo stesso consente di non rendere invadente la presenza del barman (o della barlady) e di rendere protagonista assoluto il cocktail»… e soprattutto il piacere nel berlo!
Dalla “liquid kitchen” ai “tè alcolici”
Anche la miscelazione, come tutti i settori, è soggetta al fascino delle mode, che riguardano tanto i gusti quanto gli ingredienti di base e le modalità di preparazione dei drink. Fin da subito Terry sceglie di distinguersi dal main stream della mixology contemporanea, dando vita a uno stile personale di “liquid kitchen”. Le drink list di Opera 33 rifuggono quindi dall’omologazione dei cocktail internazionali per proporre piuttosto delle “magical potion”, veri e propri “profumi da bere”, a base di pestati, infusioni, macerati, estratti, osmosi, affumicature, tinture di erbe, spezie e aromi. Oggi gli indiscussi protagonisti sono i tè, trasformati in alcolati attraverso un processo di eterificazione mediante l’alcool contenuto in un altro distillato (per esempio un gin o un whisky). Il risultato sono tè “alcolici” che entrano scenograficamente in sospensione nei drink, creando una suggestiva stratificazione di colori all’interno del bicchiere (floating).
Un drink per ogni stagione
Un’altra caratteristica dei drink proposti da Terry (1200 ricette all’attivo più le invenzioni estemporanee) è il rispetto della stagionalità, che segue i ritmi della natura ma anche l’alternanza dei bisogni che l’animo umano sperimenta (inconsapevolmente) nei vari periodi dell’anno. Ne è un esempio l’ultima CockTEAlist di Opera33: dodici drink che rappresentano le altrettante tappe di un viaggio attraverso luoghi, ricordi suggestioni e connessioni nuove tra i sensi e gli elementi. Oltre agli immancabile Long Island Ice Tea, con cinque estrazioni di tè diverse per i cinque distillati di riferimento (tè bianco Blanc d’Anji nella vodka, tè rosso Roiboos nel rum, tè verde Taiping nel gin, tè nero China Black nel tequila e infine Matcha nel triple-sec), ci sono il Whisky Blazer e l’Old Fashioned, a base whisky e tè nero Lapsang Souchong (rispettivamente affumicato e sottoforma di tintura), con il loro colore marrone-aranciato (lo stesso delle foglie che cadono) rappresentano l’autunno e preparano gli animi all’inverno. I colori e i profumi erbacei della primavera arrivano nel Martini Taiping Houkui, un drink dalla tinta verde giada, ispirato al classico Martini Perfect, ma con il vermouth servito a parte e il gin sostituito da tè verde Taiping Houkui. L’estate esplode color rubino nell’Hibiscus Sunrise, un long drink a base di tequila, che appartiene alla famiglia dei Paloma, ma che si distingue con un floating di tintura di karkadè al quale si unisce una soda di pompelmo e un profumo artigianale alla rosa. Per l’inverno la proposta vira su un GinTea Tonic, dove il tè viene estratto in un London Dry Gin e sul classico Matcha Grasshopper, dove il tè matcha è lavorato con latte, crema di cacao e un liquore artigianale d’orange e matcha.
Un viaggio senza fine…
Nonostante l’indiscussa consacrazione a “mostro sacro” della miscelazione contemporanea, ancora oggi Terry prosegue la sua attività di studio e ricerca di ciò che l’universo dei colori e dei profumi può offrire a chi è predisposto ad accogliere nuovi stimoli.
Non poteva essere altrimenti per colei che ha fatto del motto «Osare per credere!» il proprio mantra, e che continua incessantemente a sperimentare, per scoprire nuovi aromi e trovare nuove chiavi interpretative per esaltarli. L’obiettivo è sempre lo stesso: trasformare ogni drink in un viaggio e consentire ai clienti di vivere esperienze di miscelazione tailor-made, costruite “su misura” a partire da un desiderio inespresso, dall’indizio fugace di un mood estemporaneo, da un tacito patto di fiducia tra chi sta da una parte e dall’altra del bancone. Parola d’ordine per far funzionare l’esperimento: abbandonarsi all’istinto, rinunciare alle sovrastrutture del “bere modaiolo”, rientrare in contatto con la parte più naturale di sé e risvegliare i sensi (e i sentimenti) dimenticati. Lasciandosi guidare da chi di questa connessione multidimensionale con il cosmo ha fatto la propria ragione di vita e la propria arte.